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Cessioni, dopo le correzioni un paracadute per le banche

Nelle ultime settimane gran parte degli operatori ha rallentato o addirittura sospeso l’acquisto dei crediti derivanti dai bonus edilizi. Il motivo è presto detto: l’elevato volume di operazioni, da un lato, e le regole che hanno introdotto limiti alla cedibilità dei crediti, dall’altro, consigliano prudenza alle banche e alle imprese assicurative che devono valutare con accortezza la loro capacità di compensare i crediti nei prossimi anni, soprattutto nel triennio 2024-2026, in cui si concentreranno le quote del 110% unitamente a quelle degli altri bonus.

L’intervento del Governo inserito nel decreto bollette (Dl n. 17/2022, convertito con legge n. 34/2022) non ha risolto la situazione, andando invece a delineare una soluzione di difficile applicazione, perché prevede che le banche possono “liberarsi” dei crediti con due fortissime limitazioni.

La prima consiste nel fatto che queste devono aver esaurito la possibilità di cessione ad altro soggetto vigilato: quindi, una banca per cedere ai propri correntisti dovrebbe aver acquistato quel credito da un altro operatore vigilato. Per i crediti acquistati direttamente non sarebbe, invece, possibile cedere ai correntisti.

La seconda limitazione è relativa al fatto che, essendo la cessione ai correntisti possibile solo per i crediti comunicati a partire dal 1° maggio, non sarà possibile frazionare questi crediti: sembra oltremodo complesso identificare un correntista che acquisti un credito di durata pluriennale.

Sarebbe utile a questo proposito un chiarimento da parte dell’agenzia delle Entrate a quanto esposto dal ministro dell’Economia, Daniele Franco durante l’interrogazione parlamentare n. 3-02917, quando ha dichiarato «che la normativa vigente già consente, dopo la prima comunicazione di esercizio dell’opzione, di cedere o di compensare le singole annualità di cui il credito si compone anche riferite al singolo beneficiario, purché la singola annualità non venga ulteriormente frazionata in un momento successivo».

In base alla norma, la banca che acquista il credito non potrà più decidere quali annualità trasferire (ricordiamo che sulla piattaforma Cessione crediti dell’agenzia delle Entrate il credito viene diviso con la stessa ripartizione in quote annuali con la quale sarebbe stata utilizzata la detrazione) o l’importo da trasferire a un eventuale terzo cessionario. Questa possibilità rimane unicamente per i crediti le cui comunicazioni siano state trasmesse prima del 1° maggio.

È evidente che occorre aggiustare il tiro per evitare un altro blocco del mercato. È importante chiarire che, poi, la soluzione della cessione frazionata (nel caso in cui sia approvata) potrà esplicare effetti significativi non prima di gennaio 2023; ci sono tempi tecnici per la predisposizione non solo dei testi contrattuali ma soprattutto per adeguare i processi informatici delle banche, per valutare le ricadute contabili, e per completare l’azione di mercato verso i correntisti potenziali acquirenti.

Significa, in pratica, perdere da maggio ad ottobre, i mesi in cui l’edilizia lavora. Questo causerebbe il blocco dei cantieri, con pesanti ricadute tra cui il fallimento di moltissime imprese, condomìni con lavori che non potrebbero essere completati, operai che non potranno essere retribuiti.

Molte forze politiche stanno proponendo emendamenti tesi a rendere possibile alle banche l’acquisto dei crediti anche in attesa della piena operatività della cessione ai correntisti: in particolare la soluzione migliore sembra quella che prevede che «per cessioni effettuate a partire dal 1° gennaio 2022, agli istituti di credito alle società appartenenti a un gruppo bancario ovvero alle imprese di assicurazione è consentito utilizzare detti crediti al fine di sottoscrivere le emissioni di Buoni del Tesoro poliennali successive al 1° gennaio 2033 con scadenza non inferiore ad anni…».

L’obiettivo è garantire la possibilità di continuare a operare agli istituti di credito e alle imprese di assicurazione che, stante l’elevato numero di richieste, hanno iniziato a rifiutare nuove operazioni, causa il progressivo esaurimento della propria “capacità fiscale”. L’intervento mira, dunque, a far recuperare margini di operatività agli operatori vigilati coinvolti nella circolazione dei crediti, garantendo che non rappresenteranno perdite.