I temi di NT+Novità della settimana

I provvedimenti dal 29 aprile al 7 maggio

I provvedimenti normativi e le interpretazioni ministeriali dell'ultima settimana

di Roberta Coser e Claudio Sabbatini

Iva/Agevolazioni

Dm 7 aprile 2021, GU 4 maggio 2021, n. 105

Iva ridotta applicabile alle cessioni di ausili per disabili: è sufficiente il certificato di invalidità

A seguito delle disposizioni previste dall'articolo 29-bis, Dl 76/2020 (cd. Decreto Semplificazioni) viene data attuazione alle semplificazioni per l'applicazione dei benefici previsti per le persone con disabilità: in sintesi, non è più necessaria la prescrizione autorizzativa del medico specialista della Asl di appartenenza, ma è sufficiente produrre il certificato di invalidità.Non occorre più, pertanto, la specifica prescrizione autorizzativa rilasciata dal medico specialista della Asl per poter assoggettare all'aliquota Iva ridotta del 4% le cessioni dei sussidi tecnici e informatici rivolti a facilitare l'autosufficienza e l'integrazione dei soggetti portatori di handicap. In particolare, il decreto in esame: modifica l'articolo 2, Dm 14 marzo 1998, il quale prevedeva che i verbali delle commissioni mediche integrate devono riportare anche la sussistenza dei requisiti sanitari necessari per l'accesso ai benefici fiscali relativi ai sussidi tecnici e informatici volti a favorire l'autonomia e l'autosufficienza delle persone con disabilità; dispone che per poter beneficiare dell'aliquota al 4% sulle cessioni dei ausili tecnici e informatici è necessario che le persone con disabilità producano, al momento dell'acquisto, solo una copia del certificato attestante l'invalidità funzionale permanente rilasciato dall'azienda sanitaria locale competente o dalla commissione medica integrata.Tuttavia, se il collegamento funzionale fra il sussidio tecnico-informatico e la menomazione permanente non risulta dal certificato di invalidità, occorre integrare il documento con un'ulteriore certificazione, da esibire in copia all'atto dell'acquisto, rilasciata dal medico curante, che contenga l'attestazione richiesta per l'accesso al beneficio fiscale. In caso di importazione, la documentazione va prodotta all'ufficio doganale all'atto della presentazione della dichiarazione di importazione.Si precisa che si considerano sussidi tecnici ed informatici rivolti a facilitare l'autosufficienza e l'integrazione dei soggetti portatori di handicap le apparecchiature e i dispositivi basati su tecnologie meccaniche, elettroniche o informatiche, appositamente fabbricati o di comune reperibilità, preposti ad assistere la riabilitazione o a facilitare la comunicazione interpersonale, l'elaborazione scritta o grafica, il controllo dell'ambiente e l'accesso alla informazione e alla cultura in quei soggetti per i quali tali funzioni sono impedite o limitate da menomazioni di natura motoria, visiva, uditiva o del linguaggio.

Iva/Note di variazione

Risposta Interpello, agenzia delle Entrate 30 aprile 2021, n. 308

Operazione con l'estero: emissione della nota di credito in caso di risoluzione del contratto con restituzione della somma

