Controlli e liti

La rottamazione-ter azzera gli interessi

Per la Ctr Lombardia 2402/2/2022 gli interessi maturati a seguito del venir meno della sospensione giudiziale dell’atto impugnato non sono dovuti

di Emanuele Mugnaini

Non sono dovuti gli interessi maturati a seguito del venir meno della sospensione giudiziale dell’atto impugnato, qualora il contribuente abbia usufruito della Rottamazione ter. Così si è espressa la Ctr della Lombardia con la sentenza 2402/2/2022 (presidente Proietto, relatore Crespi).

Un contribuente veniva raggiunto da una cartella esattoriale relativa agli interessi dovuti a seguito del venir meno della sospensione giudiziale di una cartella che, nel frattempo, era stata aggetto di definizione agevolata ai sensi dell’articolo 3 del Dl 119/2018. Questi proponeva ricorso eccependo che gli interessi da sospensione, essendo accessori della cartella principale, non erano dovuti poiché la rottamazione aveva travolto anche la pretesa relativa a questi ultimi.

Il ricorso veniva accolto in primo grado sul presupposto che, con l’adesione alla rottamazione, il credito vantato dall’Erario si era estinto e la somma versata per la definizione fosse omnicomprensiva di qualsiasi importo connesso, non essendo ammesse richieste “postume” di ulteriori importi da versare a qualsiasi titolo. Proponeva appello l’amministrazione finanziaria, eccependo che gli interessi richiesti a seguito del venir meno della sospensione giudiziale ex articolo 47 del Dlgs 546/1992 non rientrassero nel novero delle somme definibili, questo perché il comma 1 dell’articolo 3 della norma agevolativa espressamente cita, come non dovuti, unicamente gli interessi di mora di cui all’articolo 30 del Dpr 602/73, relativi al ritardato pagamento della cartella, mentre, nel caso di specie, questi erano assimilabili a quelli, disciplinati al successivo articolo 39, dovuti in caso di sospensione amministrativa della riscossione.

I giudici lombardi, nel respingere il gravame erariale, pur ammettendo la non univocità delle giurisprudenza di merito sulla questione, hanno osservato, innanzitutto, come l’articolo 39 prevede, quale presupposto applicativo, che la sospensione sia stata disposta in sede amministrativa a seguito di un provvedimento dell’ufficio, mentre, nel caso di specie, questa era stata decisa in sede giurisdizionale.

Ulteriormente, il collegio ha rilevato come gli interessi dovuti a seguito della revoca della sospensione giudiziale siano equiparabili a quelli di mora di cui al menzionato articolo 30 del Dpr 602/1973, essendo alternativi rispetto a questi ultimi, dovuti anch’essi a seguito della messa in mora del contribuente, per la medesima ragione - il ritardo nel pagamento - e con riferimento allo stesso arco temporale.

Il collegio ha osservato, infine, come gli interessi scaturenti dalla revoca della ordinanza cautelare di sospensione siano applicabili unicamente in conseguenza del rigetto del ricorso giudiziale, fatto che, nel caso di specie, non si era verificato poiché il contribuente si era avvalso della definizione agevolata, con espressa rinuncia alla prosecuzione del contenzioso pendente.

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