Imposte

Patent box e credito ricerca e sviluppo, cumulo da regolamentare

Il tema è privo di soluzioni certe e le imprese interessate devono muoversi al buio. In generale i medesimi costi possono concorrere a entrambi i benefici

di Giorgio Gavelli

Come applicare operativamente la cumulabilità tra la maggiorazione del 110% dei costi prevista dalla nuova disciplina del patent box e il credito d’imposta per le spese di ricerca e sviluppo?

A oggi, nonostante le richieste di chiarimento poste da Assonime (circolare 19/2022, paragrafo 6), il tema è privo di soluzioni certe e le imprese interessate devono muoversi, sostanzialmente, al buio.

Con l’abrogazione del comma 9 dell’articolo 6 del Dl 146/2021 (ad opera dell’articolo 1, comma 10, lettera c, della legge 234/2021) è stato eliminato il divieto di cumulo operante sui medesimi costi tra la nuova disciplina del patent box di cui al medesimo Dl 146/2021 e il credito d’imposta ricerca e sviluppo regolamentato dai commi da 198 a 206 della legge 160/2019.

In presenza dei presupposti, pertanto, i medesimi costi possono concorrere a entrambi i benefici, sempre a condizione che la fruizione congiunta dei due incentivi non ecceda l’ammontare dei costi sostenuti (fattispecie che si può verificare solo cumulando altre agevolazioni riconosciute sui medesimi costi).

Tuttavia, va ricordato che il credito d’imposta R&S – ai sensi del comma 204 dell’articolo 1 della legge 160/2019 - è cumulabile con altre agevolazioni che abbiano a oggetto i medesimi costi «a condizione che tale cumulo, tenuto conto anche della non concorrenza alla formazione del reddito e della base imponibile dell’imposta regionale sulle attività produttive di cui al periodo precedente, non porti al superamento del costo sostenuto».

L’applicazione della regola

Ma come concretamente applicare tale regola nel caso di specie? È sufficiente, infatti, verificare che la somma tra il credito d’imposta, il beneficio rappresentato dalla sua non imponibilità e la maggiorazione patent box (oltre a eventuali altre agevolazioni a valere sui medesimi costi) non superino l’ammontare degli oneri agevolabili?

Oppure la base di calcolo del credito d’imposta va in qualche modo rideterminata per tener conto della maggiorazione del 110%? Il tema è tutt’altro che banale, atteso che, ai sensi del comma 203 il credito d’imposta va assunto – alle diverse aliquote previste – «al netto delle altre sovvenzioni o dei contributi a qualunque titolo ricevuti per le stesse spese ammissibili».

Per cui, come rilevato da Assonime, occorre comprendere se, in sede di determinazione del credito R&S, occorra o meno nettizzare i relativi costi agevolati dal beneficio derivante dalla maggiorazione del 110% correlata al patent box.

La risposta negativa potrebbe basarsi sulla considerazione che per “sovvenzioni e contributi” potrebbero intendersi solo i contributi “diretti” ricevuti sui costi agevolati, e non un incentivo “indiretto” goduto sotto forma di riduzione delle imposte. Qualora, invece, così non fosse, mancherebbe comunque a tutt’oggi una metodologia per determinare correttamente il credito d’imposta, in grado di dare certezze alle imprese.

Altro punto da tenere in debita considerazione riguarda:

il credito d’imposta fruito sui costi sostenuti sino al 2019, in caso di applicazione del meccanismo premiale di recapture delle spese sostenute negli otto anni precedenti a quello di ottenimento della privativa industriale;

il credito d’imposta fruito sui costi sostenuti successivamente.

Circa il primo aspetto Assonime sottolinea il fatto che nei periodi d’imposta 2016-2019 la disciplina del credito R&S prevedeva unicamente il divieto del superamento del costo, per cui una “riliquidazione” ex post del beneficio dovrebbe essere priva di fondamento.

In merito al secondo punto sussistono maggiori dubbi, ma andrà opportunamente valorizzato il fatto che quando le imprese hanno sostenuto i costi ai fini del credito d’imposta la nuova disciplina del patent box non sussisteva, essendo stata prevista a fine 2021 e modificata con la legge di Bilancio 2022.

Insomma, i “nodi” da districare sono tanti e riguardano crediti d’imposta già in parte oggetto di compensazione.

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