Un operatore economico nazionale ha acquistato e pagato nel novembre 2020 presso un soggetto residente all'estero (nel Regno Unito) un servizio (licenza relativa ad un software).Successivamente all'acquisto le parti hanno risolto il contratto e all'istante è stata restituita la somma versata per l'acquisto. Nonostante fosse stata richiesta, il contribuente non ha ricevuto la nota di credito relativa all'operazione da parte della controparte.L'articolo 26, Dpr 633/1972 stabilisce, tra l'altro, che se l'operazione per cui è stata emessa fattura viene meno, con conseguente diminuzione dell'imponibile, «in conseguenza di dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione e simili», il cedente/prestatore, entro un anno dall'operazione (in ipotesi di sopravvenuto accordo fra le parti), ha diritto di portare in detrazione l'imposta corrispondente alla variazione tramite annotazione nell'apposito registro. A sua volta, se il cedente/prestatore si avvale di tale facoltà, il cessionario/committente, se ha già registrato la fattura, deve effettuare una nota di variazione nei limiti della detrazione operata salvo avvalersi del diritto di rivalsa.Con la risposta in esame, l'agenzia precisa quando e in che modo il cessionario può operare una diminuzione d'imposta con relativa nota in caso di risoluzione del contratto e rimborso della somma pagata, senza essere in possesso dalla nota di variazione del cedente.La cessione da parte di non residenti di licenze d'uso a un operatore nazionale può essere annoverata tra le prestazioni di servizi territorialmente rilevanti in Italia (articolo 7-ter, lettera a), Dpr 633/1972) e i relativi obblighi spettano ai cessionari o committenti stabiliti o residenti in Italia. Nel caso di cessioni di beni o di prestazioni di servizi effettuate da un soggetto passivo stabilito in un altro Stato Ue, il cessionario/committente nazionale adempie gli obblighi di fatturazione di registrazione integrando la fattura del fornitore estero (articoli 17, comma 2, ultimo periodo, Dpr 633/1972, e 46 e 47, Dl 331/1993).In sostanza, chi acquista presso un soggetto passivo stabilito in un altro Stato Ue integra i documenti ricevuti secondo il meccanismo del reverse charge versando la relativa imposta e avendo sempre la facoltà di variare in diminuzione l'imponibile/imposta dell'operazione, operando la conseguente detrazione. L'esercizio di tale facoltà, in effetti, prescinde dalla natura del cedente/prestatore (Ue o extra-Ue), ma è legato alla sussistenza dei requisiti indicati dall'articolo 2, Dpr 633/1972. Inoltre, si tratta di una possibilità e non di un obbligo.L'agenzia precisa anche che il cessionario nazionale può emettere un documento integrativo elettronico («TipoDocumento» TD17), avendo cura di indicare gli importi con segno negativo. In questo modo (se trasmette i dati al Sistema di Interscambio - SdI) è esonerato dalla compilazione del cd. esterometro.In conclusione, l'agenzia, presupponendo di essere in presenza di una risoluzione del contratto per sopravvenuto accordo fra le parti con restituzione del prezzo pagato, ritiene che debba operarsi nel seguente modo: entro un anno dall'operazione e, quindi, entro novembre 2021, il cessionario/committente può emettere una nota di variazione in diminuzione relativa al venir meno dell'operazione; la nota, se trasmessa in via elettronica al SdI, dovrà essere identificata come documento «TD17 - INTEGRAZIONE/AUTOFATTURA PER ACQUISTO SERVIZI DALL'ESTERO», indicando gli importi con segno negativo, e non deve utilizzare il documento TD04; successivamente all'emissione della nota dovranno essere effettuate le conseguenti annotazioni nei registri Iva; nel caso in cui si proceda alla trasmissione della nota per via analogica anziché tramite SdI dovranno essere comunicati i dati tramite esterometro (articolo 1, comma 3-bis, Dlgs 127/2015).

Iva/Aliquote

Risposta Interpello, agenzia delle Entrate 30 aprile 2021, n. 315

Cessione di mangimi per api: si applica l'Iva al 4%

Ai mangimi per api si applica l'aliquota Iva al 4% prevista dalla Tabella A, Parte II, numero 20), allegata al Dpr 633/1972 (avente ad oggetto «mangimi semplici di origine vegetale, mangimi integrati contenenti cereali e/o relative farine e/o zucchero; mangimi composti semplici contenenti, in misura superiore al 50 %, cereali compresi nella presente parte della tabella»).L'agenzia delle Entrate fornisce la precisazione in relazione a cinque diversi prodotti classificati, secondo il parere rilasciato dall'agenzia delle Dogane (come previsto dalla Cm 32/E/2010) alla sottovoce della Nomenclatura Combinata 2309 9031.I primi quattro prodotti sono miscele di sciroppi di glucosio e fruttosio ottenuti per idrolisi enzimatica a partire da materie prime vegetali quali amido di mais e amido di frumento e il quinto da sciroppo di zucchero idrolizzato, cioè saccarosio ad alto contenuto di fruttosio ottenuto per inversione (idrolisi) di una soluzione di zucchero da barbabietola.Le Dogane fanno presente che la nota 1 al Capitolo 23 stabilisce che «rientrano nella voce 2309 i prodotti dei tipi utilizzati per l'alimentazione degli animali, non nominati né compresi altrove ottenuti dal trattamento di materie vegetali per l'alimentazione degli animali e che, per tale motivo, hanno perduto le caratteristiche essenziali della materia di origine, diverse dai cascami vegetali, residui e sottoprodotti vegetali derivanti da questo trattamento».

Registro e ipo-catastali/Agevolazioni immobiliari

Risposta Interpello, agenzia delle Entrate 29 aprile 2021, n. 305

Acquisto di immobili da demolire e ricostruire e cessione di immobili non ultimati: imposte di registro e ipo-catastali di favore

