I temi di NT+Modulo 24

Più compliance per l’Iva: ecco perché si va verso la fattura elettronica europea

L’incremento del gettito dovuto a una migliore fedeltà fiscale consentirebbe la riduzione delle aliquote

di Raffaele Rizzardi

Il treno legislativo dell’Iva europea (così viene chiamato agli atti del Parlamento di Strasburgo) si era fermato all'inizio del 2018 quando questo organo, che concorre alla procedura legislativa dell’Unione, aveva espresso il parere favorevole ai progetti di passaggio al regime definitivo dell'imposta sul valore aggiunto, che avrebbe dovuto entrare in vigore il 1° luglio prossimo.

Il blocco dell’evoluzione normativa è motivato in primo luogo dagli effetti della pandemia, che hanno reso più difficili le consultazioni e le delibere tra gli Stati, ma lo stop all’iter definitivo si spiega anche con le criticità del nuovo regime, una per tutti la prevedibile circolazione transnazionale di milioni di documenti cartacei con l’addebito dell’imposta, non controllabili, che avrebbero avuto come risultato facilmente prevedibile quello di spostare alla partenza anziché all’arrivo l’evasione su questi scambi. 

Attualmente le frodi avvengono nel luogo di destinazione dei beni, dove non si paga l’Iva sugli acquisti intraUe, essendo necessaria e sufficiente la scrittura contabile del reverse charge. Quando i beni vengono rivenduti il soggetto d’imposta è debitore per l’intero importo dell’Iva sulla cessione, con la conseguente tentazione di scomparire senza provvedere al versamento. In inglese le "frodi carosello" sono infatti chiamate del venditore scomparso (missing trader).

Nel regime definitivo le merci circoleranno in Europa con fatture imponibili, mediante applicazione dell’Iva del Paese di destinazione della merce. Così un’azienda italiana che acquista dalla Bulgaria riceverà una fattura con l’Iva italiana, che dovrà pagare al fornitore, come avviene per le fatture interne. E il fornitore dovrà provvedere a versarla al proprio sportello unico. Oppure un’azienda italiana che venderà a una francese emetterà la fattura con la Tva ( Taxe à la valeur ajoutée), cioè con l’Iva del Paese del cliente.

Chi riceve una fattura dall’estero, sino a quando non si arriverà alla fattura elettronica europea con un unico Sistema di Interscambio (o con Sistemi d’interscambio che dialogano tra di loro), come può essere sicuro che l’imposta sia stata liquidata a debito del fornitore? E come evitare il rischio della contestazione di un’indebita detrazione?

Per l’evoluzione dell’imposta sul valore aggiunto troviamo quattro documenti a cavallo tra il 2021 e il 2022, il primo dei quali è una proposta di direttiva del 7 dicembre 2021, relativa alle aliquote.

La direttiva sulle aliquote Iva

Per questo argomento si assiste a un ritorno al passato, confermando e modificando l’allegato III alla direttiva 2006/112/CE, che rimane destinato ad accogliere i beni e i servizi per i quali è ammessa l’aliquota ridotta, che non possono eccedere 24 voci dell’allegato. La proposta del 2018 lasciava agli Stati un maggior margine di manovra, ribaltando il contenuto dell’allegato, che avrebbe invece dovuto indicare i beni comunque ad aliquota ordinaria.

Sarà anche ammessa per alcune voci, peraltro importanti come i prodotti alimentari e i farmaceutici, un’aliquota super-ridotta rispetto a quella minima del 5% o un’esenzione con diritto di detrazione. Queste regole erano di natura transitoria in funzione delle scelte degli Stati prima della direttiva sulle aliquote dal 1992, mentre ora i criteri dovranno essere uniformi su voci specifiche dell’allegato.  

Saranno rilevanti anche le possibili aliquote ridotte per alcuni importanti servizi elettronici, come le pubblicazioni online, gli spettacoli, la radiotelevisione.

Al momento è previsto che queste innovazioni dovranno entrare in vigore il 1° gennaio 2025.

Lo sviluppo della digitalizzazione

Per l’evoluzione dell’Iva verso quello che possiamo chiamare il regime definitivo abbiamo questi documenti:

• una «valutazione d’impatto» sull’Iva nell’era digitalepredisposto dalla Commissione europea. L’argomento era stato oggetto di una conferenza del 6 dicembre 2019, i cui temi erano stati la blockchain, la digitalizzazione delle dichiarazioni, la valutazione dei rischi, ed è evoluto in un documento aperto a commenti dal 20 gennaio al 15 aprile 2022. La tempistica indicativa per la formulazione di un progetto di direttiva è per il terzo trimestre 2022;

• una risoluzione del Parlamento europeo del 16 febbraio 2022, con trentasei richiami normativi o a documenti ufficiali, diciannove «considerando», e cinquantadue punti di analisi, cui segue il mandato alla Presidente di trasmettere la risoluzione al Consiglio, alla Commissione, nonché ai governi e ai parlamenti degli Stati membri.

