Imposte

Siiq, sul regime fiscale armonizzazione alla Ue non più rinviabile

Circolare Assonime: rimozione dei vincoli sui comparabili Reits per favorire gli investimenti

di Enrico Pauletti

Il regime fiscale delle Siiq deve essere aggiornato non solo per rimuovere le palesi discriminazioni, lesive del diritto dell’Unione, che l’attuale sistema normativo crea in danno degli operatori comparabili (i cosiddetti Reits) stabiliti in Paesi Ue/SEE, ma anche per favorire l’afflusso sul mercato domestico dei capitali di tali operatori, ai quali eventualmente richiedere di quotare i propri titoli anche in Italia, il che consentirebbe al mercato immobiliare quotato italiano di recuperare l’evidente gap dimensionale rispetto ai comparables europei.

Queste, in sintesi, le conclusioni della Circolare 15/2023 pubblicata da Assonime con cui, prendendo spunto da alcune recenti risposte dell’Agenzia delle Entrate, ha operato un’approfondita, quanto apprezzabile, ricostruzione sistematica dell’istituto per metterne in luce la genesi, la funzione economica (inclusa la complementarietà/fungibilità rispetto agli altri veicoli d’investimento professionale nel mercato immobiliare - i Fondi e le Sicaf - rispetto ai quali non sono giustificati trattamenti non omogenei) e le conseguenti implicazioni fiscali, sintomatiche delle denunciate limitazioni delle libertà fondamentali dell’Unione (in particolare con riguardo alla libertà di stabilimento) lesive del principio di unità del mercato.

Dopo un’accurata ricostruzione tecnico-normativa, Assonime evidenzia l’urgenza nell’adozione degli auspicati correttivi, da tempo richiesti dagli operatori internazionali del mercato immobiliare.

Le leve attraverso cui la riforma dovrebbe avvenire sono due:

1. l’aggiornamento della misura dell’imposta sostitutiva (attualmente del 20%) cui è soggetto il reddito della «gestione esente» delle branch dei Reits Ue/See (che andrebbe ridotta al 5% in coerenza con i principali trattati contro la doppia imposizione);

2. la previsione della possibilità per i medesimi operatori di partecipare in modo equivalente alle Siiq italiane al capitale dei veicoli non quotati, le Siinq.

Inoltre, laddove la riforma fosse accompagnata, come richiesto dal mercato (Assolombarda), da un contestuale obbligo di double listing per i Reits Ue/See, oltre che nel paese di origine e stabilimento anche in Italia, la riforma avrebbe l’ulteriore effetto virtuoso di rendere dimensionalmente più ampio e liquido il mercato di settore. È noto, infatti, che il segmento immobiliare quotato italiano è del tutto sottodimensionato (pari, secondo recenti studi di Nomisma, allo 0,04% del Pil nazionale in termini di capitalizzazione) rispetto a mercati comparabili (la media europea è del 2,8%) con ricadute nocive non solo sull’afflusso di capitali esteri, ma anche sul mantenimento in Italia dei capitali degli investitori istituzionali nazionali (enti di previdenza, fondi pensione, assicurazioni, eccetera) tenuti per politica di investimento a destinare parte delle risorse all’immobiliare quotato (che, in mancanza di offerta sul listino nazionale, devono necessariamente guardare oltre frontiera).

La riforma normativa delle Siiq riveste certamente profili di urgenza per rimediare alle richiamate (palesi) violazioni delle libertà fondamentali dell’Unione. L’auspicio è che di essa si faccia carico un veicolo normativo “ad hoc”.

La stessa, tuttavia, potrebbe anche trovare appropriati sostegni all’interno del Ddl delega per la riforma fiscale attualmente all’esame del Parlamento. In tale ambito, infatti, le previsioni sia dell’articolo 3 (Princìpi generali relativi al diritto tributario dell’Unione europea e internazionale), sia dell’articolo 6 (Princìpi e criteri direttivi per la revisione del sistema di imposizione sui redditi delle società e degli enti) già contengono dei riferimenti che, se interpretati in modo appropriato, potrebbero supportare misure attuative di riforma nel senso indicato. Ciò non toglie, tuttavia, che un intervento nella Legge delega volto a chiarire, tra i principi e criteri direttivi, anche le evidenziate esigenze di non discriminazione e di permeabilità e complementarietà tra strumenti di investimento, sarebbe certamente auspicabile.

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