Viene esaminato il campo di applicazione delle agevolazioni recate dall'articolo 7, Dl 34/2019 nel caso di una società che acquista alcuni fabbricati uno dei quali verrà demolito e ricostruito ed un altro verrà integralmente ristrutturato.La norma prevede che le imposte di registro, ipotecaria e catastale siano dovute nella misura fissa di 200 euro ciascuna, a condizione che l'acquisto: sia effettuato entro il 31 dicembre 2021 da imprese che svolgono attività di costruzione o ristrutturazione di edifici;abbia come oggetto un «intero fabbricato» indipendentemente dalla natura dello stesso.Colui che compra l'intero fabbricato, inoltre, entro 10 anni dalla data di acquisto deve: 1. demolire e ricostruire un nuovo fabbricato anche con variazione volumetrica, ove consentito dalle normative urbanistiche, o eseguire interventi di manutenzione straordinaria, interventi di restauro e risanamento conservativo o interventi di ristrutturazione edilizia individuati dall'articolo 3, comma 1, lettere b), c) e d), Dpr 380/2001; 2. alienare gli immobili, anche se suddivisi in più unità immobiliari, qualora l'alienazione riguardi almeno il 75% del volume del nuovo fabbricato.Sia nel caso della ricostruzione che in quello della ristrutturazione edilizia, il nuovo fabbricato deve risultare conforme alla normativa antisismica e deve conseguire una delle classi energetiche Nzeb (Near zero energy building), A o B.Come detto, tra i requisiti richiesti per la fruizione del beneficio vi è quello di cedere nel decennio successivo all'acquisto almeno il 75% dei fabbricati.Per rientrare nei tempi dell'agevolazione, la suddetta società ha in programma l'alienazione di alcune delle nuove unità immobiliari ancora in corso di costruzione, accatastate in categoria F/3.Secondo l'istante l'operazione non tradisce la finalità della disposizione agevolativa, cioè raggiungere il risultato finale, ovvero la realizzazione di un edificio nuovo o riqualificato in luogo di quello precedente, anche se l'intervento edilizio sugli immobili venduti verrà ultimato su proprietà non più dell'impresa, ma comunque nel decennio, conseguendo le classi energetiche previste dalla norma.Di parere opposto è l'agenzia, secondo cui, dalla lettura della norma di riferimento, confrontata con il caso in esame, si deduce facilmente che, alla cessione, le unità immobiliari in corso di costruzione non sono in grado di soddisfare il requisito del conseguimento delle necessarie certificazioni energetiche. Gli atti di compravendita di fabbricati «in corso di costruzione» (categoria F/3) non rientrano nel perimetro del regime fiscale di favore previsto dall'articolo 7, in quanto non possono, al momento dell'alienazione, aver conseguito le necessarie certificazioni energetiche e quella della conformità alla normativa antisismica. Pertanto, neppure valgono ai fini del raggiungimento del limite minimo di vendita del 75% del fabbricato. Di conseguenza, qualora i medesimi atti dovessero superare il limite del 25%, si verificherà la condizione per la decadenza totale dall'agevolazione usufruita, in sede di acquisto del fabbricato, dalla società.

Registro e ipo-catastali/ Misura

Risposta Interpello, agenzia delle Entrate 30 aprile 2021, n. 310

Verbale di trasferimento all'estero per gli aggiornamenti catastali: imposte di registro e ipo-catastali applicabili

Per l'utilizzo nel territorio dello Stato italiano di atti pubblici rogati e di scritture private autenticate in uno Stato estero è necessario il preventivo deposito degli stessi presso l'archivio notarile distrettuale o presso un notaio che esercita la professione in Italia (articolo 106, numero 4, legge 89/1913, legge sull'ordinamento del notariato). Il notaio riceve in deposito, in originale o in copia, gli atti rogati in un Paese estero debitamente legalizzati e redige un apposito verbale, che dev'essere annotato a repertorio. Il pubblico ufficiale, nel redigere il verbale, trasforma formalmente tale atto in atto proprio ed è obbligato a chiedere la registrazione e a pagare l'imposta principale, in solido con le parti contraenti e con i soggetti nell'interesse dei quali viene richiesta la registrazione. Il verbale di deposito ha la funzione di recepire l'atto formato all'estero per consentirne l'uso nello Stato italiano e, dunque, costituisce il mezzo attraverso il quale un determinato atto estero può essere utilizzato in Italia.Sulla base di queste premesse, l'agenzia afferma che il documento che attesta il cambio di sede avvenuto all'estero (dal Belize a Cipro) da registrare presso un notaio italiano – in quanto l'istante è proprietario di un immobile in Italia – non comporta la creazione di un nuovo ente. Pertanto, la tassazione – dell'atto di delibera del consiglio di amministrazione depositato dal notaio che darà evidenza del mutamento della sede legale nell'intestazione catastale dell'immobile riportata nel Registro immobiliare e nel Catasto – avviene con imposta in misura fissa (200 euro), al pari degli atti non aventi ad oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale.L'imposta nella misura fissa è giustificata dal fatto che l'operazione non prevede il passaggio di beni fra due diverse società: permane infatti la stessa identità soggettiva prevedendo il semplice mutamento formale di un'organizzazione societaria.Anche le imposte ipotecarie e catastali, dovute per aggiornare l'intestazione catastale, sono dovute nella misura fissa di euro 200 ciascuna, in quanto le formalità riguardanti tali tributi, da effettuare presso i pubblici registri italiani con riferimento all'immobile detenuto dall'istante, non prevedono la costituzione di diritti reali immobiliari né il trasferimento di beni immobili.

