Adempimenti

Gruppo Iva «batte» consortili in facilità

di Angelo D’Ugo e Alessandro Germani

La legge di bilancio 2017 ha introdotto in Italia il gruppo Iva ai sensi della direttiva 2006/112/Ce, inserendo nel Dpr 633/72 il nuovo titolo V-bis (articoli da 70-bis a 70-duodecies). La previsione di un unico soggetto Iva dovrebbe prevenire pratiche abusive attuabili in presenza di più soggetti solo giuridicamente separati. Più in generale, poi, il gruppo Iva risponde a finalità di semplificazione amministrativa e si presta in particolare alle esigenze dei gruppi con prevalente attività esente, quali quelli bancari e assicurativi.

In essi, infatti, si è assistito alla tendenza a costituire strutture societarie che accentravano funzioni no core quali It, legale, immobili, sinistri, in genere attività di back office. Chiaramente le rifatturazioni infragruppo necessitano dell’esenzione Iva, in quanto l’imposta, essendo indetraibile, costituisce un costo per banche e assicurazioni. L’articolo 6 della legge 133/99 consentiva di esentare ai fini Iva le prestazioni infragruppo riguardanti le cosiddette attività ausiliarie. Tale regime è stato abrogato e sostituito dal 2009 con l’articolo 10, comma 2, del Dpr 633/72, che ha esteso l’esenzione Iva a qualsiasi prestazione (non solo le attività ausiliarie):

effettuata da strutture consortili nei confronti di consorziati con diritto alla detrazione non superiore al 10%

purché ancorate al puro costo.

Affiancandosi oggi il nuovo gruppo Iva al regime delle consortili, può essere utile operare un confronto fra i due per apprezzarne vantaggi e svantaggi.

L’utilizzo delle strutture consortili presenta alcune rigidità giacché impone:

il ricorso a schemi mutualistici, con meccanismi meno comuni rispetto alle realtà societarie lucrative;

la prevalenza delle attività esenti verso i consorziati, pena la perdita tout court di poter operare in esenzione;

l’addebito del mero costo della prestazione senza applicazione di alcun mark up;

l’individuazione del criterio di addebito dei costi promiscui ai consorziati e ai terzi (ris. 203/01).

Qualora si abbandoni la struttura consortile è ipotizzabile una trasformazione eterogenea in società di capitali con necessità di perizia (notariato Milano 20/04).

Invece il gruppo Iva non richiede il connotato di mutualità dei partecipanti e non impone l’applicazione del costo puro alle prestazioni infragruppo. Si assiste così ad una notevole semplificazione: nel regime delle consortili ogni soggetto passivo ha un suo pro rata di detraibilità; nel gruppo Iva, invece, il pro rata sugli acquisti è unico e dipende dalle operazioni che il gruppo complessivamente effettua verso terzi. Infatti, ai sensi dell’articolo 70-quinquies del Dpr 633/72, le operazioni effettuate:

fra membri del gruppo Iva sono irrilevanti;

da un partecipante verso un terzo si considerano effettuate dal gruppo Iva;

da un terzo ad un partecipante si considerano effettuate nei confronti del gruppo.

Per la sua costituzione, che richiede almeno due soggetti escluse le branch estere, devono ricorrere congiuntamente i vincoli finanziario (controllo societario), economico (tipologia attività) e organizzativo (direzione e coordinamento), anche se sussistendo il primo gli altri si presumono.

Va segnalato che il requisito del controllo operato da un soggetto residente o da un non residente in uno Stato che assicuri un effettivo scambio di informazioni consente un notevole ampliamento del perimetro potenziale, sulla falsariga di quanto accade ai fini Ires nel consolidato orizzontale. L’opzione dovrebbe rappresentare una possibilità, non potendo il fisco “imporre” la costituzione del gruppo con finalità antiabuso: in tal senso, infatti, dispone la relazione governativa che sembra escluderne l’obbligo laddove parla di scelta dei soggetti.

Non vi è dubbio, invece, che la partecipazione debba essere onnicomprensiva, dovendo riguardare tutti i soggetti nessuno escluso, secondo il cosiddetto «all-in, all-out principle». Questo aspetto rappresenta una forte limitazione del gruppo Iva, come già osservato da Abi e Ania nelle audizioni parlamentari, e meriterebbe un ripensamento per garantire un effettivo decollo della misura.

In ottica di pianificazione, poi, occorre considerare che a seguito della sentenza Skandia (causa C-7/13 del 17 settembre 2014) le prestazioni dalla mamma alla branch appartenente ad un gruppo Iva sono rilevanti, con un evidente aggravio di costi per le realtà con attività esente.

Il nuovo regime entrerà in vigore dal 2018 ma è destinato ad operare concretamente dal 2019 dando il tempo – paradossalmente troppo – ai gruppi di fare valutazioni di convenienza.

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