Imposte

Il fisco incentiva la distribuzione degli utili prodotti fino al 2016

Entro fine anno scade il regime transitorio che evita la ritenuta del 26 per cento. Da valutare i dividendi 2017 perché entrano nel reddito complessivo per il 58,14%

di Marco Piazza

Il 2022 è l’ultimo anno in cui le persone fisiche residenti in Italia titolari di partecipazioni qualificate possono beneficiare del regime transitorio di tassazione dei dividendi formati con utili prodotti fino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2017.

Dal 1° gennaio 2018, la ritenuta del 26% sui dividendi percepiti dalle persone fisiche residenti al di fuori dell’esercizio d’impresa si applica indistintamente sui dividendi relativi a partecipazioni qualificate e non qualificate in società italiane ed estere (articolo 1, commi 999 e successivi, della legge 205 del 2017). Fanno eccezione gli utili provenienti da paesi a fiscalità privilegiata che concorrono integralmente alla formazione del reddito complessivo del socio a meno che non siano già stati tassati per trasparenza o sia dimostrabile che, dalla partecipazione, non si sia conseguito l’effetto di localizzare i redditi in Paesi a fiscalità privilegiata.

Il comma 1006 della legge 205, tuttavia, reca un regime transitorio in base al quale «alle distribuzioni di utili derivanti da partecipazioni qualificate formatesi con utili prodotti fino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2017, deliberati fino al 31 dicembre 2022, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al Dm 26 maggio 2017». Di conseguenza tali utili, anziché essere soggetti alla ritenuta d’imposta del 26% prevista dal regime vigente, continuano a essere dichiarati nel quadro RL del modello Redditi nelle misure ridotte previste dal Dm in questione. In particolare:

● gli utili prodotti dalla società che eroga i dividendi fino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2007 concorrono a formare il reddito complessivo nella misura del 40 per cento;

● per quelli prodotti dall’esercizio successivo, fino a quello in corso al 31 dicembre 2016, la misura è elevata al 49,72 per cento;

● per quelli prodotti dall’esercizio successivo, fino a quello in corso al 31 dicembre 2017, la misura è elevata al 58,14 per cento.

Laddove possibile la distribuzione entro fine anno delle riserve formate con utili prodotti fino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2016 è sempre conveniente; mentre la distribuzione delle riserve che concorrono a formare il reddito complessivo nella misura del 58,14% non è, di norma, conveniente a causa dell’incidenza delle addizionali regionali e comunali.

Naturalmente la scelta è condizionata da numerosi altri fattori, spesso prevalenti, come l’equilibrio patrimoniale e finanziario della società, l’effetto di anticipazione dell’imposta e l’impatto che la distribuzione può avere sulla base di calcolo dell’aiuto alla crescita economica (Ace). Circostanze che possono far propendere per non deliberare la distribuzione.

Sempre se possibile è conveniente ottenere la distribuzione dei dividendi relativi a partecipazioni qualificate in società estere, a patto che non si tratti di utili provenienti da Paesi a fiscalità privilegiata. In questo caso, infatti, si può, infatti, beneficiare anche del tax credit per le imposte pagate all’estero (ancorché nei limiti di quelle previste dalle convenzioni contro le doppie imposizioni e in proporzione alla quota di dividendo imponibile in Italia) che, altrimenti, sarebbe negato. L’abbattimento dell’imponibile combinato con il tax credit determina un’imposta complessiva significativamente inferiore all’imposta sostitutiva del 26% sul dividendo lordo (o, nel caso di dividendo percepito per il tramite di intermediari italiani, sul cosiddetto «netto frontiera», ossia al netto delle ritenute subite all’estero).

Il regime transitorio si applica alle distribuzioni di utili «deliberate fino al 31 dicembre 2022». Non pare quindi necessario che il dividendo sia messo in pagamento entro la fine dell’anno. Tuttavia, esiste giurisprudenza (anche se isolata e non chiara sul piano logico) per la quale quando il mancato prelievo degli utili diventi un comportamento inusuale sarebbe ammessa la presunzione che i soci abbiano inteso finanziare la società, con conseguenza presunzione di maturazione degli interessi (Cassazione n. 10030 del 2009).

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