Controlli e liti

Sulla clausola penale del contratto d’affitto nessuna tassa ad hoc

Per la Ctp di Cagliari n. 146/2/2022 non si sconta una ulteriore imposta di registro, oltre a quella già versata per la registrazione del contratto

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di Rosanna Acierno

La pattuizione apposta dal locatore ad un contratto di locazione al fine di disporre il risarcimento in caso di mancato pagamento del canone da parte del conduttore non sconta una ulteriore imposta di registro, oltre a quella già versata per la registrazione del contratto.

È questa la conclusione a cui è giunta la Ctp di Cagliari, con la sentenza n. 146/2/2022 (presidente e relatore Galdiero), sconfessando la posizione assunta da numerosi uffici territoriali che continuano a notificare avvisi di liquidazione per richiedere, in solido al locatore e al conduttore, l’imposta di registro di 200 euro, oltre a interessi e sanzioni, per eventuali clausole penali apposte a contratti di affitto già registrati.

In particolare, la controversia posta a base della decisione dei Giudici cagliaritani trae origine dalla registrazione di un contratto di locazione contenente una clausola penale, registrato senza pagare la somma (ulteriore rispetto all'imposta principale) di euro 200.

Il locatore impugnava così l’atto impositivo dinanzi alla Ctp di Cagliari, eccependo l’illegittimità della pretesa per violazione dell’articolo 21 del Dpr n. 131/86, sostenendo che la clausola inserita nel contratto, lungi dal rappresentare una pattuizione autonoma, era di fatto accessoria al contratto.

Nell'accogliere il ricorso e ritenere, dunque, illegittima la pretesa dell’ufficio, la Ctp di Cagliari ha fatto rilevare che la clausola penale integra per sua natura una disposizione strettamente vincolata e dipendente dall’obbligazione principale, in relazione alla quale assume carattere del tutto accessorio, con la mera funzione di rafforzare il vincolo contrattuale e liquidare preventivamente la prestazione risarcitoria. Essendo, quindi, priva di autonoma rilevanza, essa non può essere tassata autonomamente.

La questione affrontata dai giudici milanesi è di sicuro interesse in quanto, generalmente, in un contratto di affitto, al fine di tutelarsi da eventuali inadempimenti o da risoluzioni anticipate, sia il locatore che il locatario prevedono, volontariamente, l'inserimento in esso di clausole penali (disciplinate dall’articolo 1382 del Codice civile) con cui si stabilisce, in via preventiva, la somma che dovrà essere corrisposta da una delle parti all'altra in caso di inadempimento, o di una caparra confirmatoria (disciplinata dall’articolo 1385 del Codice civile) che, invece, implica il versamento anticipato della somma in caso di inadempimento.

Tuttavia se, sotto il profilo civilistico, le due previsioni contrattuali sono autonomamente ed esplicitamente regolamentate, non si può dire lo stesso sotto il profilo fiscale. Ai fini del registro, infatti, il Dpr 131/86 individua soltanto il trattamento impositivo applicabile alla caparra confirmatoria, prevedendone l'assoggettamento ad imposta di registro proporzionale nella misura dello 0,50% (nota all'art. 10 della Tariffa, Parte I allegata al Dpr 131/86). Il medesimo Dpr 131/86, invece, non prevede espressamente il regime applicabile alla clausola penale. Il silenzio della norma, dunque, può indurre i contraenti a non assoggettare la clausola penale ad un’autonoma ed ulteriore imposta di registro e a versare soltanto quella per la registrazione del contratto di affitto.

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