Professione

Il nuovo ecobonus taglia le parcelle dei professionisti

di Saverio Fossati e Giuseppe Latour

Le nuove regole sull’ecobonus rischiano di tagliare i compensi dei professionisti. La tagliola dei nuovi massimali, infatti, non si applicherà solo ai prodotti ma anche alle parcelle di architetti, ingegneri e geometri. Che, nel duro gioco delle trattative, potrebbero lasciare diversi euro per strada.

Va ricordato che la bozza di decreto allo studio del Mise prevede, oltre all’aggiornamento dei parametri tecnici degli interventi di efficientamento energetico, l’attivazione di massimali di spesa «unitari», agganciati cioè al metro quadrato o al kW, a seconda della tipologia di prodotto. Fuori da questi limiti non si incassano bonus.

I tetti, in alcuni casi, sono finiti nel mirino delle imprese perché troppo bassi (si veda il Sole 24 Ore del 20 luglio). Oltre che sui produttori, però, potrebbero avere un impatto rilevante anche sui progettisti, perché la norma, al momento, prevede espressamente che i massimali «si considerano comprensivi di Iva, prestazioni professionali e opere complementari relative alla installazione e alla messa in opera delle tecnologie». Insomma, con le cifre previste dal provvedimento non si devono pagare solo gli interventi ma anche le parcelle di ingegneri, architetti e geometri.

Prendiamo, allora, il caso di un cappotto termico. Per l’isolamento esterno si ipotizza nel decreto un massimale di 200 euro al metro quadro che, considerando la somma di opere e progettazione, per diversi addetti ai lavori risulta troppo basso. Con uno sconto limitato a disposizione, il cliente in molti casi potrebbe allora scegliere una strada: chiedere uno sconto al professionista.

Luca Rollino, ingegnere termotecnico, propone un esempio concreto: edificio di 6 piani con 24 appartamenti e 1.600 metri quadrati di cappotto. Costo complessivo 250mila euro Iva esclusa, cui si sommano ponteggi e interventi edilizi di ripristino:«Il costo dei professionisti comprende la diagnosi energetica di 3mila euro, più il 3-4% di progettazione, più direzione lavori per altri 10mila euro. Quindi, il professionista incide per circa 10% del lavoro. Ma con questi tetti salterà la diagnosi e la progettazione sarà solo definitiva e non preliminare e di esecuzione. Mentre la direzione lavori, in carico all’impresa, sarà comunque sporadica. Senza tener conto degli oneri legati alla sicurezza sotto il profilo professionale, con’ulteriore incidenza di 5-6mila euro».

Su questo assetto, concordano in molti. Per il consigliere nazionale dei geometri, Pasquale Salvatore, «le attività di progettazione e direzione lavori sono difficilmente definibili a priori. Per questo non andrebbero incluse in massimali di questo tipo. Inoltre, dal momento che la coperta in questo modo diventa corta e da qualche parte bisognerà tirarla, vedo il rischio che i soldi che si perdono vengano chiesti proprio al progettista».

Paolo Rigone, professore del Politecnico di Milano e direttore tecnico di Unicmi, associazione che riunisce tra gli altri i produttori di facciate continue e schermature, fa qualche cifra: «Si deve considerare che per una riqualificazione energetica complessiva, tra progettazione, pratiche edilizie, direzione lavori e collaudo siamo intorno al 10% del costo dell’opera, che dovrebbero essere decurtati dai valori (di per sé implausibili) ammessi per i singoli componenti. Peraltro, anche la contabilizzazione risulterebbe complicatissima se non impossibile».

Per il vicepresidente dell’Oice (l’associazione delle società di ingegneria) Giorgio Lupoi, c’è addirittura un rischio peggiore: «Il pericolo che vedo è che l’impresa prenda il sopravvento e decida di fare tutto, portandosi dietro i suoi tecnici senza coinvolgere professionisti esterni. In questo modo, l’ingegneria potrebbe diventare un elemento di contorno e il mercato della progettazione nel privato, nei prossimi anni, potrebbe contrarsi di parecchio».

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