I temi di NT+Modulo 24

La motivazione degli atti deve essere coerente e univoca

di Paola Coppola

Con la recente ordinanza, sezione V, 20 gennaio 2021, n. 29036, la Suprema Corte ha ribadito la ratio e funzione dell’ accertamento parziale (ex articolo 41 bis, Dpr 600/73 o 54, comma 5, Dpr 633/72) «connotato dalla contestazione di un maggior debito di imposta, senza che emerga alcuna attività di tipo valutativo da parte dell’amministrazione finanziaria, profilo che, invece, attiene all’atto di accertamento ordinario», e ha limpidamente chiarito che l’accertamento parziale si giustifica «solo qualora dalle attività istruttorie emerga incontestabilmente una maggiore materia imponibile, senza controllare integralmente l’intera posizione fiscale del contribuente ..: la ratio dell’accertamento parziale, invero, si rinviene nella esigenza di consentire l’imposizione di una capacità contributiva che emerga “ictu oculi”».

Questo importante principio, altre volte indicato in sede di legittimità, permette di sottolineare un aspetto che a volte è trascurato dagli uffici, oppure non è adeguatamente valorizzato nei casi concreti ma che, invece, potrebbe essere dirimente per i giudici chiamati a valutare la “motivazione” dell’atto impugnato e, dunque, la sua validità.

Bisogna premettere che le norme applicabili in materia di accertamento sono molteplici e ciascuna di essa individua distinte procedure e metodi di controllo e, soprattutto, che esse delimitano e individuano differenti “mezzi di prova” ammissibili. Si pensi per le imposte dirette, agli articoli 37 e seguenti del Dpr 600/73, oppure per l’Iva, agli articoli 54 e 55 Dpr 633/72 dove sono indicate le prove certe e dirette, presunzioni semplici ex articoli 2727 e 2729 del Codice civile o presunzioni “semplicissime”, cioè prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, applicabili a seconda dei presupposti indicati dalla legge. Ciò nonostante, a volte gli Uffici indicano nella motivazione degli atti tributari le norme con le quali hanno operato i recuperi senza la doverosa precisazione di quale di esse, effettivamente, è stata applicata con il comma, o la lettera dell’articolo di riferimento, oppure indicano “più norme in sequenza” che talvolta non sono, tuttavia, applicabili in modo congiunto, recando esse modalità e presupposti diversi e alternativi.

Si pensi, per tutti, al caso frequente in cui è operato un accertamento ai fini delle imposte dirette, ex articoli 38 o 39 del Dpr 600/73 (con metodo analitico, sintetico, analitico-contabile (presuntivo), extracontabile eccetera) e l’Ufficio non indica il comma o la lettera di riferimento, oppure “aggiunga”, con la congiunzione e, in motivazione, «l’art. 41-bis DPR n. 600/73» e, quindi, il metodo di accertamento “parziale”, semmai con l’intenzione (dichiarata, ed errata) di “salvaguardare” il diritto a poter operare altri recuperi nei riguardi di quel contribuente nei termini di decadenza.

Se ciò avviene e l’accertamento ordinario (globale) è operato, ad esemppio, per profili legati all’inerenza o competenza di costi e, quindi, se le rettifiche si fondano esclusivamente su valutazioni/giudizi dei recuperi, siffatto accertamento non potrebbe in alcun modo essere “accomunato” a un accertamento parziale, data la sua ontologica diversa natura e finalità, come ora più chiaramente statuita in sede di legittimità, per cui l’avviso che fosse in tal modo “motivato” dovrebbe essere annullato, già e solo per questa ragione, non potendo ritenersi la motivazione idonea ad illustrare “l’iter logico giuridico” seguito dall’ente impositore sui fatti costitutivi della pretesa e sulle prove poste a fondamento della decisione.

L’accertamento “parziale” si differenzia dall’accertamento globale (ordinario, analitico/sintetico/induttivo), tant’è che ne costituisce una deroga (al pari dell’accertamento integrativo ex articolo 43, Dpr 600/73) potendo essere operato solo quando dall’istruttoria risultano elementi certi (una segnalazione di altri uffici) che consentono “immediatamente” di stabilire l’esistenza di un componente di reddito non dichiarato (o altro recupero a fini Iva), senza che si richieda alcuna attività di tipo valutativo, né alcuna verifica della posizione complessiva del contribuente.

Ne consegue che, se ciò nonostante, viene indicato l’articolo 41 bis, Dpr 600/73 “congiuntamente”, alle norme generali dell’accertamento globale operato e i recuperi sono frutto di valutazioni/giudizi dell’ente impositore restano, in definitiva, ignote, contraddittorie e non comprensibili, in termini intellegibili, le specifiche giustificazioni della decisione adottata atteso che, come del pari stabilito in sede di legittimità, i presupposti giuridici e i fatti costitutivi di una data pretesa «possono essere anche plurali, ma se non in contrasto fra loro, essendo destinati a sorreggere una “decisione dell’amministrazione”, sia pure impugnabile; decisione che non è tale, e determina la nullità dell’atto che (non) la contiene, qualora non presenti il necessario carattere di univocità» (Cassazione, sezione V, 30 novembre 2009, n. 25197).

Per completezza, nessun dubbio può sussistere sul fatto che l’accertamento “parziale” sia una modalità di accertamento diversa e non compatibile con l’accertamento unitario e “globale”. Ed infatti per l’accertamento parziale è escluso l’invito (obbligatorio) all’accertamento all’ adesione (ex articolo 5 ter del Dlgs 218/97) che è istituto, invece, generalmente applicabile per tutti gli altri accertamenti unitari (“a tavolino”), salvo quelli eseguiti dopo una verifica in loco.

Di qui delle due l’una. Se sussistono differenze nell’ambito dei metodi di controllo e di accertamento, ferme le garanzie procedimentali che andrebbero uniformate, allora la motivazione dell’atto non può recare “incertezze” nella specificazione dei presupposti giuridici e di fatto applicati; in alternativa, deve registrarsi che la mancata ponderazione degli effetti dell’uso, a volte, “incoerente” delle norme plurali (se non univoche) esposte in motivazione, finisce per “avallare” uno sbilanciamento a vantaggio degli Uffici della condizione di pariteticità che andrebbe invece sempre rispettata, e reso difficile, o talora impossibile, l’esercizio del diritto di difesa.

L’analisi di Paola Coppola, ordinario di diritto tributario alla Federico II di Napoli, è parte di un saggio pubblicato nel Modulo 24 Contenzioso