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Rinnovabili, incentivi ridotti con calcolo semplificato

Il Dl 13/2022 rivede i criteri fissati dal decreto Sostegni-ter. L’impatto economico resta significativo, ma mancano ancora le istruzioni attuative di Arera

Energie rinnovabili chiamate a pagare – in parte – il conto del caro energia. L’articolo 16 del Dl 4/2022 aveva introdotto un sistema di compensazione del prezzo dell’energia riconosciuto a favore dei produttori di energia elettrica da fonti rinnovabili estremamente complesso ed anche estremamente penalizzante. La norma è stata abrogata dall’articolo 5 del Dl 13/2022 e sostituita con una nuova disposizione, ugualmente penalizzante ma di calcolo più immediato.

Il perimetro applicativo

La norma dispone che siano soggetti alla nuova forma di contribuzione tutti gli impianti fotovoltaici di potenza superiore a 20 kW che fruiscono di tariffe incentivanti ricomprese nei vari conti energia e gli impianti di potenza superiore a 20kW alimentati da fonti solare, idroelettrica, geotermoelettrica ed eolica entrati in funzione prima del 1° gennaio 2010 anche se non fruiscono di meccanismi di incentivazione.

L’originario articolo 16, poi abrogato, disponeva di calcolare la media di prezzi zonali orari compresi tra la data di entrata in funzione dell’impianto e il 31 dicembre 2020, opportunamente rivalutati in base alla variazione Istat dei prezzi medi al consumo e di confrontare la media così calcolata con il prezzo zonale orario di mercato vigente al momento della cessione di energia. Se il prezzo attuale risultava superiore alla media dei prezzi dall’entrata in funzione al 31 dicembre 2020, l’impianto era chiamato a pagare la differenza.

Il nuovo criterio di calcolo

Ora l’articolo 5 semplifica le modalità di calcolo e prevede di confrontare il prezzo zonale orario di mercato con il prezzo di riferimento, suddiviso per aree territoriali, riportato nella tabella allegata al decreto legge e compreso tra 57 euro/MWh e 75 euro/MWh (0,057 euro/kWh – 0,075 euro/kWh).

Se il prezzo di vendita dell’energia immessa sul mercato è superiore al prezzo di riferimento, il produttore di energia rinnovabile è chiamato a pagare la differenza sotto forma di contributo o ritenuta applicata direttamente dal Gse.

Considerato che i prezzi medi di vendita dell’energia nei primi mesi del 2022 sono sempre risultati superiori al prezzo di riferimento, attestandosi sopra i 200 euro/MWh, con picchi addirittura di 500 euro/MWh, il mancato guadagno per i produttori di energie rinnovabili è evidente.

Ad esempio, un impianto fotovoltaico da un megawatt di potenza installata produce circa 1.250.000 kWh in un anno; a fronte di tale energia immessa in rete, i ricavi maturati dal produttore sarebbero pari al prezzo di mercato (circa 0,2 euro/kWh) moltiplicato per i kilowattora e cioè circa 250mila euro. Il prezzo di mercato, però, è superiore al valore di riferimento indicato precedentemente (circa 0,06 euro/kWh) e pertanto l’impianto sarà chiamato a versare la differenza, stimabile in circa 175mila euro. Praticamente tutti i ricavi eccedenti il prezzo di riferimento sono da restituire al Gse.

Le regole attuative

La norma è in vigore dal 1° gennaio 2022 al 31 dicembre 2022 ma ad oggi mancano le modalità attuative che dovranno essere oggetto di appositi regolamenti da parte del Gestore e da parte di Arera. Dovrà anche essere chiarito se la trattenuta avrà natura di minor prezzo dell’energia pagata e quindi dovrà essere considerata tra i ricavi con segno negativo e sarà oggetto di fatturazione in regime di reverse charge o se avrà natura di onere di gestione e quindi inciderà tra i costi di gestione dell’impianto. La prima soluzione, sebbene auspicabile, non sembra realizzabile.

Oltre al mancato guadagno e ad eventuali problemi finanziari che ne potrebbero conseguire, il contributo compensativo da riconoscere al Gse può mettere in difficoltà il rispetto del requisito della prevalenza per gli impianti installati dai produttori agricoli. La produzione di energia elettrica da fonte fotovoltaica, infatti, è considerata attività agricola connessa a condizione che il produttore rispetti uno dei requisiti esplicitati dall’agenzia delle Entrate. Si tratta, in particolare, di rispettare un rapporto tra gli ettari condotti e i KW di potenza installata, oppure di poter dimostrare che il volume d’affari imputabile all’attività agricola è superiore al volume d’affari imputabile all’attività fotovoltaica, o ancora, in ultimo di dimostrare che gli impianti sono architettonicamente connessi alle strutture dell’azienda agricola.

Per tutti gli impianti che basavano il rispetto della prevalenza sul requisito del fatturato, l’incremento del prezzo dell’energia comporta un aumento del volume d’affari riferibile all’attività fotovoltaica che potrebbe superare il volume d’affari dell’attività agricola. Se così fosse, l’energia prodotta dall’impianto perderebbe il diritto alla tassazione forfettaria dei redditi e al contempo non generebbe alcun mancato guadagno per effetto della trattenuta operata dal Gse.

Se anche la nuova incombenza non dovesse essere considerato come minor prezzo dell’energia, ma come costo, è necessario che ai fini della verifica della prevalenza si consideri tale voce a scomputo del volume d’affari imputabile all’attività agricola, altrimenti l’impianto risulterebbe soggetto ad una doppia penalizzazione.