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Ricarica di veicoli elettrici, il comitato Iva sceglie la strada della cessione di beni

Solo con la qualificazione come prestazioni di servizi le imprese unionali possono usufruire del regime Oss Ue

di Francesco D'Alfonso

La ricarica di veicoli elettrici costituisce una cessione di beni ai fini dell’imposta sul valore aggiunto e non una prestazione di servizi. È quanto affermato dalla Commissione Ue nel documento di lavoro 1012 del 2021 del comitato Iva, in risposta alla richiesta, da parte dell’Italia, di riaprire la discussione in merito al trattamento fiscale da applicare alle operazioni di ricarica dei veicoli elettrici.

Queste ultime, in particolare, vedono coinvolti il gestore dell’infrastruttura o gestore della colonnina elettrica (Cpo), l’operatore di mobilità (Emp), ossia il fornitore di servizi di mobilità elettrica, oltre che, naturalmente, l’utente finale.

Sulla questione, la Commissione Ue aveva in realtà già avuto modo di esprimersi nel documento di lavoro n. 969 del 2019, a seguito del quale sono state poi elaborate apposite linee guida (documento di lavoro n. 972/2019), sulle quali tutti gli Stati membri, in sede di comitato Iva, hanno concordato.

In particolare, nelle menzionate linee guida è stato affermato che nell’ambito della fornitura effettuata dal Cpo la ricarica della batteria costituisce l’elemento principale dell’operazione, rispetto agli altri servizi forniti dallo stesso, e che tale operazione deve essere pertanto considerata una cessione di beni ai fini Iva (in questo caso, nulla era stato invece detto per le operazioni effettuate dal Emp). Tuttavia, nell’ambito del menzionato documento n. 1012/2021, il nostro Paese, come accennato, ha chiesto di riaprire le discussioni in seno al comitato Iva circa il trattamento fiscale delle operazioni di ricarica dei veicoli elettrici, ritenendo che tali operazioni siano invece da qualificarsi come prestazioni di servizi. Questo in ragione del fatto che, secondo l’Italia, solo la transazione tra il fornitore di energia elettrica e il Cpo è da considerarsi una fornitura di energia elettrica, mentre le successive operazioni, che utilizzano detta energia elettrica per ricaricare le batterie, costituiscono invece una (unica) prestazione di servizi.

Tuttavia, la Commissione Ue non ha ritenuto di concordare con quanto sostenuto dall’Italia, affermando che, anche se le operazioni in esame costituiscono certamente delle forniture composite, la ricarica del veicolo elettrico rappresenta la componente principale dell’insieme delle diverse attività svolte, per cui tali operazioni devono considerarsi cessioni di beni.

In merito poi ai rapporti tra i soggetti coinvolti nella fornitura, il Cpo, secondo la Commissione, fornisce elettricità e servizi accessori all’Emp, che a sua volta fornisce tale elettricità, con i servizi accessori, all’utente finale.

Ad ogni modo, alle osservazioni presentate dalla Commissione sulla questione potrebbe ora seguire un nuovo orientamento da parte del comitato Iva, alla luce anche dei pareri degli altri Stati Ue circa le stesse.

Gli orientamenti del comitato Iva, seppur non vincolanti per il singolo Stato, condizionano comunque l’attività di interpretazione degli Stati membri.

La questione circa la qualificazione Iva dell’operazione effettuata (cessione di beni o prestazione di servizi), del resto, non è di poco conto, poiché da essa dipendono le norme in materia di territorialità Iva da applicare e i conseguenti obblighi per i fornitori.

Ad esempio, nel caso di operazioni di ricarica verso consumatori finali, le imprese unionali possono usufruire del regime Oss Ue (utilizzabile dal 1° luglio di quest’anno) se tali operazioni vengono considerate prestazioni di servizi, ma non lo possono fare, invece, se le stesse configurano una cessione di energia elettrica, nel qual caso il fornitore deve adempiere agli obblighi Iva previsti in tutti gli Stati membri di fornitura.