Auto elettriche e colonnine di ricarica con regole fiscali ancora da definire
La colonnina di ricarica è un bene ammortizzabile e non deve essere capitalizzato come spesa incrementativa dell’autovettura, potendone potenzialmente servire anche più di una
Le auto elettriche non hanno ancora, ad oggi, una chiara definizione delle regole fiscali che sono basate su una normativa anteriore alla loro espansione nel mercato. In particolare, l’articolo 164 del Testo unico delle imposte sui redditi, Dpr 917/1986, che indica i limiti di deduzione delle spese e degli altri componenti negativi relativi a taluni mezzi di trasporto a motore, utilizzati nell’esercizio di imprese, arti e professioni non distingue la deducibilità dei costi sulla base della tipologia di propulsione. Pertanto, si ritiene che le ricariche di energia per le autovetture elettriche debbano seguire i seguenti limiti: 20% per le spese relative alle autovetture e autocaravan, di cui alla lettera a) e alla lettera m) del comma 1 dell’articolo 54 del Dlgs 285/1992, mentre la quota di deducibilità sale al 70% per i veicoli dati in uso promiscuo ai dipendenti per la maggior parte del periodo d’imposta; percentuale elevata all’80% per i veicoli utilizzati dai soggetti esercenti attività di agenzia o di rappresentanza di commercio. Per quanto riguarda la colonnina di ricarica, si ritiene che sia un bene ammortizzabile ai sensi dell’articolo 102 del Testo unico delle imposte sui redditi, Dpr 917/1986, che non deve essere capitalizzato come spesa incrementativa dell’autovettura potendone servire anche più di una. Prudenzialmente si dovrebbe considerare la possibilità di un uso promiscuo della colonnina con conseguente deducibilità del relativo ammortamento al 50 per cento.
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