Diritto

Polizze unit-linked valide se informano sui rischi

Per la Corte Ue il sottostante in derivati deve essere rappresentato al contraente «debole». La giurisprudenza italiana esige sempre la salvaguardia di un adeguato valore finale

di Alessandro Galimberti

Il consumatore che sottoscrive una polizza assicurativa unit-linked ha il diritto di ricevere preventivamente le informazioni sul sottostante, tantopiù se questo è costituito da prodotti di investimento altamente volatili.

La Corte di giustizia dell’Ue, con la sentenza del 24 febbraio nelle cause riunite C-143/20 A e C-213/20 A, torna sul tema delle polizze ”composite”, che tanto hanno occupato anche la giurisprudenza nazionale (e diverse procure della Repubblica), per sottolineare i doveri di informativa che tali prodotti, in quanto pur latamente assicurativi, comportano.

Il caso era stato sollecitato dal Tribunale circondariale polacco di Varsavia-Wola dopo che un gruppo di cittadini, rimasto all’asciutto dalla volatilizzazione dei derivati della polizza-investimento, aveva chiesto annullamenti contrattuali a pioggia e restituzione dei relativi premi versati.

Il quesito pregiudiziale per la Corte del Lussemburgo era quindi relativo alla portata dell’obbligo di informazione precontrattuale previsto dalla direttiva sull’assicurazione sulla vita in favore del contraente di un contratto di assicurazione sulla vita, e gli effetti della mancata comunicazione di tale informazione completa.

I premi pagati erano stati convertiti in quote di un fondo di investimento e, successivamente, investiti in strumenti finanziari da cui dipendeva il valore di tali quote, che costituivano le «attività di contropartita» dei contratti «unit-linked»

Secondo la Corte Ue, non è importante la forma (una trattativa precontrattuale vere e propria, o altro) quanto la sostanza di rappresentare informazioni da cui può maturare il consenso o meno del consumatore.

Pertanto, in termini civilistici, la conoscenza sufficientemente dettagliata dei rischi specifici legati ai prodotti derivati diventa un elemento essenziale nella formazione del consenso da parte del contraente “debole”. Trattandosi di rapporto contrattuale vero e proprio, come specifica la stessa Corte di giustizia europea nei consideranda preliminari, spetta proprio all’impresa assicuratrice fornire tutte le info necessarie a una coerente formazione del consenso.

Circa le conseguenze di tali violazioni la Cgue si rimette però agli ordinamenti nazionali, non rinvenendo nelle regole europee un generale automatismo che faccia scattare la nullità-restituzione in queste ipotesi, che pure però possono integrare «omissioni ingannevoli».

E proprio in riferimento agli ordinamenti nazionali, chiamati in causa dai giudici del Lussemburgo, vale la pena ricordare che sia la Cassazione (sentenze 6061/12 e 8412/15) e più recentemente anche l’Appello di Milano (220/16) sono da tempo in sintonia nel sottolineare che il capitale iniziale può determinare incrementi o decrementi per effetto della sua gestione, ma il prodotto linked mantiene la sua natura assicurativa - e pertanto assolve alle finalità previdenziali perseguite dal beneficiario della polizza - se garantisce alla scadenza la conservazione «almeno in parte» del capitale iniziale.

La disputa, nei contenziosi più volte arrivati alla valutazione di legittimità, ha qui una prospettiva più spiccatamente fiscale (ed ereditaria), considerato che la riqualificazione a posteriori operata dal giudice ha spesso attratto le polizze nell’area di imponibilità fiscale.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©