Imposte

Aziende energetiche, prelievo straordinario sugli extra-profitti

Ritorno della Robin Hood tax, con l’obiettivo di colpire gli extra profitti del comparto energetico

di Giovanni Esposito

A 7 anni dall’incostituzionalità della Robin Hood Tax, istituita nel 2008, lo Stato italiano ci riprova. Il fine è il medesimo (colpire gli extra-profitti del comparto energetico garantiti dal forte incremento del prezzo del petrolio), ma il mezzo diverso.

La precedente misura introduceva un prelievo aggiuntivo strutturale, quantificato «addizionale», all’Ires per le imprese operanti in determinati settori (upstream e downstream di idrocarburi, produzione e vendita di energia da elettrica da fonti non rinnovabili) pari al 5,5%, successivamente innalzato al 6,5% e, dalla Finanziaria 2011 fino all’efficacia della sentenza della Consulta, avvenuta il 12 febbraio 2015, portato al 10,5 per cento. La ratio del prelievo consisteva nel colpire sia i profitti derivanti dalla rivalutazione delle scorte in caso di aumento del prezzo del petrolio, sia quelli superiori alla misura “normale”. La Robin Hood Tax era, pertanto, una “maggiorazione di aliquota” dell’Ires, applicabile (senza sostanziale specificità di disciplina) ai medesimi presupposto e imponibile.

Diversamente, la base imponibile del contributo di cui all’articolo 37 del Dl 21/2022 è costituita dall’incremento del saldo tra le operazioni attive e passive ai fini Iva, riferito al periodo dal 1° ottobre 2021 al 31 marzo 2022, rispetto al saldo dal 1° ottobre 2020 al 31 marzo 2021. Sono tenuti al pagamento i soggetti che esercitano l’attività di estrazione di gas naturale, produzione e rivendita di energia elettrica e gas metano, produzione, distribuzione e commercio di prodotti petroliferi; nonché i soggetti che, per la successiva rivendita, importano a titolo definitivo o introducono da altri Stati Ue energia elettrica, gas e prodotti petroliferi. È, quindi, esclusa l’attività di estrazione di prodotti petroliferi.

Il prelievo, indeducibile ai fini delle imposte dirette, si applica nella misura del 10% a condizione che l’incremento sia superiore a 5 milioni in valore assoluto e del 10% in termini relativi. Il contributo è liquidato e versato entro il 30 giugno 2022, con adempimenti e modalità da definirsi con successivo provvedimento.

Dalla lettura della Reazione tecnica allegata, su una base imponibile stimata in 39,8 miliardi, il contributo atteso è pari a poco meno di 4 miliardi, però sui presupposti sui quali poggia la proiezione è richiesto un atto di fede: invero si fa astrattamente riferimento all’individuazione delle imprese potenzialmente interessate in base ai dati della fatturazione elettronica e dei corrispettivi telematici per il quarto trimestre 2021, ovvero a margine linearmente riproporzionato per il primo bimestre 2022.

Il contributo, nell’intento di superare le censure della precedente misura, non colpisce il reddito in modo strutturale, ma l’incremento della redditività (cioè lo scarto tra reddito netto e costo), identificata, in maniera un po’ grossolana, come la differenza tra le vendite e gli acquisti rilevanti ai fini Iva, non considerando le variazioni del costo del personale e degli ammortamenti.

Se appare condivisibile il tentativo di incidere selettivamente sui profitti di congiuntura in modo temporaneo (il prelievo del 2008 fu immaginato come permanente), ben poco convincente e l’individuazione temporale del reddito “normale” (presupposto per i profitti “eccessivi”): difatti l’extra guadagno viene quantificato come differenza rispetto a un periodo pandemico, nel quale il Brent ha toccato i valori più bassi da inizio secolo.

Senza alcuna pretesa di scientificità sull’incidenza della misura, la lettura dei dati del gruppo Oil & Gas per il quale è ipotizzabile il maggior gettito, consiglierebbe, in sede di conversione, un ripensamento sugli intervalli temporali presi a riferimento: infatti l’utile operativo Eni dell’ultimo trimestre 2021, indubbiamente eccezionale (5,6 miliardi), è 20 volte quello del quarto trimestre 2020 (0,3 miliardi) utilizzato a parametro per il contributo, ma “solo” 2,5 volte quello medio (2,3 miliardi) del triennio precedente. Allo stesso modo si potrebbe intervenire almeno per una parziale deducibilità ai fini Ires e Irap del prelievo. Se ne gioverebbe la traballante conformità agli articoli 3 e 53 della Costituzione per mancanza di un indice di capacità contributiva e ingiustificata disparità di trattamento tra le imprese operanti nei settori assoggettati e le altre.

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