Controlli e liti

Costituzione di trust, il dolo va dimostrato

di Laura Ambrosi

La costituzione di un trust non è di per sé un’operazione idonea ad integrare il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte. Occorre, infatti, verificare la sussistenza degli intenti evasivi o elusivi che non possono presumersi con il semplice ricorso al particolare istituto.

A fornire questi chiarimenti è la Corte di Cassazione, terza sezione penale, con la sentenza n. 36801 depositata ieri.

Il dipendente di un’azienda era stato condannato per diversi reati, tra i quali anche la sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, previsto dall’articolo 11 del Dlgs 74/2000. Più precisamente, secondo l’accusa, costituiva fraudolentemente un trust di cui era egli stesso il disponente e la moglie la trustee, nel quale conferiva tutti i beni di proprietà.

La condanna veniva confermata anche in appello, così l’imputato ricorreva in Cassazione, lamentando, in estrema sintesi, che la Corte territoriale aveva ritenuto che l’istituto del trust fosse stato abusato, senza considerare le reali ragioni della sua costituzione.

I giudici di legittimità, accogliendo la tesi della difesa, hanno innanzitutto rilevato che secondo giurisprudenza costante, il trust si sostanzia nell’affidamento ad un terzo di determinati beni perché questi li amministri e gestisca in qualità di proprietario, per poi restituirli alla scadenza.

In vigenza del trust, il disponente perde la disponibilità dei beni conferiti e tale requisito è indispensabile affinchè esista il trust stesso, tanto è che ove la perdita del controllo sia solo apparente, è nullo e non produce l’effetto segregativo proprio dell’istituto.

È stato anche precisato che il trust al fine di evitare che possa essere utilizzato solo quale facile strumento di elusione di norme, il programma di segregazione deve corrispondere solo allo schema astrattamente previsto dalla Convenzione. Ne consegue così che il programma concreto deve risultare dal singolo regolamento d’interessi attuato.

Il trust, infatti, può essere utilizzato per il raggiungimento dei più vari scopi pratici e pertanto occorre esaminare, al fine di valutarne la liceità, le circostanze da cui desumere la causa concreta dell’operazione.

Si tratta di un’indagine particolarmente rilevante nei riguardi di uno strumento giuridico, che molto facilmente si presta a finalità frodatorie o elusive.

Nella specie, la Corte territoriale, però, aveva completamente trascurato di verificare se, come sostenuto dall’imputato, il trust potesse realmente perseguire la finalità di parificare i diritti ereditari dei figli, indipendentemente dal fatto che il disponente avesse potuto ricorrere ad altri strumenti negoziali per realizzare il medesimo fine.

Era stata sottovalutata la verifica del dolo specifico circa la fraudolenza della sottrazione dei beni al fisco in presenza o meno di un interesse perseguito alla regolamentazione dei diritti successori dei figli.

La decisione appare particolarmente interessante, poiché esclude che anche in presenza di debiti tributari, la mera costituzione del trust possa di per sé integrare la condotta illecita di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte.

La sentenza n. 36801/2017 della Cassazione

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