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Obblighi di segnalazione «Dac 6» per gli avvocati: non si viola la Carta dei diritti Ue

Le conclusione dell’Avvocato generale della Corte di giustizia: al legale che agisce in qualità di intermediario può essere imposto di notificare a un altro intermediario gli obblighi di segnalazione

di Giorgio Emanuele Degani

All’avvocato che agisce in qualità di intermediario – e che, facendo affidamento sul suo segreto professionale, ha una deroga all’obbligo di segnalazione – può ben essere imposto di notificare senza indugio a un altro intermediario gli obblighi di segnalazione che gli incombono ex articolo 8-ter, paragrafo 6, della direttiva 2011/16/Ue (Cas) del Consiglio.

Si tratta di un dovere imposto al paragrafo 5 dallo stesso articolo 8-ter della direttiva, come modificata dalla direttiva 2018/822 (Dac6). E che non vìola il diritto al rispetto della vita privata (garantito dall’articolo 7 della Carta dei diritti fondamentali della Unione), purché il nome di tale avvocato non sia comunicato alle autorità fiscali nell’ambito dell’adempimento dell’obbligo di segnalazione di cui all’articolo 8-ter, paragrafo 9, secondo comma, e punto 14 della stessa direttiva Ue.

Sono le conclusioni rese il 5 aprile scorso dall’Avvocato generale Rantos, in relazione alla causa C-694/20, Orde van Vlaamse Balies.

La causa ha per oggetto la questione della tutela del segreto professionale degli avvocati che partecipano in qualità di «intermediari» all’elaborazione di costruzioni ammesse dal diritto tributario, e degli obblighi di comunicazione di informazioni e di notifica incombenti nell’ambito delle citate direttive.

La normativa unionale è ispirata alla lotta alla pianificazione fiscale aggressiva ed è conforme alle misure adottate dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) a livello mondiale per rafforzare la trasparenza fiscale e combattere le pratiche di elusione ed evasione fiscali.

In tale contesto, la direttiva ha previsto lo scambio automatico di informazioni relative ai meccanismi fiscali transfrontalieri, imponendo agli intermediari fiscali un obbligo di comunicazione di informazioni, al fine di scoraggiare l’elaborazione o l’utilizzo di costruzioni di pianificazione fiscale aggressiva. Sul punto, la direttiva 2018/822 ha identificato una serie di operazioni («elementi distintivi») che sono oggetto di segnalazione.

L’obbligo di comunicazione grava ormai su tutti gli intermediari, in considerazione del loro ruolo centrale nell’elaborazione di meccanismi di pianificazione fiscale aggressiva, come constatato in particolare dall’Ocse, di procedere a una notifica presso le autorità fiscali. L’intervento dell’intermediario si pone, dunque, come fondamentale e qualsiasi limitazione pregiudicherebbe gli obiettivi unionali.

La Corte costituzionale belga – su istanza promossa dall’Ordine degli avvocati fiamminghi e dall’Associazione degli avvocati tributaristi belgi – ha rimesso la questione alla Corte di Giustizia, in quanto tale obbligo di comunicazione in capo agli avvocati contrasterebbe con gli articoli 7 e 47 della Carte Ue: i quali affermano che il segreto professionale dell’avvocato è un elemento essenziale dei diritti al rispetto della vita privata e a un equo processo e che il necessario rapporto di fiducia tra il cliente e il suo avvocato può essere mantenuto solo se il primo ha la garanzia che ciò che confiderà al secondo non sarà divulgato.

Il semplice fatto di avvalersi di un avvocato rientrerebbe già nell’ambito di tale segreto. Di conseguenza, un avvocato non può fornire a terzi o a un’autorità alcuna informazione riguardante un meccanismo transfrontaliero, neppure se si limita a fornire un mero parere.

Secondo l’Avvocato Generale, quest’obbligo di comunicazione non violerebbe la Carta Ue, laddove la misura sia “proporzionata”, ossia non ecceda quanto strettamente necessario per conseguire gli obiettivi della direttiva 2018/822. Ad esempio, adottare un sistema astratto che non riveli il nome dell’avvocato consentirebbe di raggiungere l’obiettivo della lotta alla pianificazione fiscale aggressiva rispettando, al contempo, il diritto al segreto professionale e alla vita privata, garantito della Carta Ue.

In conclusione, secondo l’Avvocato Generale, da un lato, includere l’identificazione di un avvocato tra le informazioni da fornire in adempimento dell’obbligo unionale costituisce una violazione dell’articolo 7 della Carta, quando tale avvocato disponga di un’esenzione dalla notifica in ragione del segreto professionale. D’altro lato, la violazione della protezione della vita privata derivante dalla disposizione controversa non comporta, alla luce dello scopo perseguito, un intervento sproporzionato e intollerabile che porrebbe a rischio la sostanza stessa dei diritti garantiti, purché, tuttavia, il nome dell’avvocato-intermediario non venga divulgato alle autorità fiscali.
Ora si attende la pronuncia dei giudici del Lussemburgo.