Agevolazioni/Piccola proprietà contadina

Risposta Interpello, agenzia delle Entrate 30 aprile 2021, n. 307

Affitto di fondo rustico da parte di una società agricola: perdita delle agevolazioni per la piccola proprietà contadina

Una società agricola – costituita da due soci, di cui uno giovane coltivatore diretto – che ha acquistato nel 2019 un vigneto con gli sconti per la piccola proprietà contadina (articolo 2, comma 4-bis, Dl 30 dicembre 2009, n. 194) chiede in sede di interpello se, affittando il terreno – unica sua proprietà – prima dei cinque anni dall'acquisto al socio coltivatore, perde le agevolazioni fruite.L'agenzia ritiene che la società agricola che affitta al socio (coltivatore diretto) il terreno acquistato con le agevolazioni per la piccola proprietà contadina, con un canone che supera il 10% dei ricavi derivanti dall'attività agricola, distraendo il fondo di proprietà dall'esercizio esclusivo di tale attività, perde il trattamento di favore fruito al momento dell'acquisto. Per non perdere i benefici legati alla piccola proprietà contadina, quindi, l'ammontare dei ricavi relativi alla locazione dev'essere marginale rispetto a quello proveniente dalla coltivazione del terreno, come prevede l'articolo 2, comma 1, Dlgs 99/2004 (norma che trascina nell'agevolazione anche le società agricole). Quest'ultima disposizione prevede che «la ragione sociale o la denominazione sociale delle società che hanno quale oggetto sociale l'esercizio esclusivo delle attività di cui all'articolo 2135 del codice civile (agricole) deve contenere l'indicazione di società agricola. Non costituiscono distrazione dall'esercizio esclusivo delle attività agricole la locazione, il comodato e l'affitto di fabbricati ad uso abitativo, nonché di terreni e di fabbricati ad uso strumentale alle attività agricole di cui all'articolo 2135 del c.c., sempreché i ricavi derivanti dalla locazione o dall'affitto siano marginali rispetto a quelli derivanti dall'esercizio dell'attività agricola esercitata. Il requisito della marginalità si considera soddisfatto qualora l'ammontare dei ricavi relativi alle locazioni e affitto dei beni non superi il 10 per cento dell'ammontare dei ricavi complessivi. Resta fermo l'assoggettamento di tali ricavi a tassazione in base alle regole del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917».Con la descritta operazione, la società – affittando l'unico terreno di sua proprietà – distrae lo stesso dall'esercizio esclusivo dell'attività agricola, dal momento che i ricavi provenienti da tale affitto non saranno marginali rispetto a quelli derivanti dall'attività agricola.Di conseguenza, considerato che la norma (articolo 2, commi 4 e 4-bis, Dlgs 99/2004) dispone che la perdita dei requisiti nei cinque anni dalla data di applicazione delle agevolazioni determina la decadenza dalle stesse, l'istante, che ha fruito dell'agevolazione nel 2019 con contratto di acquisto del terreno, perderebbe l'agevolazione se il contratto di affitto del terreno agricolo fosse stipulato entro cinque anni dalla stipula del contratto di acquisto del terreno.

Redditi di lavoro dipendente/Fringe benefit

Risposta Interpello, agenzia delle Entrate 30 aprile 2021, n. 311

Welfare aziendale: no alla borsa di studio non «congrua», sì al riporto del credito welfare non utilizzato

