Imposte

Reverse charge, sanzioni fisse anche per la «stabile» occulta

di Giovanni Iaselli e Antonio Tomassini

L'irregolare assolvimento dell’Iva da parte dell’acquirente italiano con il reverse charge comporta esclusivamente l’applicazione delle sanzioni fisse in caso di stabile organizzazione occulta. È uno dei chiarimenti forniti dalle Entrate con la circolare 16/E/2017 a commento delle nuove norme sanzionatorie introdotte dal Dlgs 158/2015, di grandissima rilevanza per tutti i casi in cui il fisco contesti la presenza di una stabile organizzazione nel nostro Paese.

Al fine di garantire l’applicazione di sanzioni più miti in presenza di violazioni poco insidiose (principio di proporzionalità), con la modificadel 2015 il legislatore ha riscritto il sistema sanzionatorio amministrativo. In particolare, è stata completamente ridefinita la disciplina delle sanzioni in tema di reverse charge, ora disciplinata dall’articolo 6, commi 9-bis, 9-bis.1, 9-bis.2 e 9-bis.3, Dlgs 471/1997.

I nuovi commi 9-bis.1 e 9-bis.2, ferma restando la detraibilità dell’imposta, prevedono sanzioni fisse (da 250 a 10mila euro) in caso di irregolare assolvimento dell’Iva.

L’irregolare assolvimento del tributo ricorre in due ipotesi inverse: quando l’imposta doveva essere applicata con il reverse charge ma è stata assolta con il regime ordinario e quando l’Iva è stata applicata con il reverse charge anziché con il regime ordinario.

In quest’ultima ipotesi, richiamando la relazione di accompagnamento al Dlgs 158/2015, l’Agenzia ha affermato che la sanzione fissa trova applicazione per tutte le ipotesi in cui l’Iva è stata assolta erroneamente dal cessionario/committente con il reverse charge, per operazioni riconducibili a tale regime ma per le quali non ricorrevano “tutte” le condizioni per la sua applicazione.

Ciò si verifica anche nel caso della «stabile organizzazione occulta»: ossia quando l’acquirente/committente residente abbia assolto l’imposta con il reverse charge, relativamente a beni o servizi acquistati dal soggetto non residente al quale, successivamente, viene contestata l’esistenza di una stabile organizzazione.

Ai fini Iva, per le operazioni rese o ricevute dalla stabile organizzazione, quest’ultima costituisce un soggetto autonomo rispetto alla casa madre (articolo 7 del Dpr 633/1972). Le operazioni attive rese dalla stabile organizzazione italiana devono essere da quest’ultima fatturate in qualità di soggetto passivo residente, soggetto agli ordinari obblighi Iva.

Quando l’operazione veniva assoggettata erroneamente a Iva con il reverse charge dall’acquirente italiano (come acquisto da un soggetto non residente), si poneva il problema dell’omessa applicazione dell’imposta e delle connesse violazioni sostanziali in capo all’accertata stabile organizzazione.

Poiché l’imposta, anche se erroneamente, è stata correttamente applicata in Italia con il reverse charge, non è possibile richiedere nuovamente l’Iva all’accertata stabile organizzazione, pena la creazione di un’illegittima doppia imposizione.
Proprio l’assenza di un debito d’imposta e il fatto che l’operazione, in ogni caso, sia stata già assoggettata ad Iva dall’acquirente, ha portato l’Agenzia a ritenere applicabile, anche in tali ipotesi, esclusivamente la sanzione fissa di cui al comma 9-bis.2.

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