Controlli e liti

Il formulario identificativo può fermare la presunzione di cessione dei prodotti

Rischio maggior imponbile per gli articoli invenduti non presenti nei magazzini

di Pasquale Murgo

Nell’accertamento delle imposte sul reddito i beni non rinvenuti nel magazzino non si possono considerare presuntivamente ceduti se il contribuente è in possesso del formulario di identificazione dei rifiuti che ne provi l’avvenuta distruzione. È questo il principio espresso dalla Cassazione nell’ordinanza n. 26223 del 28 settembre che, in tema di presunzioni di cessione di cui agli articoli 1 e 2 del Dpr 441/1997, conferma l’impostazione già espressa dalla prassi nella circolare 193/1998.

La disciplina generale

Nel Dpr 441/1997 è contenuto il regolamento recante norme per il riordino della disciplina delle presunzioni di cessione e di acquisto. Nell’articolo 1 del Dpr è previsto che si presumono ceduti i beni acquistati, importati o prodotti che non si trovano nei luoghi in cui il contribuente svolge le proprie operazioni, né in quelli dei suoi rappresentanti. La presunzione di cessione opera in uno di questi casi:

1 in presenza di un riscontro fisico effettuato al momento dell’inizio degli accessi, ispezioni e verifiche fiscali volto a rilevare i beni esistenti nei luoghi di svolgimento delle operazioni del contribuente;

2 in presenza di un riscontro contabile volto a rilevare eventuali differenze quantitative (cosiddette differenze inventariali) tra le risultanze delle scritture ausiliarie di magazzino di cui alla lettera d) dell’articolo 14 del Dpr 600/1973 o della documentazione obbligatoria emessa o ricevuta e la consistenza delle rimanenze registrate dal contribuente.

In tali circostanze e in relazione ai beni non rinvenuti nel magazzino od oggetto di differenze inventariali, l’amministrazione finanziaria potrebbe contestare l’esistenza di un maggior imponibile ai fini Iva ed un maggior reddito ai fini delle imposte dirette, seppur le presunzioni del Dpr 441/1997 siano specificamente preordinate all’attività di controllo e accertamento ai fini Iva (circolare 193/98).

Mancata operatività

Tale presunzione di cessione non opera se il contribuente prova che i beni:

sono stati impiegati per la produzione, perduti o distrutti;

sono stati consegnati a terzi in lavorazione, deposito, comodato o in dipendenza di contratti estimatori, di contratti di opera, appalto, trasporto, mandato, commissione o di altro titolo non traslativo della proprietà.

Con particolare riferimento alla distruzione, la disposizione normativa prevede che nel caso in cui il contribuente provveda direttamente alla distruzione dei beni, la prova deve essere fornita seguendo una particolare procedura che consiste:

in una comunicazione scritta da inviare gli uffici dell’amministrazione finanziaria e ai comandi della Guardia di finanza di competenza;

in un verbale redatto da pubblici funzionari, da ufficiali della Guardia di finanza o da notai che hanno presenziato alla distruzione o alla trasformazione dei beni, ovvero, nel caso in cui l’ammontare del costo dei beni distrutti o trasformati non sia superiore a 10mila euro, da dichiarazione sostitutiva di atto notorio;

nella predisposizione del documento di trasporto, progressivamente numerato, relativo al trasporto dei beni eventualmente risultanti dalla distruzione o trasformazione.

Diversamente, nel caso in cui il contribuente non provveda direttamente alla distruzione dei beni, ma li consegni agli appositi soggetti autorizzati ai sensi delle vigenti leggi sullo smaltimento rifiuti, il Dpr 441/1997 non prevede una disciplina specifica per la prova.

In argomento viene in aiuto la circolare 193/98 (nello stesso senso la risoluzione 131/E/08) ove si prevede che in tali situazioni la distruzione è dimostrata mediante il formulario di identificazione dei rifiuti di cui all’articolo 15 del Dlgs 5 febbraio 1997, n. 22 (sostituito dall’articolo 193 del Dlgs 152/2006).

La posizione della Cassazione

Nell’ordinanza 26223, la Corte, in relazione a un accertamento effettuato delle Entrate con utilizzo delle presunzioni di cessione di cui al Dpr 441/1997, ha quindi affermato che:

le presunzioni di cessione operano anche ai fini delle imposte sul reddito e sono annoverabili tra le presunzioni legali “miste”, che consentono, entro i limiti di oggetto e di mezzi di prova stabiliti a fini antielusivi, la dimostrazione contraria da parte del contribuente secondo le modalità tassativamente indicate dal Dpr 441/1997 (in senso conforme, tra le altre, Cassazione, 24879/20; 21689/20; 27549/18; 6185/17). Da segnalare che nella sentenza 10927/2015 la Corte aveva affermato che nelle imposte dirette, a differenza dell’Iva, al contribuente è consentito avversare la presunzione con ogni mezzo;

facendo proprio l’orientamento espresso dalla prassi, che i contribuenti possono procedere alla distruzione dei beni propri anche mediante consegna dei beni stessi a soggetti autorizzati all’esercizio di tali operazioni in conto terzi, ai sensi delle vigenti leggi sullo smaltimento dei rifiuti. In tal caso l’avvio a distruzione è dimostrato mediante il formulario di identificazione rifiuti contenente le indicazioni specifiche richieste dalle prescrizioni che, integrate dal Dm 1 aprile 1998, n. 145, sono tassative.

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