L'articolo 51, comma 2, lettera f-bis, del Tuir consente la detassazione – dal reddito di lavoro dipendente – di taluni servizi fruibili dai familiari del lavoratore, tra i quali quelli di educazione e istruzione anche in età prescolare, i servizi di mensa, la frequenza di ludoteche, di centri estivi e invernali e borse di studio. Per poter beneficiare del regime fiscale della non concorrenza alla formazione del reddito di lavoro dipendente, l'ammontare delle borse di studio erogate dal datore di lavoro e riconosciute a favore dei familiari dei dipendenti dev'essere congruo, soprattutto se la sua determinazione è slegata dal conseguimento di risultati di eccellenza scolastica. Diversamente, verrebbe aggirato l'ordinario criterio di determinazione del reddito di lavoro dipendente e verrebbero altresì violati i principi costituzionali di capacità contributiva e di progressività dell'imposizione.Nell'ambito di un piano di welfare aziendale il datore di lavoro consente – nel biennio 2020/2021 – ai lavoratori di scegliere, attraverso la piattaforma web che gestisce l'accordo che individua i benefit messi a disposizione, di vedersi assegnare una borsa di studio a condizione che venga attestata l'iscrizione e la frequenza scolastica da parte di familiari dei dipendenti, il superamento (senza debiti nel caso di scuole primarie o secondarie) dell'anno scolastico o lo svolgimento di un percorso universitario (superamento di almeno la metà degli esami nel caso di percorso universitario), anche se non vengono raggiunti risultati di eccellenza.Quanto alla borsa di studio, la Cm 28/E/2016, nel commentare la nuova formulazione della richiamata lettera f-bis, ha chiarito che tra le borse di studio possono essere ricompresi i contributi datoriali per rimborsare al lavoratore le spese sostenute per le rette scolastiche, le tasse universitarie, i libri scolastici, nonché gli incentivi economici agli studenti che conseguono livelli di eccellenza nell'ambito scolastico. Anche la Cm 238/E/2000 ha precisato che fra i benefit possono essere ricompresi i contributi versati dal datore di lavoro per rimborsare al lavoratore le rette scolastiche, le tasse universitarie, i libri di testo, oltre agli incentivi economici a tutti gli studenti che conseguono livelli di eccellenza nell'ambito scolastico. Quindi l'incentivo economico è detassato se erogato a favore dei soli studenti che conseguono livelli di eccellenza negli studi.Nel caso esaminato, l'erogazione della borsa di studio è, invece, prevista per il normale svolgimento del percorso scolastico da parte del familiare. Ne discende, a parere delle Entrate, la non applicabilità della norma di favore in parola, tenuto altresì conto che l'importo erogabile a titolo di borsa di studio, non essendo commisurata a risultati di eccellenza, appare di ammontare rilevante (non congruo) rispetto al grado d'istruzione raggiunto, e non è neppure erogato a titolo di rimborso delle spese di iscrizione/rette.Diversamente, l'agenzia delle Entrate afferma che è possibile cumulare il credito welfare maturato e non utilizzato, in tutto o in parte, nel primo anno con quello maturato nel secondo anno del biennio. Tale credito dev'essere in ogni caso speso entro il limite temporale di validità del piano, senza tuttavia consentire in alcun caso la convertibilità, anche parziale, in denaro.

Redditi di lavoro dipendente/Rimborsi spese

Risposta Interpello, agenzia delle Entrate 30 aprile 2021, n. 314

Lavoratore in smart working: rimborsi spese non tassabili

L'esclusione dalla tassazione deriva dal fatto che il lavoratore va «ristorato» dal punto di vista patrimoniale per quanto concerne i costi dallo stesso sostenuti nell'interesse del datore di lavoro. Il principio vale anche in relazione ai lavoratori che eseguono la prestazione lavorativa con la modalità del lavoro agile (articoli 18 e seguenti, legge 22 maggio 2017, n. 81).Pertanto, le somme corrisposte da una società per rimborsare i propri dipendenti e quelli delle società dello stesso Gruppo che eseguono la prestazione lavorativa in smart working sono escluse da tassazione, in quanto non costituiscono reddito di lavoro dipendente. La quota di costi rimborsati al dipendente, infatti, è riferibile a consumi sostenuti nell'interesse esclusivo del datore di lavoro. In particolare, l'istante intende rimborsare ai dipendenti le spese che sosterranno per motivi lavorativi quando opereranno presso la propria abitazione, concedendo a ogni lavoratore una somma a rimborso delle spese sostenute per svolgere la propria attività lavorativa in modalità agile anziché presso i locali dell'azienda. Sulla base di precisi parametri (tipologia di spesa, risparmio giornaliero per la società, costo giornaliero per dipendente in smart working), da cui la società ha valutato il consumo di energia elettrica per l'utilizzo di un computer e di una lampada, i costi per l'utilizzo dei servizi igienici (acqua e materiale di consumo) e il riscaldamento nel periodo invernale, e sulla base di determinate condizioni, l'analisi ha condotto a ritenere adeguato un rimborso di 0,50 euro per ogni giorno di lavoro in smart working, anche se, secondo l'istante, l'importo del rimborso giornaliero fissato in 0,50 euro è in realtà inferiore rispetto al risultato relativo al costo giornaliero stimato (pari a 0,5135 euro e a quello risparmiato dalla società pari a 0,5105 euro).Sulla base della situazione, l'agenzia concorda con il contribuente circa la non tassabilità delle somme rimborsate, sulla base della norma e della prassi che segue.L'articolo 51, comma 1, del Tuir prevede che, in linea generale, tutte le somme che il datore di lavoro corrisponde al lavoratore, anche a titolo di rimborso spese, costituiscono per quest'ultimo reddito di lavoro dipendente (cd. principio di onnicomprensività). Sennonché la Cm 326/1997 ha affermato che, in generale, possono essere esclusi da tassazione i rimborsi relative a spese, diverse da quelle sostenute per produrre il reddito, di competenza del datore di lavoro, anticipate dal dipendente, ad esempio, per l'acquisto di beni strumentali di piccolo valore, quali la carta della fotocopia o della stampante, le pile della calcolatrice, ecc. Inoltre, la Rm 178/E/2003 ha chiarito che non rientrano nella base imponibile le somme che non costituiscono un arricchimento per il lavoratore, come gli indennizzi ricevuti a mero titolo di reintegrazione patrimoniale, e che non sono fiscalmente rilevanti, in capo al dipendente, le erogazioni effettuate per un esclusivo interesse del datore di lavoro. Sulla base di questo principio, la Rm 357/E/2007 ha precisato che le somme erogate per rimborsare i costi dei collegamenti telefonici non sono soggette a tassazione, poiché sostenute dal telelavoratore per raggiungere le risorse informatiche dell'azienda messe a disposizione dal datore di lavoro e, quindi, per poter espletare l'attività lavorativa. Il rimborso dei costi relativi ai collegamenti telefonici rientra, infatti, in un'ipotesi, considerata dalla citata Cm 326, di rimborso di spese di interesse esclusivo del datore di lavoro anticipate dal dipendente. Circa la modalità di determinazione dell'ammontare della spesa rimborsata, nella Rm 74/E/2017 viene affermato che, in assenza di un criterio definito dal legislatore per la determinazione della quota esclusa da tassazione, i costi a carico del dipendente nell'esclusivo interesse del datore di lavoro devono essere individuati sulla base di elementi oggettivi, documentalmente accertabili, per evitare che il relativo rimborso concorra alla determinazione del reddito di lavoro dipendente.Nel caso in questione, l'istante rappresenta che il criterio per determinare la quota dei costi da rimborsare ai dipendenti in smart working, in sostanza, si basa su parametri diretti a individuare costi risparmiati dalla società che, invece, sono stati sostenuti dal dipendente. Sulla base di tale circostanza, l'agenzia ritiene corretto che la quota di costi rimborsati al dipendente è riferibile a consumi sostenuti nell'interesse esclusivo del datore di lavoro e concorda con il contribuente, sostenendo che le somme erogate dalla società al fine di rimborsare il dipendente dei costi sostenuti attraverso le modalità rappresentate non sono imponibili ai fini Irpef.

