Professione

Commercialisti: non escludere i laureati di economia dal concorso per i giudici tributari

Il Consiglio nazionale ha formalizzato in una missiva inviata ai ministeri della Giustizia e dell’Economia le richieste. De Nuccio: rivedere i limiti per l’impugnazione al giudice monocratico

di Ivan Cimmarusti

Accesso al concorso per nuovo giudice tributario anche ai laureati in Economia e modifica dei limiti di impugnabilità delle sentenze del nuovo magistrato monocratico. Sono tra le richieste che Elbano de Nuccio, presidente del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili (Cndcec), ha formalizzato in una missiva inviata ai ministeri della Giustizia e dell’Economia e alle rispettive commissioni parlamentari.

L’istanza arriva in un momento incandescente per la riforma della giustizia fiscale, il cui Ddl è approdato alla commissione Finanze del Senato. Il riassetto “ordinamentale” piace, ma ci sono aspetti che per i professionisti vanno modificati (si veda l’articolo di Nt+ Fisco del 6 giugno).

Nulla da ridire sulla modifica dello status del giudice, che passa da onorario e part-time a professionale e a tempo pieno. Ma la scelta di escludere i laureati in Economia dai concorsi -che saranno banditi a partire dal 2023 – «appare disallineata rispetto alla richiamata finalità di rafforzamento della specializzazione dei giudici tributari».

Sono le stesse materie previste dalle prove ad aver portato de Nuccio a chiedere una modifica del Ddl: diritto tributario, contabilità e bilancio, «fondamentali – dice - per il giudizio fiscale», sono alla base del corso di studi in Economia. «È evidente – spiega nella missiva - che l’esclusione dei laureati in Economia priva la giustizia tributaria di quel bagaglio di competenze tecnico-professionali nelle richiamate materie fiscali, di contabilità aziendale e bilancio» che, «com’è noto», non sono invece rinvenibili nei laureati in Giurisprudenza». Aggiunge che «un laureato in Economia che superi le prove di esame nelle materie previste, incluse dunque quelle più propriamente giuridiche, potrebbe favorevolmente garantire una maggiore interdisciplinarietà dei collegi giudicanti». Per questo, chiede la modifica del Ddl «al fine di rimuovere l’ingiustificata disparità di trattamento dell’attuale testo normativo».

A non convincere i commercialisti c’è anche la competenza del nuovo giudice monocratico di primo grado, che potrà definire cause del valore fino a 3mila euro (in media sono il 30% del totale ma pesano lo 0,2% sui 7,4 miliardi del valore complessivo delle liti di primo grado). Secondo il Ddl, l’impugnazione è esclusa per motivi di merito. Tuttavia, secondo de Nuccio, «la previsione risulta in contrasto con le prerogative di difesa dei contribuenti, venendo meno il diritto al doppio grado del giudizio di merito. Una penalizzazione del tutto ingiustificata se si considera che le controversie fino a 3mila euro, ancorché di importo minore, si riferiscono ad atti impositivi recanti il recupero di somme pari a più del doppio e restano comunque caratterizzate da un grado di complessità mediamente elevato, indipendentemente dal minor valore delle stesse. Le previste limitazioni dei motivi di appello rendono dunque soltanto eventuale la possibilità per il contribuente di potersi rivolgere ad un giudice di merito in composizione collegiale, con grave nocumento del proprio diritto di difesa».

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©