Controlli e liti

Non esente la quota di controllo in successione in società senza impresa

L’interpretazione restrittiva della Cassazione è allineata a quella della Consulta

di Andrea Vasapolli

Con l’ordinanza 6082/2023 del 28 febbraio la Corte di cassazione ha preso posizione in merito alla spettanza dell’esenzione di cui all’articolo 3, comma 4-ter, del Dlgs 346/1990 nel caso in cui la partecipazione in una società di capitali caduta in successione, pur soddisfacendo il requisito del trasferimento del controllo, sia in una società «senza impresa».

La Corte di legittimità si è allineata all’interpretazione incidentalmente formulata dalla Corte costituzionale con la sentenza 120/2020 ed è giunta alla conclusione che la norma esentativa, che è stata emanata in accoglimento delle indicazioni della Commissione Ue (raccomandazione 94/1069/CE del 1994 e comunicazione 98/C 93/02 del 1998) volte a favorire la continuità delle imprese nel passaggio generazionale, «nonostante l’improprietà lessicale» deve essere interpretata nel senso che, ai fini dell’esenzione da imposta nel caso di trasferimento di partecipazioni in società di capitali, sono necessari, oltre all’acquisizione del controllo e alla detenzione almeno quinquennale, anche l’ulteriore requisito dell’«esercizio dell’impresa» da parte della società la cui partecipazione è oggetto di trasferimento. In tal senso si era già espressa l’agenzia delle Entrate con la risposta a interpello 552/2021.

Questa interpretazione, restrittiva ma attesa, pone l’esigenza di risolvere molti dubbi interpretativi. Ad esempio, che cosa debba intendersi per effettivo esercizio di una attività d’impresa, essendo chiaro che non è risolutivo il disposto di cui agli articoli 6, comma 2, e 81 del Tuir, i quali qualificano come reddito d’impresa il reddito complessivo di qualunque società che sia di persone commerciale o costituita nella forma di società di capitali.

Stante le finalità delle indicazioni della Commissione Ue, considerate ispiratrici della norma, si ritiene che l’effettivo svolgimento di una attività d’impresa debba essere considerato coincidente con l’esercizio di un’azienda, per cui ci si deve rifare alla definizione di azienda desumibile dalle molteplici (e spesso non univoche) interpretazioni giurisprudenziali in materia.

Con riferimento alle società pure holding ci si deve chiedere se tale attività integri o meno l’esercizio di una azienda, in particolare nel caso in cui non vi sia attività di direzione e coordinamento, e in caso di risposta negativa si deve valutare il rispetto delle condizioni esentative con un approccio “look through”, come anche indicato nella risposta a interpello 552/2021.

Nel caso di holding mista immobiliare ci si deve porre un problema di prevalenza dell’attività esercitata, così come nel caso di holding società di persone che partecipa una società di capitali ci si deve interrogare se deve o meno trovare applicazione il presupposto del “controllo”, non richiesto per le partecipazioni in società di persone ma che potrebbe diventare rilevante se verrà considerato in ogni caso necessario un approccio look through.

Sono in ogni caso escluse dal beneficio esentativo le partecipazioni in “società cassaforte”, quali le immobiliari pure o quelle destinate alla mera gestione finanziaria. Perdono inoltre molto interesse, nell’ambito della pianificazione successoria, le società semplici.

L’ordinanza in commento merita menzione anche perché chiarisce che il concetto di «controllo» di cui all’articolo 3, comma 4-ter, del Testo unico sulle successioni e donazioni è il controllo di diritto, per cui disattende l’orientamento delle Entrate che richiede anche il rispetto della “funzione” del controllo (da ultimo risposta a interpello 185/2023).

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