Professionisti/Ritenute

Risposta Interpello, agenzia delle Entrate 30 aprile 2021, n. 312

Consulenza aziendale svolta da un soggetto senza Albo iscritto al Registro delle Imprese: non si applica ritenuta al compenso

Le prestazioni pagate ad un consulente aziendale – la cui attività non rientra fra quelle organizzate in ordini e collegi (cd. senza Albo) – iscritto al Registro delle Imprese non sono assoggettate a ritenuta d'acconto.L'agenzia delle Entrate richiama i contenuti della legge 4/2013 in tema di consulenti «senza Albo» (si tratta di coloro che esercitano attività economiche, anche organizzate, volte alla prestazione di servizi o di opere a favore di terzi, esercitabili abitualmente e prevalentemente mediante lavoro intellettuale, che però non risultano riservate per legge a soggetti iscritti in albi o elenchi) ricordando, in primo luogo, che ai fini di un legittimo affidamento dei terzi costoro hanno l'obbligo di citare, sempre, in ogni documento e rapporto scritto con il cliente, il riferimento alla citata legge. In particolare, il comma 3 dell'articolo 1 della legge prevede che «Chiunque svolga una delle professioni di cui al comma 2 contraddistingue la propria attività, in ogni documento e rapporto scritto con il cliente, con l'espresso riferimento, quanto alla disciplina applicabile, agli estremi della presente legge» e, in caso di inosservanza di tale disposizione, il professionista è sanzionabile ai sensi del Codice del consumo (Dlgs 206/2005), per aver attuato una pratica commerciale scorretta nei confronti del consumatore, con un'ammenda amministrativa pecuniaria che varia in funzione della gravità e della durata della violazione. Riguardo alla modalità di esercizio della professione, il comma 5 dell'articolo 1, legge 4/2013 dispone che «La professione è esercitata in forma individuale, in forma associata, societaria, cooperativa o nella forma del lavoro dipendente», lasciando al prestatore per il quale non è prevista l'iscrizione ad un Albo professionale la libertà di scegliere la modalità di svolgimento della propria attività.Ai fini fiscali l'agenzia puntualizza che tale previsione normativa lascia, quindi, la libertà al contribuente, per il quale non è prevista l'iscrizione ad un Albo professionale, di scegliere la modalità con la quale svolgere la propria attività, ossia se in forma d'impresa o di lavoro autonomo. Sul punto, però, l'agenzia delle Entrate non entra nel merito della modalità con cui si organizza il servizio e della conseguente distinzione fra reddito d'impresa o professionale proprio in funzione di tale fondamentale principio, ma ribadisce un concetto di natura fiscale specificando che nel caso in cui il prestatore del servizio svolga la propria attività come lavoratore autonomo, il committente della prestazione, se riveste la qualità di sostituto d'imposta, è tenuto ad operare una ritenuta d'acconto del 20% (articolo 25, Dpr 600/1973). Viceversa, qualora l'attività sia svolta in forma di impresa (come impresa individuale o società), l'importo corrisposto non dev'essere assoggettato ad alcuna ritenuta a titolo d'acconto.Fatte le premesse, nel caso in esame, l'agenzia ritiene che, trattandosi di «prestazioni di consulenza aziendale eseguite da un consulente titolare di una ditta individuale iscritta al registro delle imprese con regolare partita iva», il corrispettivo dovuto non è soggetto a ritenuta.

