Imposte

Un codice tributario vero per mettere ordine in decenni d’interventi

Dal Pnrr la spinta per mettere ordine nella normativa fiscale: per partire una legge delega e una commissione di esperti

di Maurizio Logozzo

Il dibattito intorno all’esigenza di adottare un codice tributario torna ciclicamente all’attenzione degli studiosi. Altrettanto ciclicamente, esso è seguito dall’avvio di riflessioni, più o meno approfondite, sull’ampiezza dell’intervento di riforma, sui relativi contenuti e sulle linee guida per la stesura, sino a che, di fronte alle (oggettive) difficoltà e all’indisponibilità di un legislatore costantemente arreso alla contingenza, tale progetto viene accantonato.

Dalle esperienze maturate sino a questo momento si trae, però, un punto fermo: la mancanza di “volontà politica” di emanare un codice tributario, nonostante esso non solo non determinerebbe maggiori costi (si confonde il codice tributario con la riforma tributaria), ma recherebbe solo vantaggi in termini di semplificazione legislativa e di certezza del diritto.

Finalmente, forse, i tempi sono maturi e l’ambizioso progetto di codificazione sembra riprendere quota sulla spinta del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) approvato dal Governo e dal Parlamento e presentato alla Commissione europea.

Tra le altre riforme di accompagnamento al Piano vi è in primis la riforma fiscale in modo da «dare risposta alle debolezze strutturali del Paese ed in tal senso essa è parte integrante della ripresa che si intende innescare anche grazie alle risorse europee».

Nel Piano si prende sinteticamente atto dei “vizi” del nostro sistema tributario che tutti conosciamo: interventi normativi stratificati negli anni, “dettati dall’urgenza del momento”, e incoerenti con la complessità del fenomeno tributario, «una sempre più marcata frammentazione della legislazione tributaria, da cui è derivato un sistema fiscale articolato e complesso che ha rappresentato, nel tempo, un freno per gli investimenti, anche dall’estero». Ci si prefigge, quindi, «di operare un intervento complessivo che parta da un’analisi operata da esperti della materia fiscale e che abbia come obiettivo principale la definizione di un sistema fiscale certo ed equo».

In questo ambito si inserisce «l’opera di raccolta e razionalizzazione della legislazione fiscale in un testo unico» da coordinare con la normativa speciale, «da far a sua volta confluire in un unico Codice tributario»: si realizzerebbe, così, la semplificazione del sistema, la certezza del diritto e la stabilità nel tempo dell’ordinamento, quella che potremmo chiamare “l’assuefazione” alle norme degli operatori del settore, compresa l’Amministrazione finanziaria.

Programma condivisibile, ma vago.

L’opera di codificazione è complessa. Anzitutto, si tratta di compiere delle scelte che attengono all’individuazione del perimetro del codice: se esso debba accogliere solo la parte “generale” (i princìpi, la disciplina dell’obbligazione tributaria, i procedimenti di applicazione, accertamento e riscossione, le sanzioni, il processo) o anche la parte “speciale” (la disciplina delle singole imposte). Senza contare che, come pur viene rilevato nel Pnrr, la codificazione sconta una certa complementarietà rispetto alla riforma dell’Irpef (che sarà oggetto entro luglio 2021 di apposita legge delega), laddove invece non è necessario che in concreto vi sia una tale interdipendenza.

Non v’è dubbio che il lavoro più oneroso, come sottolineava Vanoni, è quello del passaggio dalla semplice pratica compilativa delle diverse leggi alla codificazione di princìpi generali e definizioni basilari, che vuol dire anche unificazione linguistico-concettuale: un ordinamento formale del rapporto tributario non modificabile dalle singole leggi d’imposta «mosso dal pensiero della fondamentale unità del fenomeno tributario, per diverse che possono essere le manifestazioni concrete d’imposizione».

Si tratta di andare alla ricerca dei princìpi generali, solo parzialmente contenuti in ordine sparso nel nostro ordinamento (non solo nello Statuto del contribuente), e in parte non ancora recepiti da disposizioni espresse (si pensi ai princìpi europei di proporzionalità, effettività, non discriminazione).

Quale migliore occasione, di questi tempi, per lavorare a un codice tributario. Si tratterà di un’opera lenta, per la cui riuscita è indispensabile il coinvolgimento della più autorevole cultura tributaria del Paese e la fondamentale collaborazione dell’Amministrazione finanziaria.

Considerato il gravoso impegno e i tempi lunghi che esso comporta, è auspicabile che al più presto il Governo insedii una commissione di esperti che disegni il progetto complessivo, che dovrà costituire la base di un’apposita legge delega che fissi princìpi e criteri direttivi già individuati e condivisi. Si potrà procedere poi all’elaborazione del codice tributario, seguendo delle linee guida precise.

Facendo leva sulle esperienze della codificazione degli altri grandi Paesi europei (Germania, Francia, Spagna) e sui tentativi che nel nostro Paese si sono succeduti nel tempo (legge delega Tremonti n. 80/2003 e il disegno di legge delega Cnel del 2013 ispirato da Victor Uckmar), si potrebbe prospettare un codice tributario diviso in due parti: la parte generale e la parte speciale, divise a loro volta in più libri.

Nella parte generale, i singoli libri dovrebbero riguardare: a) i princìpi generali e la disciplina dell’obbligazione tributaria; b) i poteri dell’amministrazione finanziaria e l’accertamento; c) la riscossione; d) le sanzioni tributarie amministrative e penali; e) il processo tributario. I princìpi dello Statuto dei diritti del contribuente, a seconda della materia, dovrebbero essere riversati nei singoli libri.

La parte speciale dovrebbe contenere i seguenti libri: a) le imposte sui redditi; b) le imposte sui consumi; c) le imposte sui trasferimenti; d) le imposte regionali e locali.

Si tratta forse di una distinzione “scolastica”, ma è quella a cui tutti gli operatori sono abituati, per cui la consultazione ne risulterebbe facilitata.

In conclusione, la codificazione non è più procrastinabile: essa rende più agevole l’individuazione del diritto applicabile, rende più comprensibili le norme mediante l’uniformità del linguaggio legislativo, è fattore di semplificazione dei predicati giuridici ed è segno di tendenziale stabilità delle norme. Tutti aspetti, questi, che facilitano sommamente l’effettiva conoscibilità della legge e l’adempimento del dovere tributario, incidendo positivamente sui rapporti fisco-contribuente.

Nel Pnrr si parla di “auspicio” di un unico Codice tributario. Ci auguriamo, nell’interesse del Paese, che diventi molto di più e che la codificazione tributaria da mito si trasformi in realtà.

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