Imposte

Barriere architettoniche e superbonus, sì allo sconto in fattura

Il ministero dell’Economia risponde a un’interrogazione parlamentare, per chiarire i confini di alcune norme contestate

di Saverio Fossati e Giuseppe Latour

Applicazione più semplice del 110% alla rimozione di barriere architettoniche. È quanto emerge da una risposta del ministero dell’Economia a un’interrogazione, con primo firmatario Gian Mario Fragomeli (Pd), in commissione Finanze alla Camera.

Sull’applicazione del superbonus alle barriere architettoniche sono stati sollevati, nelle ultime settimane, diversi problemi di coordinamento normativo, che stanno creando dubbi tra gli operatori.

Maglie larghe per le barriere

Il ministero dell’Economia, allora, prova a chiarirli e spiega che «relativamente alle spese sostenute dal primo gennaio 2021», per la rimozione di barriere architettoniche, «in alternativa alla fruizione diretta» può essere esercitata «l’opzione per un contributo sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto» o la cessione del credito.

Non solo. Il Mef dice anche che la presenza nell’edificio di persone di età superiore a 65 anni è «irrilevante ai fini dell’applicazione del beneficio». La circolare 19/E del 2020 dell’agenzia delle Entrate ha, infatti, chiarito che la detrazione per questo tipo di interventi spetta «anche in assenza di disabili nell’unità immobiliare o nell’edificio».

Un’impostazione che vale anche in materia di 110 per cento. Resta, invece, un limite: questi lavori vanno agganciati a un intervento di efficientamento energetico. È escluso il sismabonus come lavoro trainante.

Qualche chiarimento arriva anche in materia di pertinenze. Qui si spiega che «in assenza di specifiche indicazioni», le pertinenze non vanno considerate autonomamente, ai fini del conteggio delle unità immobiliari. Diverso il ragionamento se guardiamo al limite di spesa. Bisogna tenere, infatti, conto anche delle pertinenze: quando ci siano quattro unità e quattro pertinenze, il calcolo si effettuerà moltiplicando per otto.

Appalto e non mandato

Sul fronte del complesso rapporto con la figura dei general contractor (o contraente generale) si è svolto ieri il webinar organizzato dal Cndcec di Asti, Confedilizia e Sole 24 Ore, nel corso del quale il presidente del Cndcec di Asti, Angelo Dabbene, ha illustrato le perplessità sull'ipotesi di usare la formula del “mandato senza rappresentanza” nel rapporto contrattuale tra committente e Gq, ricordando le recenti risposte a interpello 261 e 254 che hanno escluso la possibilità di includere le superbonus le attività che non abbiano diretta correlazione con l'intervento.

Pier Paolo Bosso (presidente di Confedilizia Piemonte e Val d'Aosta) ha esposto i rischi di delibere condominiali poco chiare, che possono produrre equivoci con pesanti riflessi fiscali, e la necessità che ogni polizza assicurativa del professionista serva a coprire il singolo cantiere.

A chiarire alcuni aspetti fondamentali del rapporto tra fiscalità e Codice civile è stato il funzionarioincaricato dalla Dre Piemonte Silvio Rivetti, che ha precisato che esiste una profonda differenza tra il Gc considerato all’interno di un rapporto di appalto piuttosto che di mandato. Il mandatario, ha detto Rivetti, non sopporta il rischio d'impresa e non è quindi un imprenditore, è invece un appaltatore o subappaltatore quando compie una serie di azioni, come chiarito nella risoluzione 111/E/2008: «La figura del Gc appare assimilabile a quella di un appaltatore: un imprenditore che, con propria organizzazione, s'impegna nei confronti del committente a realizzare un'opera (o a svolgere un servizio) verso corrispettivo, assumendosi il rischio d'impresa relativo», soprattutto se il Gc ha le competenze per garantire il completamento de i lavori.

Passando a esaminare le risposte a interpello delle Dre Lombardia e delle Entrate, Rivetti ha precisato che le prestazioni di mero coordinamento di un Gc «privo di competenze e strutture operative» sono escluse dal superbonus. Deve esistere tra spese detraibili e interventi una connessione qualificata, “stretta” e non generica. Mentre sulla risposta 254/2021, benché favorevole al contribuente, Rivetti ha ricordato che il Gc, se appaltatore, paga le fatture dei professionisti al 22% e le rifattura al 10% al committente: la differenza del 12% potrebbe essere contestata al committente che la detrae nell’ambito del 110%.

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