Società/Recesso

Risposta Interpello, agenzia delle Entrate 30 aprile 2021, n. 306

Società di persone: imputazione del reddito in caso di modifiche della compagine sociale

In materia societaria, il recesso del socio si configura quale facoltà attribuita al singolo partecipante di sciogliersi unilateralmente dal vincolo che lo unisce agli altri soci. In sostanza, si tratta di un atto giuridico unilaterale, il quale si perfeziona ed esplica effetto (generalmente e salvo diverse previsioni statutarie) nei confronti della società e dei soci, dal momento in cui perviene a loro conoscenza. Riguardo, però, all'ambito di efficacia di tale manifestazione di volontà unilaterale nei confronti dei terzi (fra i quali il Fisco) il recesso dell'istante integra una modificazione dell'atto costitutivo soggetta – ai sensi del combinato disposto degli articoli 2295 e 2300 del Codice civile – ad iscrizione nel Registro delle Imprese.Ai fini dell'opponibilità a terzi, il Codice civile prescrive una forma di pubblicità dei fatti modificativi del contratto sociale. Anche il recesso dalla società di uno dei partecipanti dev'essere effettuato secondo precise formalità: non basta la mera comunicazione per raccomandata, ma occorre riportare la notizia del recesso mediante iscrizione – a cura degli amministratori della società – nel Registro delle Imprese entro 30 giorni dall'evento. Fino a quel momento il socio continua a essere tale con tutti i diritti e i doveri conseguenti. Anche il Mise (direttiva 27 aprile 2015), nel fornire istruzioni per garantire uniformità di comportamento delle Camere di Commercio su tutto il territorio nazionale, ha precisato –in materia di decesso, recesso ed esclusione del socio di società di persone di cui agli articoli 2284-2290 del Codice civile – quanto segue, con particolare riferimento al recesso: «Il recesso del socio di società di persone di cui all'art. 2285 del codice civile costituisce un fatto modificativo dell'atto costitutivo; deve, pertanto, per il combinato disposto degli artt. 2295 e 2300 del codice civile, essere oggetto di iscrizione nel registro delle imprese.Il mezzo idoneo per portare a conoscenza dei terzi, ai sensi dell'art. 2290, comma 2, del codice civile, lo scioglimento del rapporto sociale limitatamente ad un socio di società di persone, ivi inclusa la società semplice, è, alla luce dell'evoluzione della normativa in materia di pubblicità d'impresa, l'iscrizione della notizia nel registro delle imprese.La notizia del recesso va iscritta a cura di uno degli amministratori.Non è legittimato allo svolgimento dell'adempimento pubblicitario il socio receduto.Ai sensi dell'art. 2300 del codice civile l'adempimento pubblicitario va eseguito entro trenta giorni dal momento in cui la comunicazione di recesso è divenuta efficace (pertanto, decorsi tre mesi dall'ultima 'notifica' nel caso di recesso ai sensi dell'art. 2285 comma 1, del codice civile; decorsi trenta giorni dall'ultima 'notifica' nel caso di recesso ai sensi dell'art. 2285, comma 2, del codice civile.(...)Nell'ipotesi in cui gli amministratori omettano di eseguire l'adempimento pubblicitario nel caso previsto dall'art. 2285 comma 1, del codice civile (cosiddetto recesso ad nutum) il socio receduto può promuovere, mediante presentazione di un esposto all'ufficio del registro delle imprese, l'attivazione della procedura di iscrizione d'ufficio della notizia ai sensi dell'art. 2190 del codice civile.Nell'ipotesi di recesso 'nei casi previsti nel contratto sociale' (art. 2285 comma 2, del codice civile), se gli amministratori non danno seguito alla comunicazione di recesso del socio, appare possibile l'attivazione, da parte di quest'ultimo, della procedura d'iscrizione d'ufficio di cui all'articolo 2190 del codice civile solo laddove l'evento dedotto non implichi valutazioni di merito da parte dell'ufficio del registro delle imprese (...).A seguito della presentazione dell'istanza per l'iscrizione del recesso, ovvero all'esito della procedura d'ufficio di cui all'art. 2190 del codice civile, ovvero, ancora, all'esito di una decisione del tribunale in tal senso, l'ufficio del registro delle imprese provvede ad iscrivere la notizia del recesso sulla posizione del socio. La notizia così iscritta ha l'efficacia pubblicitaria di cui all'articolo 2193 del codice civile».Quindi, se l'iscrizione del recesso è avvenuta nel 2020, deriva che nel 2019 la compagine sociale della società non è mutata. Il reddito prodotto in quell'anno, pertanto, dev'essere riferito a tutti i soci che rivestono tale qualifica alla chiusura del periodo d'imposta, inclusa l'istante.

