Imposte

Imu e coniugi con case in Comuni diversi, pregresso in stand-by in attesa della Consulta

La Corte costituzionale deve pronunciarsi sull’interpretazione della Cassazione, applicabile alle annualità dal 2017 al 2021, che esclude dall’esonero Imu entrambe le abitazioni se i coniugi non convivono

di Giuseppe Debenedetto

Scaduto il termine per effettuare il pagamento dell’acconto Imu 2022, per i coniugi con doppie abitazioni in comuni diversi si pone il problema se e come regolarizzare le annualità precedenti, considerato che la nuova disposizione che consente di scegliere quale delle due abitazioni esonerare dall’imposta non è applicabile retroattivamente.

Si tratta di una questione ormai sotto i riflettori da diversi mesi, che ha fatto registrare una svolta con la legge 215/2021, di conversione del Dl 146/2021, finalizzata a neutralizzare l’orientamento rigoroso della Cassazione che non consente di applicare l’esonero a nessuna delle due abitazioni, dal momento che la norma impone la convivenza dell’intero “nucleo familiare”. Orientamento che dovrebbe valere per le annualità dal 2017 al 2021, ancora oggetto di recupero, fatta salva l’eventuale dichiarazione d’incostituzionalità da parte della Consulta, chiamata a pronunciarsi sulla questione relativa alla legittimità della norma così come interpretata dalla giurisprudenza di Cassazione.

Le mosse della Corte costituzionale

Ma a sorpresa la Corte costituzionale è andata oltre e, con l’ordinanza di autorimessione 94/2022, si è posta ulteriori dubbi ritenuti pregiudiziali andando più alla radice del problema, riguardante la parte della disposizione che fa riferimento al «nucleo familiare». Ebbene, nel caso di eliminazione di questo inciso, non avrebbe più senso il limite al numero di abitazioni principali sia dentro che fuori dal territorio comunale, con riflessi anche sulla nuova disposizione del Dl 146/2021, intervento che si rivelerebbe inutile perché la questione verrebbe risolta a monte.

La Corte costituzionale potrebbe quindi modificare completamente lo scenario, sganciando la nozione di abitazione principale dal nucleo familiare, con effetti anche sugli accertamenti emessi e non divenuti definitivi o sui quali è in corso un contenzioso.

Quali comportamenti per comuni e contribuenti

Da segnalare che l’attività di recupero dell’imposta per entrambe le abitazioni deve al momento ritenersi comunque in linea con l’interpretazione della Cassazione, come recentemente affermato dal Dipartimento delle Finanze in una risposta ad interrogazione parlamentare (n. 5-07902 del 19/4/2022). Ma lo spettro dell’incostituzionalità della norma dovrebbe indurre i comuni ad adottare un atteggiamento di cautela nell’attività di accertamento dell’Imu per gli anni dal 2017 al 2021, che potrebbe risultare illegittima se la Consulta dovesse ritenere fondata la questione sollevata.

D’altra parte i contribuenti oggi non saprebbero quale comportamento adottare, se effettuare il ravvedimento operoso per evitare l’accertamento oppure aspettare che si pronunci la Corte costituzionale e poi decidere il da farsi.

Effettivamente l’esito del giudizio costituzionale è dirimente per la soluzione del caso, sia per i comuni che per i contribuenti. I primi dovrebbero sospendere l’attività di accertamento per la fattispecie in oggetto, considerato peraltro che per l’anno 2017 c'è tempo fino al 26 marzo 2023 per la notifica degli avvisi, sfruttando l’extra time della disciplina Covid-19 (articolo 67 Dl 18/2020). I contribuenti dovrebbero quindi attendere la decisione della Consulta per sanare le eventuali irregolarità pregresse, auspicando che i comuni restino nel frattempo in stand-by anche per non rischiare di aggravare ulteriormente la propria posizione. D’altronde l'ordinanza 94/2022 sembra piuttosto esplicita su quello che potrebbe essere l’esito del giudizio, nel senso che la residenza e la dimora di uno dei coniugi presso l’abitazione di proprietà dovrebbe ritenersi sufficiente per considerare questa come abitazione principale, anche se l’altro coniuge è residente in un comune diverso.

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