Controlli e liti

Registro, stop alla rettifica sul decreto ingiuntivo dopo la conciliazione

L’ordinanza 21109/2022 della Cassazione: l’imposta dovuta deve basarsi sull’accordo intervenuto tra le parti

di Emanuele Mugnaini

È nullo l’avviso di liquidazione ai fini del registro basato sul decreto ingiuntivo, invece che sulla conciliazione nel frattempo intervenuta. Così si è espressa la Cassazione con l’ordinanza 21109/2022.

I fatti

Un contribuente veniva raggiunto da un avviso di liquidazione, mediante il quale l’agenzia delle Entrate tassava il decreto ingiuntivo avente ad oggetto un negozio che regolamentava diversamente il pagamento di un debito pregresso. Nel corso del giudizio di opposizione le parti erano arrivate ad un accordo conciliativo. Per questo motivo il contribuente impugnava l’atto eccependo come quest’ultimo fosse erroneamente basato sull’importo indicato nel decreto ingiuntivo e non su quello risultante dall’accordo.

La posizione delle commissioni tributarie

Il giudice di primo grado accoglieva parzialmente il ricorso ritenendo comunque l’imposta dovuta poiché il decreto ingiuntivo conteneva un atto enunciato. Alle medesime conclusioni giungeva la commissione regionale la quale, nel respingere l’appello del contribuente, ribadiva le tesi del collegio provinciale.

Veniva così proposto ricorso per Cassazione eccependo, in primis, la violazione dell’articolo 37 del Dpr 131/86 (Tur, Testo unico imposta di registro) il quale prevede, quanto alla registrazione degli atti giudiziari, la valenza della conciliazione quale elemento che può determinare la rettifica dell’imposta originariamente dovuta sulla base del decreto ingiuntivo. Rettifica che, nel caso di specie, non era stata recepita in seno all’avviso di liquidazione, anche se la conciliazione era avvenuta in data antecedente rispetto alla notificazione dello stesso.

Ulteriormente, veniva eccepita la violazione dell’articolo 22 del Tur, il quale prevede che, qualora in un atto sottoposto a registrazione venga enunciato un atto o contratto non registrato e posto in essere tra le medesime parti, l’imposta di registro trova applicazione anche con riferimento a quest’ultimo.

Il parere della Cassazione

La Suprema Corte, nell’accogliere il ricorso, ha innanzitutto rilevato che, presupposto indispensabile ai fini dell'applicazione dell’imposta di registro, è l’esatta indicazione dell’atto oggetto di imposizione. Nel caso di specie, l’avviso di liquidazione faceva espresso riferimento al decreto ingiuntivo il quale, tuttavia, dato l’accordo nel frattempo raggiunto, era stato travolto. Ad avviso del collegio di legittimità, i giudici di merito avevano così operato una sostituzione di fatto del titolo legittimante l’atto impositivo.

Quanto al tema dell’enunciazione, la Suprema Corte ha osservato come l’imposta di registro vada applicata sull’atto enunciato solo nel caso in cui quest’ultimo sia posto a fondamento dell’atto enunciante. Nel caso di specie il negozio da sottoporre a tassazione doveva identificarsi esclusivamente nella conciliazione giudiziale, la quale, avendo caducato il decreto ingiuntivo, aveva reso altresì inefficace l’atto in esso enunciato.

Parimenti era da escludere, ad avviso dei giudici, che la conciliazione avesse integralmente recepito l’atto venuto meno così da rendere sostanzialmente corretto l’avviso impugnato. Le parti, infatti, avevano stipulato un nuovo accordo, il quale aveva dato vita ad un diverso negozio, indipendente e autonomo rispetto al decreto ingiuntivo.

Questo articolo è realizzato da uno degli autori del Modulo24 Accertamento e riscossione del Gruppo 24 Ore.

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