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La spinta della Consulta per un pieno recupero del ruolo del legislatore

di Enrico De Mita

L’Italia al tempo del Pnrr richiede un legislatore consapevole ed efficiente. Il suo intervento dev'essere tempestivo e puntuale. Invocare pronunce manipolative – additive, come auspicato dai vari giudici remittenti, rappresenta un chiaro errore di prospettiva: la Corte costituzionale non è un legislatore supplente. Né è un legislatore delegato.

La pronuncia 200/2021, depositata il 26 ottobre scorso (Red. Buscema), infatti, richiama rigorosamente il legislatore al suo ruolo fondamentale: realizzare, con un “tempestivo intervento”, il fine costituzionalmente necessario.

La recente vicenda giurisprudenziale e dottrinale avente ad oggetto l'Imu sull'abitazione principale del nucleo familiare, con la traduzione giornalistica edulcorata nell'emendamento in itinere al Dl fiscale, dimostra la necessità che il legislatore acquisisca, oggi più che mai, piena consapevolezza del suo ruolo costituzionale.

Nella sentenza 200/2021 la Consulta, pur condividendone l'esigenza fondamentale sottesa, ha dichiarato inammissibile la questione sottopostale dalla Cassazione.

Quest'ultima dubitava della legittimità costituzionale dell'articolo 57, comma 3, secondo periodo, del Testo unico accise (Tua), in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione. Tale norma, con riferimento all'imposta erariale di consumo (ora accisa) sull'energia elettrica, fissa in cinque anni decorrenti dalla scoperta dell'illecito, in caso di comportamento omissivo, il termine di prescrizione per il recupero dell'imposta. Secondo l'interpretazione da cui muoveva il rimettente, il dies a quo di computo del termine entro cui devono intervenire l'avviso di pagamento – ossia l'atto di accertamento relativo all'imposta in considerazione e l'atto di contestazione o irrogazione della sanzione (articolo 20, comma 1, decreto legislativo 472/97) – è individuato in entrambi i casi nella scoperta dell'illecito omissivo.

L'introduzione nella disposizione censurata di una data certa di decorrenza del termine, in sostituzione di quella prevista, può dunque indirizzarsi esclusivamente all'articolo 57, comma 3, secondo periodo, del Tua.

Pur incidendo direttamente soltanto sul regime prescrizionale del credito tributario, è destinato a riverberarsi automaticamente anche su quello decadenziale relativo alle sanzioni, proprio in virtù del citato rinvio.

La Corte ripete che l'articolo 24 della Costituzione impedisce di lasciare il contribuente assoggettato all'azione accertativa ed esecutiva del fisco per un tempo indeterminato (247/2011; 356/2008), ancorché condizionata dal mancato compimento di una specifica attività posta dalla legge a carico del contribuente medesimo.

Nel caso affrontato dalla sentenza 200/2021 la Consulta ha evidenziato la palese inadeguatezza del regime dettato dall'articolo 57, comma 3, secondo periodo, del Tua, rispetto alle esigenze poste dall'articolo 24 della Costituzione.

Con la stessa evidenza, la Corte non può porvi rimedio con una pronuncia manipolativa – additiva, in ragione del doveroso rispetto della prioritaria valutazione del legislatore in ordine alla individuazione dei mezzi più idonei al conseguimento di un fine costituzionalmente necessario (sentenza 151/2021).

Con la pronuncia in commento, così come avevo già osservato il 13 luglio scorso su queste pagine per la sentenza 120/2021 sull'aggio (red. Luca Antonini), la Corte costituzionale, pur dichiarando inammissibile la questione, assume una posizione più rilevante ancora di una diretta declaratoria di incostituzionalità.

Tornando al tema della disciplina antielusiva o agevolativa dell'Imu prima casa dei coniugi, si sta discutendo un emendamento al Dl fiscale 146/2021 in sede di conversione che non coglie nel segno e – a fronte del rischio di una declaratoria di inammissibilità della questione posta dalla Ctr Liguria – sembra rassegnarsi al fatto che la lacuna per il pregresso debba rimanere intatta. Come a dire che i contribuenti virtuosi, nel dubbio sub iudice, dovrebbero pagare per le annualità pregresse, salvo chiedere il rimborso all'esito. Riemerge sempre lo spettro del solve et repete.

Chiarito che la Corte costituzionale (200/2021) non intende svolgere ruoli di supplenza riconoscendo il ruolo del legislatore, nel caso dell'Imu del nucleo familiare non esiste altra via se non quella dell'interpretazione autentica, per chiudere il contenzioso in essere e non alimentare nuove incertezze.

Basta leggere i lavori del Senato agli emendamenti, per altro, per rendersi conto che la stessa predisposizione degli atti non è adeguatamente informata. Vengono travisate le ordinanze gemelle della Cassazione 4166/2020 e 4170/2020 e ignorate le pronunce del 2021 (Cassazione 17408/21 e 20686/21, si veda Il Sole 24 Ore, 10 novembre 2021), le quali hanno richiamato alla necessità dell'interpretazione adeguatrice, conforme ai principi costituzionali delle norme Ici/Imu. In presenza di un nucleo familiare cui si riferisce anche la norma Imu, non è costituzionalmente legittimo negare l'agevolazione per almeno una abitazione principale per “nucleo familiare”.

La legge di conversione del Dl fiscale è ancora in itinere; è sufficiente introdurre la norma di interpretazione autentica per sciogliere il nodo Imu abitazione principale dei coniugi: la norma si interpreta nel senso che ove i membri del nucleo familiare abbiano stabilito la residenza anagrafica in immobili diversi, l'agevolazione vale per un solo immobile per nucleo familiare, sia nel caso di immobili siti nello stesso Comune, sia nel caso di immobili siti in Comuni diversi.

La versione discussa in questi giorni rinvierebbe, nuovamente e inammissibilmente, ai giudici di merito o di legittimità o ancora alla Corte costituzionale, la soluzione di questioni che richiamano prioritariamente la responsabilità e la consapevolezza del legislatore.

Chi non paga attende l'accertamento della sua evasione, più o meno serenamente.

Chi paga le imposte pretende, invece, invoca la certezza della norma impositiva.

Secondo l'insegnamento di Ezio Vanoni, il legislatore non può far pagare anche l'incertezza normativa.