Imposte

Divorzio, per l’assegno di mantenimento lo stato di necessità va accertato

di Giorgio Vaccaro

No all'assegno divorzile per una ex moglie, laureata in scienze politiche che, pur depositando dichiarazioni dei redditi negative, non giustifica la destinazione del denaro ricavato dalla vendita di un immobile ed affronta spese - anche di locazione - che fanno ritenere al Collegio che la stessa abbia la disponibilità di altre entrate (Tribunale di Roma, Sentenza del 23 giugno 2017, giudice Stefania Ciani).

Questo l’esito della domanda svolta da una ex moglie che, dopo una consensuale - nella quale si pattuiva l’autonomia dei due coniugi, quali titolari di reddito personale – all’atto del richiedere lo scioglimento del matrimonio, insisteva affinché il Tribunale le riconoscesse l’assegno divorzile, sul presupposto di non aver «redditi propri», perché priva di una stabile occupazione, dato che le docenze saltuarie e le traduzioni che svolgeva per terzi non fornivano, comunque, una redditualità certa.

Alla domanda si opponeva il marito deducendo uno stato di non occupazione: nel corso del processo questi aveva poi riconosciuto di essere stato assunto da altra società e quindi di disporre, nuovamente, di un reddito da lavoro.

Sentenza al passo coi tempi
Il Tribunale di Roma, con una sentenza particolarmente attenta ai nuovi insegnamenti della Cassazione (svolti con sentenza 11504/2017) ripercorre «le principali tappe dell’evoluzione giurisprudenziale» in tema di assegno di divorzio dimostra di avere aderito all’insegnamento della richiamata sentenza della Suprema corte, sia in ordine alla duplicità delle fasi d’analisi per giungere al riconoscimento o meno dell’assegno divorzile sia, sopratutto, nel considerare l’elemento del “tenore di vita” come un elemento, ormai definitivamente, archiviato e superato.

Per il tribunale della capitale, l’assegno divorzile è richiedibile solo ove venga offerta nel processo da parte della richiedente «la prova certa di non aver mezzi adeguati a provvedere al proprio mantenimento e di essere nell’impossibilità di poterseli procurare». In difetto, l’inesistenza di ragioni di solidarietà economica portano l’eventuale riconoscimento del diritto di assegno, ad essere omologato a una «locupletazione (arricchimento ndr) illegittima», in quanto fondata esclusivamente sul fatto della mera preesistenza di un rapporto matrimoniale, ormai estinto. In altre parole il discrimine tra solidarietà economica e illegitttimo arricchimento sta proprio, perciò, nel giudizio sulla esistenza, o meno, delle condizioni del diritto all’assegno, da svolgersi nella prima fase di valutazione.

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