Riscossione/Codici tributo

Risoluzione agenzia delle Entrate 30 aprile 2021, n. 29/E

Rivalutazione dei beni d'impresa e affrancamento del saldo attivo della rivalutazione: codici tributo

Sono stati istituiti i codici tributo per il versamento, tramite il modello F24, delle imposte sostitutive dovute per la rivalutazione dei beni d'impresa e delle partecipazioni e per l'affrancamento del saldo attivo della rivalutazione, ai sensi dell'articolo 110, Dl 14 agosto 2020, n. 104 (Decreto Agosto), nonché per l'affrancamento del saldo attivo della rivalutazione relativamente al settore alberghiero termale, ai sensi dell'articolo 6-bis, Dl 8 aprile 2020, n. 23 (Decreto Liquidità).Si ricorda che l'articolo 110 del Decreto Agosto ha previsto la possibilità di rivalutare – nel bilancio 2020 – i beni d'impresa e le partecipazioni (terreni, fabbricati, impianti, macchinari, attrezzature, marchi, brevetti) risultanti dal bilancio dell'esercizio in corso al 31 dicembre 2019, fatta eccezione per gli immobili alla cui produzione o al cui scambio è diretta l'attività di impresa, nonché di affrancare il saldo attivo della rivalutazione.Il maggior valore attribuito ai beni e alle partecipazioni si considera riconosciuto, ai fini delle imposte sui redditi e dell'Irap, già a decorrere dall'esercizio successivo a quello con riferimento al quale la rivalutazione è stata eseguita (quindi già nel 2021), mediante il versamento di un'imposta sostitutiva nella misura del 3%, sia per i beni ammortizzabili che per quelli non ammortizzabili.Il saldo attivo della rivalutazione può essere affrancato, in tutto o in parte, pagando un'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell'Irap nella misura del 10%.Le imposte sostitutive sul saldo attivo della rivalutazione e sul maggior valore attribuito ai beni rivalutati devono essere versate in un massimo di tre rate di pari importo, di cui la prima con scadenza entro il termine di versamento per il saldo delle imposte sui redditi relative al periodo d'imposta con riferimento al quale la rivalutazione è eseguita (in genere entro il 30 giugno 2021) e le altre due entro il termine, rispettivamente, previsto per il versamento a saldo delle imposte sui redditi relative ai periodi d'imposta successivi.Il pagamento degli importi può avvenire, tramite il modello F24, anche avvalendosi dell'istituto della compensazione (articolo 17, Dlgs 241/1997).Dunque, per consentire tale versamento sono istituiti i codici tributo: «1857» e «1858».Inoltre, l'articolo 6-bis, comma 1, del Decreto Liquidità ha previsto per i soggetti operanti nei settori alberghiero e termale la possibilità di rivalutare i beni d'impresa e le partecipazioni, ad esclusione degli immobili alla cui produzione o al cui scambio è diretta l'attività di impresa, risultanti dal bilancio dell'esercizio in corso al 31 dicembre 2019.In particolare, l'imposta sostitutiva sul saldo attivo della rivalutazione dev'essere versata nella misura del 10% con le modalità indicate all'articolo 1, comma 701, 160/2019 (Legge di bilancio 2020), in un massimo di tre o sei rate di pari importo. Gli importi da versare possono anche essere compensati.Il neonato codice da utilizzare è il «1859».

Dichiarazioni dei redditi/Precompilata

Provvedimento agenzia delle Entrate 7 maggio 2021

730 precompilato: accesso da parte del contribuente e degli altri soggetti autorizzati

Il provvedimento definisce le modalità di accesso alla dichiarazione 730 precompilata relativa all'anno 2020 da parte del contribuente e degli altri soggetti dallo stesso autorizzati (Caf, professionisti abilitati e sostituti d'imposta).Inoltre, con lo stesso provvedimento, viene integrato l'elenco degli oneri detraibili e deducibili trasmessi da soggetti terzi per l'elaborazione della dichiarazione 730 precompilata.