Imposte

Bonus fiscali, cessioni aperte a tutte le imprese ma il governo non allenta i vincoli anti frode

Dl Aiuti: niente nuove proroghe per le villette. Si allunga la battaglia sul decreto

di Marco Mobili e Gianni Trovati

Sulla cessione dei crediti prodotti dai bonus edilizi va in onda alla Camera l’ennesimo braccio di ferro fra governo e maggioranza.

I tifosi del riavvio della macchina ottengono dal ministero dell’Economia la promessa di una riformulazione che aprirebbe ufficialmente le cessioni a tutte le partite Iva, senza una soglia minima predefinita di fatturato. Ma dal governo arriva un «no» secco sia a qualsiasi ipotesi di proroga ulteriore, villette in primis, sia alle richieste di rimozione dei tanti vincoli introdotti via via per contrastare le frodi ed evitare costi aggiuntivi alla finanza pubblica.

Suona così il risultato di un lungo negoziato che ieri pomeriggio ha messo di fronte il ministero dell’Economia, con il capo di gabinetto Giuseppe Chiné e gli esponenti della maggioranza. L’idea iniziale del Mef era quella di aprire solo a possibili «valutazioni» di correttivi, ma dopo un tira e molla si è arrivati appunto alla promessa di un nuovo testo. Che però lascia molti insoddisfatti. E promette di allungare fino alla prossima settimana la battaglia parlamentare sul decreto Aiuti.

La novità in arrivo dovrebbe concentrarsi sulla certificazione della possibilità di cedere il credito a tutte le aziende, a prescindere dalla loro dimensione. Il tutto però continuerebbe a muoversi nei binari stretti delle regole anti-frodi, che fra le altre determinano una responsabilità in solido del cessionario come indicato la scorsa settimana dalla circolare dell’agenzia delle Entrate e ribadito ora anche dalla Guardia di Finanza (servizio a pagina 30). «Di fatto resta il blocco - commenta dal Pd Martina Nardi -, se il governo vuole la morte del Superbonus lo venga a dire in Aula sapendo che sta dicendo alle imprese di fallire».

Il punto messo sotto osservazione dai critici è il peso di vincoli e responsabilità che accompagnano la cessione del credito, e che di fatto secondo le imprese interessate finiscono per bloccarla. Nella partita entrano anche le società partecipate dallo Stato, oggetto di un emendamento per spingerle all’acquisto dei crediti. Il correttivo dovrebbe cadere, sostituito da una sorta di moral suasion informale che però anche in questo caso finirà per scontrarsi con i limiti fisici, e fiscali, per i crediti nei bilanci delle aziende pubbliche;  a partire da Poste, che peraltro resta vincolata al tetto dei 9 miliardi oggi concessi dalla legge, un plafond praticamente già esaurito (mancano 200 milioni secondo le stime più aggiornate). «Così il superbonus lo possono fare solo i ricchi», lamenta Nardi che chiede di definire una regola che permetta di finire i lavori in sicurezza a chi ha già consegnato la Cila.

Dal governo è poi arrivato uno stop anche all’apertura, fatta ventilare dalle banche, sul ricorso all’F24 per le compensazioni dei crediti. Il rischio, secondo i tecnici del Mef, è quello di scaricare costi ulteriori sulla finanza pubblica.

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