Controlli e liti

Iva applicata per errore, il cessionario mantiene il diritto alla detrazione

di Maurizio Reggi

In caso di erronea applicazione dell’Iva, il cessionario o committente conserva il diritto alla detrazione dell’imposta e si applica la sola sanzione compresa fra 250 euro e 10mila euro. L’articolo 6, comma 6, del Dlgs 471/97 lo prevede dal 2018, come ricorda la Ctp di Milano 571/5/2022 (presidente Giucastro, relatore Chiametti).

Alcune prestazioni pubblicitarie rese nel 2014 a una società svizzera da fornitori nazionali erano state erroneamente assoggettate a Iva dato che la società disponeva, in Italia, di un rappresentante fiscale. Quest’ultimo aveva poi detratto l’Iva relativa e l’aveva richiesta a rimborso.

L’ufficio, con un processo verbale elevato nel 2017, ha contestato l’illegittima detrazione dell’imposta in base all’articolo 7-ter del Dpr 633/72. A seguito della contestazione, nel 2017 la società si è avvalsa del ravvedimento operoso e ha presentato una dichiarazione integrativa, indicando minore Iva detratta e ha ridotto il credito che, ancora, non era stato rimborsato.

Visto il mancato utilizzo del credito Iva, non vi era stato alcun danno per l’Erario, né erano stati impediti i controlli, per cui la società ha pagato la sanzione di 250 euro prevista, sin dal 2001, per le violazioni formali dall’articolo 6, comma 5-bis, del Dlgs 472/97. Non era stata pagata invece la sanzione del 90% per l’illegittima detrazione dell’Iva, prevista, nel testo vigente nel 2014, dall’articolo 6, comma 6, del Dlgs 471/97, da ridurre a un quinto per ravvedimento operoso ai sensi dell’articolo 13, comma 1, lettera b-quater del Dlgs 472/97.

L’Agenzia, pur a conoscenza del ravvedimento, nel 2019 ha notificato un avviso di rettifica contestando l’illegittima detrazione dell’Iva e irrogando le sanzioni in misura piena.

I giudici hanno accolto il ricorso della società per un vizio di motivazione dell’avviso di rettifica che non consentiva di comprendere le ragioni per le quali l’ufficio non avesse tenuto conto della dichiarazione integrativa presentata e non avesse ritenuto corretto il pagamento della sola sanzione per violazione formale. Secondo la sentenza, l’ufficio avrebbe dovuto dimenticarsi del Pvc e tenere conto solo della dichiarazione integrativa essendo indubitabile che, al caso di specie, trovasse applicazione la sanzione di 250 euro.

La Ctp ha anche criticato il comportamento dell’ufficio per non aver applicato il favor rei previsto dall’articolo 3, comma 3, del Dlgs 472/97.

Su questo punto, però, la pronuncia si pone in contrasto con la Cassazione la quale, con sentenza 24289/2020, confermata il 9 marzo con sentenza 7616, ha ritenuto che l’articolo 6, comma 6, trovi applicazione ai soli casi di Iva corrisposta in base a un’aliquota superiore a quella effettivamente dovuta e non anche nel caso di operazioni non imponibili.

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