Professione

Ancora aperto il cantiere della cessione dei crediti: tre proposte dal Cndcec

Va introdotta la possibilità di riportare a nuovo le rate non utilizzate anno per anno. In «Gazzetta» la legge 6/2023 di conversione del Dl Aiuti quater

di Giuseppe Latour

Nemmeno in tempo per la legge di conversione del decreto Aiuti quater di approdare in Gazzetta Ufficiale (il testo è stato pubblicato il 17 dicembre con il n. 6/2023), e già si immaginano i possibili nuovi correttivi per il meccanismo della cessione dei crediti legati ai bonus edilizi.

Il 17 dicembre i rappresentanti del Consiglio nazionale dei commercialisti (il tesoriere, Salvatore Regalbuto e il coordinatore dell’area fiscalità della Fondazione nazionale della categoria, Pasquale Saggese), in audizione davanti alla commissione Finanze del Senato per l’indagine conoscitiva su incentivi fiscali e crediti di imposta, hanno spiegato come tutte le misure introdotte finora in materia di cessioni abbiano prodotto una situazione di grave incertezza e, quindi, «il rallentamento, per non dire la vera e propria paralisi, degli acquisti dei crediti di imposta presenti nei cassetti fiscali dei beneficiari che hanno sostenuto le spese agevolate, oppure dei fornitori che hanno applicato ai primi lo sconto in fattura».

I correttivi appena varati dall’Aiuti quater (come l’aumento delle cessioni da quattro a cinque) non sembrano risolutivi. Così, il Cndcec propone di muoversi ulteriormente in tre direzioni. La prima è quella «di prevedere che i crediti d’imposta derivanti dagli interventi ammessi al superbonus possano essere riportati a nuovo, ai fini del loro utilizzo in compensazione, sino al sesto periodo di imposta successivo a quello di competenza». Quindi, quello che non si riesce a compensare con la scansione naturale delle rate del superbonus potrebbe essere recuperato negli anni successivi.

Rispetto all’Aiuti quater (che prevede lo spalma crediti da quattro a dieci anni) sarebbe una soluzione meno rigida, non comportando un’opzione vincolante per tutto il periodo. E, quindi, non avrebbe quell’impatto così forte sugli oneri finanziari delle operazioni di acquisto già sottolineati dal mondo bancario.

Accanto a questo, almeno per i crediti d’imposta comunicati fino al 31 dicembre 2022, «sarebbe necessario prevedere un meccanismo transitorio e straordinario che consenta agli operatori finanziari di ampliare la capacità di acquisizione di crediti mediante la compensazione con le imposte che la generalità dei loro clienti versano per il loro tramite, per una quota ritenuta ragionevole e sostenibile». È la proposta già avanzata da Abi e Ance, che prevede di compensare i crediti incagliati attraverso una quota degli F24 intermediati dalle banche.

La terza proposta è di eliminare «il limite al numero massimo di cessioni che le banche e gli altri operatori qualificati possono effettuare». Questi soggetti hanno sin da subito attivato procedure rigorose di controllo contro il rischio di frodi, che vanno ad aggiungersi ai controlli preventivi (visto di conformità, attestazione e asseverazioni tecniche e di congruità dei costi) e ai presidi antiriciclaggio già previsti per legge. Insomma, questi vincoli creano solo problemi alla circolazione dei crediti ma, sul fronte del contrasto alle frodi, sono ridondanti.

Infine, i commercialisti hanno chiesto due interventi di chiarimento. Il primo, «per i bonus edilizi diversi dal superbonus», riguarda la possibilità di effettuare le cessioni senza dover tenere conto dei Sal ma solo dei pagamenti; il secondo riguarda il nuovo obbligo di ottenere l’attestazione Soa per i lavori sopra i 516mila euro, sul quale servono rapidamente risposte a molti dubbi operatitivi.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©