Controlli e liti

Commissioni alla branch: per contestare il metodo va provata la sua erroneità

L’ufficio non può cambiare la metodologia per la determinazione dei prezzi di trasferimento applicata dal contribuente senza adeguate giustificazioni e analisi. A dirlo è la Ctp Milano 2982/5/2021 (presidente Nocerino, relatore Chiametti).

La controversia trae origine da una contestazione, ex articolo 110 comma 7 del Tuir, della remunerazione riconosciuta alla stabile organizzazione italiana di una banca non residente per le attività di vendita a clienti italiani di prodotti finanziari negoziati dalla banca sul mercato di Londra. In particolare, la branch percepiva il 20% della commissione riconosciuta dal cliente quando svolgeva attività di origination, ovvero di intermediazione tra lo stesso e la casa madre estera che era responsabile della vendita. La percentuale era invece elevata al 50% quando le vendite venivano concluse direttamente dalla branch. La politica di transfer pricing applicata era supportata da analisi che erano state predisposte dal contribuente utilizzando il metodo Tnmm.

In sede di verifica l’ufficio contestava la metodologia applicata in quanto ritenuta non adeguata a remunerare altre attività della branch, quali la consulenza sulla solvibilità dei clienti, l’identificazione degli stessi, la gestione amministrativa degli aspetti contrattuali e la ricerca di nuovi mercati di sviluppo. Per tale motivo avrebbe dovuto essere adottato il profit split con conseguente aumento della percentuale per l’origination dal 20% al 35% e per la vendita dal 50% al 70% (già applicata dal contribuente in anni precedenti).

La Ctp ha annullato l’accertamento, valorizzando la documentazione predisposta dal contribuente. I giudici evidenziano la distinzione tra le attività di vendita svolte dalla branch e i relativi rischi: anche volendo ampliare le attività in capo alla stabile organizzazione, la decisione finale sull’accettazione del cliente e il sostenimento del relativo rischio di credito rimaneva in capo alla casa madre che pertanto svolgeva le attività più a valore aggiunto. Pertanto nessun aggiustamento doveva essere applicato alla remunerazione intercompany. La decisione è in linea con i principio Ocse e con il provvedimento del 5/04/2016 che evidenziano chiaramente la differenza tra attività di svolgimento di una determinata funzione, che ha natura più routinaria, e attività di controllo della funzione e sostenimento dei relativi rischi (cosiddette funzioni Kert per le stabili di istituti finanziari), più a valore aggiunto.

Secondo la Ctp il cambio di metodo, dal Tnmm al profit split, non è adeguatamente fondato in quanto non è sufficiente affermare che un metodo è meglio di un altro ma occorre dare prove della sua erroneità, altrimenti si finirebbe per ledere la «autonomia organizzativa insindacabile dell’imprenditore». Secondo l’aricolo 4, comma 6 del Dm 14 maggio 2018, se il contribuente ha applicato un metodo che rispetta i criteri di selezione previsti, la verifica si deve basare su tale metodo.

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