Imposte

Disallineamenti da ibridi, deduzione con certificato ad hoc

Senza analisi specifiche può saltare lo sgravio dei costi intercompany

Le società italiane parte di gruppi multinazionali o coinvolte in operazioni con controparti estere sono tenute a confrontarsi con le articolate disposizioni di contrasto ai disallineamenti da ibridi previste dal Capo IV del decreto Atad (Dlgs 142/2018), emanato in attuazione della direttiva Ue 2017/952, che a sua volta discende dal set di raccomandazioni elaborate dall’Ocse nell’ambito della “Action 2”.

Una specifica disposizione è prevista per contrastare gli “ibridi importati”, cioè le situazioni in cui un pagamento intercompany consenta di trasferire (o “importare”) in Italia un effetto di deduzione senza inclusione o di doppia deduzione generato tra Stati esteri che non abbiano implementato l’intero set di raccomandazioni di contrasto ai disallineamenti da ibridi.

L’articolo 8, comma 3, del Dlgs 142/2018 (in vigore dal 2020) esclude la deduzione di un costo in capo alla società italiana «nella misura in cui esso finanzi, direttamente o indirettamente, oneri deducibili che generano un disallineamento da ibridi mediante una transazione o una serie di transazioni tra imprese associate o che sono parte di un accordo strutturato». Tuttavia, tale costo risulta deducibile se e nella misura in cui uno degli Stati di residenza dei soggetti coinvolti nell’operazione abbia neutralizzato il disallineamento. È una misura “complementare” alle norme di contrasto agli ibridi “diretti” previsti dal decreto Atad, ed è finalizzata a garantirne l’efficacia in particolare nei rapporti tra Stati Ue ed extra-Ue, ove un pagamento deducibile nello Stato Ue finanzi un disallineamento da ibridi realizzato nello Stato extra-Ue.

Ai fini dell’applicazione della norma sugli ibridi importati (rectius, per valutare la deducibilità di un costo sostenuto nei confronti di un’impresa estera associata o nel contesto di un accordo con controparti estere), la società italiana è quindi tenuta a verificare se 1 tale costo “finanzi”, direttamente o indirettamente, oneri deducibili in capo ad un soggetto estero, e 2 tali oneri deducibili generino un disallineamento da ibridi all’estero.

La norma richiede pertanto che tra il costo in capo alla società italiana e il disallineamento ibrido all’estero sia riscontrato un “nesso”, cioè che il reddito corrispondente al componente negativo di fonte italiana sia compensato – direttamente o indirettamente – da una deduzione che determina un effetto ibrido. Tale “nesso” può essere rappresentato da un pagamento o da una compensazione in regime di consolidato, come previsto dalle linee guida dell’Ocse.

Secondo l’interpretazione del Fisco, la disposizione di reazione agli ibridi importati non si applicherebbe solo verso Stati non-Ue, ma includerebbe anche i disallineamenti da ibridi importati da altri Stati Ue, a condizione, che in tali Stati le disposizioni anti-ibridi siano state attuate con un livello di protezione non equivalente a quello previsto dal decreto Atad.

Seguendo tale orientamento, invero alquanto restrittivo, una società italiana che abbia effettuato operazioni passive con consociate Ue, è tenuta a verificare che non vi siano fenomeni ibridi “importati” in Italia e derivanti dall’attuazione, in tali Stati Ue, delle regole anti-ibridi previste dalla direttiva con un livello protezione “non equivalente” a quello del decreto Atad.

La disposizione relativa agli ibridi importati deve essere adeguatamente considerata anche in ragione dei profili collegati all’accertamento, che deve essere preceduto dalla notifica di una richiesta di chiarimenti a cui il contribuente è tenuto a rispondere entro 60 giorni. La mancata o incompleta risposta alla richiesta di chiarimenti comporta l’impossibilità di utilizzare in sede amministrativa e contenziosa i documenti e le informazioni non prodotte. Peraltro, come ricordato dall’Amministrazione finanziaria, in caso di contestazione trovano applicazione le sanzioni amministrative e, ove integrati i presupposti, le sanzioni penal-tributarie.

La complessità tecnica e le possibili difficoltà nel reperire ed elaborare le informazioni rilevanti all’interno dei gruppi multinazionali (in particolare se di una certa dimensione) entro il termine di 60giorni, unitamente alle previsioni in materia di sanzioni comportano un obbligo sostanziale per la società italiana di eseguire un’analisi annuale a livello di gruppo volta ad escludere l’esistenza di disallineamenti da ibridi (a qualunque livello) non neutralizzati, che potrebbero essere “importati” in Italia per effetto di un qualsiasi pagamento intercompany.

Tale analisi dovrebbe permettere alla capogruppo estera di certificare annualmente alla società italiana l’inesistenza di fattispecie rilevanti, attraverso una comunicazione formale, da ricevere prima della sottoscrizione della dichiarazione dei redditi da parte del legale rappresentante della stessa.

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