Controlli e liti

Il premio revocabile al promotore è «sospeso» e si tassa in cinque anni

Per la Ctr Lombardia 3373/13/2021 il bonus per l’acquisizione clienti versato in blocco era soggetto a verifiche nel tempo

di Marco Nessi e Roberto Torelli

È legittima la tassazione in cinque periodi d’imposta del cosiddetto premio di “reclutamento” percepito da un promotore finanziario e corrisposto dalla banca mandante a titolo di incentivo per l’apporto del proprio portafoglio clienti, in quanto trattasi di una clausola di natura sospensiva e non risolutiva È questo il principio enunciato dalla Ctr della Lombardia nella sentenza 3373/13/2021 (presidente Barbaini, relatore Ansaldi).
Nel caso in esame un promotore finanziario, dopo avere prestato la propria attività lavorativa per altre banche, accettava il mandato proposto da un nuovo intermediario stipulando con lo stesso, oltre al normale contratto di agenzia, un secondo contratto mediante il quale la banca mandante si obbligava ad attribuire al promotore un premio di incentivazione, affinchè lo stesso apportasse il proprio portafoglio clienti con l’obbligo di mantenere tali clienti presso la banca per almeno 5 anni continuativi. Il contribuente nel 2013 percepiva l’intero bonus previsto ma, ritenendo che le clausole del contratto avessero una natura sospensiva, nel 2013 sottoponeva a tassazione soltanto un quinto del premio ricevuto: viceversa, gli altri quinti venivano tassati nel 2014, 2015, 2016 e 2017.
L’ufficio contestava tale impostazione ritenendo che il premio di incentivazione dovesse essere sottoposto a tassazione interamente nell’anno 2013 in quanto il diritto a ricevere lo stesso doveva considerarsi già certo e determinato all’atto della conclusione del contratto. Pertanto, a detta dell’ufficio, si sarebbe trattato di una clausola avente natura risolutoria (o penale).
Dopo un giudizio di primo grado favorevole all’Agenzia, la Ctr ha accolto l’appello del contribuente. In via preliminare, il collegio ha riconosciuto l’illegittimità dell’accertamento nel presupposto che, seguendo la tesi dell’ufficio, l’anno oggetto di accertamento avrebbe dovuto essere il 2012 (ovvero l’annualità in cui si era verificato il trasferimento della clientela) e non, viceversa, il 2013 (anno in cui si era avuto il pagamento del bonus).
Oltre a questo errore temporale, i giudici d’appello hanno riconosciuto la natura sospensiva (e non risolutiva) delle clausole sottoscritte tra le parti, così come confermato dal riconoscimento della possibile restituzione parziale o integrale del bonus erogato anticipatamente dalla banca previsto contrattualmente. Infatti, dal contenuto degli accordi intercorsi, in caso di recesso della banca prima dei 5 anni, all’agente sarebbe stato in ogni caso liquidato quanto da lui maturato fino a quella data. Viceversa, in caso di recesso dell’agente, la Banca avrebbe preteso la riscossione di tutto il premio erogato anticipatamente per i 5 anni a favore dell’agente. Questi elementi confermavano che il bonus riconosciuto all’agente aveva una maturazione annuale (dal 2013 al 2017) essendo legato al mancato avveramento di accadimenti (ovvero il mancato recesso della banca o dell’agente) da verificare annualmente.

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