Professione

Un emendamento rilancia l’equo compenso nella Pa

di Federica Micardi

Grazie a un emendamento al Dl semplificazioni che vede tra i firmatari tre senatori del Movimento 5 Stelle, Grassi, Patuanelli e Santillo, i riflettori sono tornati sui compensi che la pubblica amministrazione offre ai professionisti nei bandi di gara.
La questione dell'equo compenso è stata recentemente sollevata dal presidente di Confprofessioni Gaetano Stella, durante l'audizione presso le commissioni unite Affari costituzionali e Lavori pubblici al Senato sul decreto semplificazioni che si è svolta martedì scorso. Stella in quell'occasione ha parlato di «un annoso problema, che tuttavia ha assunto negli ultimi anni dimensioni inaccettabili e lesive della stessa dignità dei professionisti che operano con la Pa». Un problema in parte affrontato dal Dl 148/2017, all'articolo 19-quaterdecies, comma 3, ma rimasto in sospeso per la pubblica amministrazione, avendo sancito un principio privo di potere vincolante. Un vuoto normativo che l'emendamento presentato ieri dovrebbe colmare.
In particolare l'emendamento propone di aggiungere al comma 3, articolo 14-quaterdecies del Dl 148/2017 che «le pubbliche amministrazioni non possono conferire incarichi professionali, né affidare opere pubbliche nell'ambito delle quali siano previsti incarichi professionali, il cui compenso pattuito non sia proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro svolto nonché al contenuto e alle caratteristiche della prestazione, anche tenuto conto dei parametri per la liquidazione giudiziale dei compensi. Eventuali contratti d'opera stipulati in violazione del presente comma sono nulli...».
A far nascere la necessità di definire un limite minimo al compenso dei professionisti nei bandi pubblici fu la sentenza del Consiglio di Stato 4614/2017 che aveva ritenuto legittimo il bando che prevedeva «zero compenso» per il professionista. Dopo un acceso dibattito il legislatore decise di porre un freno ai soli “poteri forti” e quindi banche, assicurazioni e grandi aziende; per la Pa venne prevista una norma di principio così da evitare l'applicazione retroattiva della norma. Ma a quanto pare la norma di principio, presa a riferimento solo da alcune Regioni (Lazio, Campania, Calabria e Pugli), non è stata sufficiente ad evitare bandi con compensi “risibili”.
«È un passo avanti importante anche a livello culturale che la pubblica amministrazione - commenta Stella - riconosca il diritto del professionista a ricevere un compenso adeguato. Intanto cominciamo con la pubblica amministrazione, poi ci saranno i tempi e i modi per estendere questo principio anche al settore privato».
E in merito ai cosiddetti poteri forti le cose non sono andate esattamente come era nelle intenzioni del legislatori. «In molti casi - racconta Stella - la nuova norma ha dato l'incipit per risolvere o rinegoziare i contratti in essere senza che i professionisti ne abbiano tratto beneficio». Secondo Stella se lo Stato dà un segnale in questa direzione, se stigmatizza il pagamento al ribasso dell'attività professionale, sarà più facile che anche il settore privato si allinei.

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