Il titolo dell’atto parlamentare può sembrare singolare: «Attuazione della sesta direttiva Iva», cioè di una norma non più in vigore da 15 anni, in quanto sostituita dalla direttiva 2006/112/Ce, che peraltro viene richiamata nelle premesse.

Una prima serie di considerazioni riguarda l’incremento del gettito Iva dovuto a una migliore compliance. Se si proseguisse in questa direzione sarebbe possibile ridurre le aliquote.

Si evidenzia che non tutti gli Stati consentono di esentare la donazione di beni di consumo, e in particolare i resi, anche se la direttiva lo consente, con la conseguenza di indebite distruzioni di prodotti ancora utilizzabili.

Un’ampia riflessione riguarda la doverosa riduzione dei costi di conformità che sono particolarmente rilevanti per le piccole e medie imprese. Al riguardo si enfatizza la necessità di un’adeguata digitalizzazione con una tecnologia di "registro distribuito".

Il termine inglese è «Distributed ledger technology», al quale è dedicata una pagina nel sito del ministero dello Sviluppo economico, di cui riportiamo la parte introduttiva: «Con il termine Distributed ledger technologies (Dlt) si fa riferimento a "libri mastri" (o registri) elettronici, distribuiti geograficamente su un’ampia rete di nodi, i cui dati sono protetti da potenziali attacchi informatici grazie al fatto che le stesse informazioni sono ridondate, verificate e validate mediante l’adozione di diversi protocolli (o regole) comunemente accettati da ciascun partecipante. La gestione di tali registri è di fatto decentralizzata, in quanto l’archiviazione in modo sicuro di informazioni criptate è basata su algoritmi di consenso che coinvolgono tutti o parte dei partecipanti, ovvero su meccanismi utili a far sì che tutti i nodi della rete concordino sull’insieme di transazioni valide. Con il termine Blockchain si fa riferimento a un particolare tipo di Distributed ledger, in cui i dati delle transazioni sono raccolti in blocchi collegati secondo una sequenza temporale e questi sono inseriti nel registro. In questo modo le informazioni archiviate, una volta immesse nel registro e validate, sono inalterabili perché ogni nuova informazione è indissolubilmente legata allo storico delle transazioni precedenti: eventuali manipolazioni di dati, pertanto, sarebbero immediatamente evidenziate, non consentendo la successiva validazione».

L’obiettivo è quello di evitare che una fattura emessa possa essere poi eliminata o modificata. Per raggiungere questo risultato l’archivio dei dati deve essere “distribuito” e non solo presso l’emittente. Il Sistema di interscambio (Sdi) dell’agenzia delle Entrate è qualificabile in queste nozioni, in quanto la fattura, anche se emessa senza firma elettronica (non obbligatoria), una volta inserita nel sistema lascia una traccia indelebile.

Al punto 18 del documento, con una ripresa al punto 40 nelle conclusioni, si parla espressamente dello sviluppo della fattura elettronica, con una norma europea che armonizzi le informazioni contenute nella fattura, per agevolare l’interoperabilità transfrontaliera, allo scopo di limitare le frodi e gli errori.

Peraltro al punto successivo, in apparente contrasto, si enfatizza la possibile estensione del reverse charge, formalizzata nel quarto documento, una proposta di direttiva del 10 febbraio 2022, che sposta dal 30 giugno 2022 al 31 dicembre 2025 la scadenza di queste disposizioni dell’articolo 199 bis della direttiva.

Il reverse charge perde la sua utilità con il passaggio alla fattura elettronica obbligatoria, e pertanto possiamo valutare la nuova data del 31 dicembre 2025 come il termine ultimo per il passaggio definitivo alla fatturazione elettronica europea.

I punti da 26 a 33 si occupano delle aliquote ridotte, nell’ottica degli obiettivi sociali e ambientali, ponendo come obiettivo di concludere entro il 2030 l’eliminazione delle aliquote ridotte per i beni e i servizi altamente inquinanti.

Al punto 43 si richiama la proposta di direttiva del 25 maggio 2018, sul regime definitivo degli scambi B2B, confermando il principio della tassazione nel luogo di destinazione, con il pagamento dell’imposta da parte del fornitore.

Non sta a noi esprimere un giudizio sul documento emesso da una istituzione europea, ma ci permettiamo di osservare che avrebbe potuto essere meno ridondante e con la definizione di pochi obiettivi ben definiti e controllabili. È comunque importante che il treno del regime definitivo dell’imposta sul valore aggiunto sia ripartito dopo una fermata di quattro anni.

Questo articolo fa parte del Modulo24 Iva del Gruppo 24 Ore.

Leggi gli altri articoli degli autori del Comitato scientifico e scopri i dettagli di Modulo24