Imposte

Iva, non imponibilità oggettiva per i servizi di carico e scarico

Il Fisco guarda l’accessorietà dei servizi connessi ai trasporti internazionali. Resta da chiedersi cosa capita se si segue la Corte Ue o in caso di pronunce future

di Matteo Balzanelli e Massimo Sirri

I servizi di carico, scarico – e le altre prestazioni indicate al numero 5) del primo comma dell’articolo 9, Dpr 633/1972 – continuano a beneficiare della non imponibilità per effetto del loro carattere oggettivo, purché:

O si tratti di servizi relativi a beni in esportazione, transito, importazione temporanea o definitiva (a condizione, in quest’ultimo caso, che il corrispettivo sia entrato nella base imponibile in dogana);

O e sia dimostrale la loro connessione con le operazioni internazionali indicate, non rilevando invece la qualifica del committente.

La risposta a interpello 229/2022, infatti, ha preso posizione negando che le conclusioni della sentenza Ue C-288/16 vadano oltre l’ambito dei trasporti internazionali di beni indicati al numero 2) dell’articolo 9 la cui disciplina è stata modificata dal Dl 146/2021 – con effetto dal 1° gennaio 2022 – proprio per adeguarla alle conclusioni di tale pronuncia. Facendo salvi i comportamenti pregressi, fondati sulla precedente interpretazione della stessa amministrazione finanziaria (circolare 26/1979, risoluzione 412019/1977), la non imponibilità dei trasporti legati alle operazioni di import/export è stata circoscritta alle sole prestazioni rese direttamente nei confronti degli esportatori, titolari del regime di transito, importatori, destinatari dei beni o prestatori dei servizi di cui al n. 4) del medesimo articolo 9, comma 1 (sostanzialmente spedizionieri), limitandone quindi la portata in base allo status dei committenti.

La modifica legislativa, però, consegue all’interpretazione data dalla Corte di giustizia all’articolo 146, par. 1, lettera e), direttiva 2006/112 ossia alla norma che tratta tutte le prestazioni di servizi, «compresi i trasporti e le operazioni», direttamente connesse alla movimentazione internazionale dei beni. Perciò, se ne può legittimamente dedurre l’applicabilità anche a servizi diversi da quelli di trasporto, fra cui quelli di cui al numero 5) dell’articolo 9 (e non solo a essi, in verità, posto che altre disposizioni di tale articolo, costruite nello stesso modo, non prevedono alcun limite di carattere soggettivo).

L’indicazione delle Entrate

Secondo l’Agenzia così non è e l’intervento legislativo va interpretato «in senso rigorosamente letterale». In sintesi:

O in linea di principio, i servizi di carico, scarico e le altre prestazioni indicate al numero 5) già citato – tra cui ad esempio lo stivaggio, la pesatura, il deposito e la custodia – continuano a essere non imponibili a prescindere dal soggetto al quale sono resi;

O per tali servizi si devono seguire le regole dei trasporti internazionali solo quando si tratta di prestazioni accessorie a tali trasporti, e in questo caso saranno addebitati con o senza Iva (anche) in funzione della qualifica del committente.

Zero sanzioni se si segue la Ue

L’orientamento delle Entrate, per quanto forse gradito agli operatori, induce qualche riflessione.

Innanzitutto, il fatto che la motivazione della risposta si fondi sul dato letterale della modifica normativa introdotta, porta a ritenere che, effettivamente, la portata della sentenza C-288/16 vada oltre il caso specifico dei trasporti, data anche l’ampiezza della norma comunitaria. Se così è, vuol dire che gli operatori che, discostandosi dalle indicazioni ufficiali, applicano l’Iva alle prestazioni in esame erogate a soggetti diversi dall’esportatore, dal titolare del transito, eccetera, stanno semplicemente conformandosi all’interpretazione dell’articolo 146, par. 1, lett. e), direttiva 2006/112, fornita dalla giurisprudenza comunitaria. Di conseguenza, non potrà essere contestata la detrazione dell’imposta ai destinatari di tali fatture.

Se poi in futuro una nuova pronuncia comunitaria sconfessasse chiaramente l’impostazione delle Entrate, nulla dovrebbe essere preteso: né sanzioni, né interessi e neppure il tributo. Le informazioni della risposta 229/2022 sono infatti talmente precise e incondizionate che qualsiasi richiesta nei confronti di qualsiasi operatore, e non solo nei confronti dell’interpellante (ex articolo 11, legge 212/2000), dovrebbe essere preclusa, al fine di garantire una tutela piena del legittimo affidamento del contribuente. Sarebbe un atteggiamento responsabile dell’amministrazione che, oltretutto, eviterebbe al legislatore d’intervenire affannosamente (com’è avvenuto per i trasporti) per impedire che gli uffici si lancino in pericolosi accertamenti destinati a essere poi abbandonati.

GLI ESEMPI
Il caso
Il vettore Alfa viene incaricato da un soggetto nazionale di effettuare un trasporto di beni dall’Italia alla Svizzera. Alfa può fatturare la prestazione al committente in regime di non imponibilità? Cosa accade se è emessa fattura con Iva?
La soluzione
Alfa effettua il trasporto di un bene in esportazione: deve emettere fattura non imponibile ex articolo 9, comma 1, n. 2), Dpr 633/1972. L’emissione di fattura con Iva può comportare contestazioni sulla detrazione operata dal committente.

Il caso
Se nel caso precedente Alfa affida a sua volta il servizio al sub vettore Beta, quest’ultimo deve emettere fattura con Iva o in regime di non imponibilità? Cosa accade in caso di errore in sede di fatturazione?
La soluzione
Beta deve fatturare con Iva. La non imponibilità si applica solo verso i soggetti di cui al comma 3 dell’articolo 9 (esportatore, destinatario dei beni, ecc.). L’emissione di fattura senz’Iva è punita con sanzione dal 90 al 180% dell’imposta (articolo 6, comma 1, Dlgs 471/1997).

Il caso
Gamma viene incaricata di servizi di carico/scarico da Iota (operatore nazionale). I servizi riguardano sia beni destinati a essere esportati sia beni con destinazione interna o Ue. Gamma deve distinguere le prestazioni per assoggettarle a regimi Iva differenti?
La soluzione
Gamma deve distinguere i servizi resi in relazione ai beni destinati a essere esportati dagli altri. Per i primi, si applica il regime di non imponibilità ex articolo 9, comma 1, n. 5), Dpr 633/1972. Per gli altri (destinazione Italia/Ue) si applica l’Iva.

Il caso
Se nel caso precedente Gamma affida a sua volta il servizio a Teta, quest’ultimo deve
emettere fattura con Iva o in regime di non imponibilità? Cosa accade in caso di errore commesso in sede di fatturazione?
La soluzione
Teta emette fattura non imponibile per i servizi su beni in export, con Iva per beni con destinazione Italia/Ue (risposta 229/22). L’articolo 146, par. 1, lett. e), dir. 2006/112, e la sentenza C-288/16 inducono però a considerare anche la qualifica del committente.

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