Controlli e liti

Azioni cedute alla società dai soci uscenti: non è recesso

Per la Ctr Veneto 107/2/2022 la rivalutazione effettuata è legittima: la condotta elusiva va dimostrata

di Marco Nessi e Roberto Torelli

La cessione delle azioni alla società da parte dei soci uscenti non può essere riqualificata in un'operazione di recesso, disconoscendo la rivalutazione già effettuata, se non è dimostrata la tenuta di un comportamento in abuso del diritto da parte dei soci cedenti. Questo è il principio ribadito dalla Ctr Veneto n. 107/2/2022 (presidente Tenaglia, relatore Borghi).

Nel caso esaminato, la società accertata, contestualmente ad un'operazione di fusione, acquisiva azioni proprie da alcuni azionisti di minoranza. Anteriormente a questa operazione, gli ex azionisti avevano provveduto a rivalutare il valore delle azioni possedute nella società. L'agenzia delle Entrate riqualificava l'operazione di cessione delle azioni (di per sé classificabile tra i «redditi diversi» ex articolo 67 del Tuir) quale «recesso tipico» (produttivo di «redditi di capitale», ex articolo 47, comma 7, del Tuir) in base alla differenza positiva tra il corrispettivo ricevuto e il costo fiscale della partecipazione (non rivalutato). Da qui la ripresa a tassazione, con assoggettamento degli utili a una ritenuta pari al 20% (partecipazioni non qualificate).

Nel giudizio di primo grado, la Ctp accoglieva il ricorso della società, evidenziando che l'operazione di compravendita costituiva il risultato di una legittima scelta di gestione imprenditoriale che, in quanto tale, non poteva essere sindacata dall'Amministrazione finanziaria.

Nel confermare la decisione di primo grado, anche la Ctr ha ribadito l'illegittimità dell'accertamento, evidenziando che la riqualificazione dell'operazione avrebbe richiesto, da parte dell'Amministrazione finanziaria, la contestazione della tenuta di un comportamento in abuso del diritto (ex articolo 10-bis della legge 212/2000) e dell'elusione fiscale, e non, viceversa, il semplice richiamo ad un'altra disposizione, ovvero l'articolo 47, comma 7, del Tuir. Peraltro, secondo il collegio giudicante, l'adesione a questo tipo di orientamento comporterebbe, di fatto, l'assoggettabilità di ogni operazione di riacquisto di azioni proprie alla mera sindacabilità dell’ufficio, in ciò costituendo una diretta censura alla libertà di scelta imprenditoriale tra le diverse opzioni prevista dalla normativa fiscale.

La sentenza in esame si segnala per il fatto di avere confermato l'impossibilità dell’agenzia delle Entrate di rettificare arbitrariamente le operazioni poste in essere dal contribuente in assenza di specifici elementi idonei a dimostrare la sussistenza di un'ipotesi di abuso del diritto (in precedenza, con riferimento ad operazioni analoghe, si vedano Ctr Veneto 30/2021 e Ctp Padova 58/2020). Questo principio dovrebbe essere ancora più garantito a seguito dell'entrata in vigore dell'articolo 10-bis della legge 212/2000, in quanto con l'abuso del diritto, la scelta dell'operazione fiscalmente più vantaggiosa non può essere, di per sé, sufficiente ad integrare la contestazione di elusività della condotta (Cassazione 17175/2015).

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