Imposte

Superbonus, l’uso promiscuo dimezza la detrazione del coniuge

L’Agenzia dà una lettura oggettiva del limite fissato al 50% dello sconto. I limiti alla detrazione non andranno applicati soltanto al professionista

di Giorgio Gavelli

Quando i lavori agevolati col superbonus (sia eco che sisma) sono realizzati in un’unità immobiliare residenziale adibita promiscuamente anche all’esercizio dell’attività professionale, la detrazione spettante è ridotta al 50 per cento, anche quando a sostenere le spese è il coniuge del professionista comproprietario o convivente. È questo il contenuto di una delle più interessanti risposte rese dall’agenzia delle Entrate per lo speciale Telefisco organizzato dal Sole 24 Ore.

Per gli immobili ad uso promiscuo, in cui l’utilizzo come abitazione privata si combina a quello imprenditoriale (anche occasionale) o professionale, il superbonus spetta, secondo l’agenzia delle Entrate, nella misura del 50% (risposte ad interpello n. 65/2021 e 570/2020), seguendo il principio codificato, per il solo bonus ristrutturazione, dall’articolo 16-bis, comma 5, Tuir.

L’Agenzia estende la regola anche al sismabonus di cui all’articolo 16 del Dl n. 63/2013, in virtù del fatto che i principi di base sono i medesimi del bonus ristrutturazione, mentre ricorre all’analogia per applicarla anche all’ecobonus ed agli interventi agevolati al 110%.

Il quesito posto dal Sole 24 Ore alle Entrate riguarda l’esecuzione di lavori agevolati per 80mila euro in un’abitazione non di lusso, utilizzata promiscuamente da un professionista anche come ufficio. Il pagamento dei lavori avviene al 50% (40mila euro ciascuno) ad opera del professionista e del coniuge convivente.

Dopo aver ribadito la riduzione al 50% della detrazione (che, quindi, viene calcolata sul 50 per cento delle spese sostenute), l’Agenzia conclude affermando che tale limitazione sussiste anche in relazione alle spese sostenute dal coniuge comproprietario al 50 per cento dell’immobile, trattandosi comunque di costi relativi alla realizzazione di interventi su un immobile residenziale utilizzato promiscuamente per l’esercizio della professione.

Viene data, quindi, una lettura “oggettiva” del limite (riferendolo all’immobile) e non “soggettiva” dello stesso (come accadrebbe riferendolo al beneficiario), con la conseguenza che, nel caso esaminato, sia il professionista che il coniuge detraggono rispettivamente 22mila euro in 5 anni come detrazione al 110% del 50% delle spese da ciascuno sostenute. Lettura restrittiva, probabilmente dettata allo scopo di evitare arbitraggi tra i coniugi.

Nonostante il quesito andasse oltre, l’Agenzia tace sulla possibilità del professionista di dedurre dal proprio reddito di lavoro autonomo il 50% delle spese (i 20mila euro non agevolati) come costi sostenuti su immobile promiscuo ai sensi dell’articolo 54, comma 3, Tuir. Ma sul punto non si ravvisano perplessità, come del resto, per gli immobili promiscuamente utilizzati nell’utilizzo dell’impresa, per effetto dell’articolo 64, comma 2, Tuir.

Anzi, a dire il vero, seguendo la non chiarissima circolare n. 20/E/2011 (punto 3.4), sui lavori ecobonus la deducibilità dei costi, in ossequio alle regole del regime contabile adottato, deve essere limitata, mentre la detrazione avrebbe dovuto restare piena.

Ricordiamo che la deduzione di cui all’articolo 54, comma 3, Tuir è ammessa a condizione che il contribuente non disponga, nel medesimo comune, di altro immobile adibito esclusivamente all’esercizio dell’arte o professione.

In passato, l’Agenzia ha sempre sostenuto (Risoluzione n. 18/E/2008, Circolare n. 19/E/2020 e risposta ad interpello n. 65/2021) che la limitazione della detrazione al 50% per gli immobili utilizzati promiscuamente si applica tanto in caso di attività svolta abitualmente, quanto in quella esercitata occasionalmente (quindi in assenza di partita Iva), come nel caso di molti bed & breakfast.

Ma, come già rilevato (si veda Il Sole 24 Ore del 12 marzo) se l’attività è svolta occasionalmente (in assenza di partita Iva) perché differenziare questi immobili da quelli in cui si abita e, occasionalmente, si affitta o si concede in comodato a terzi una stanza? O in cui si effettuano locazioni brevi?

Il comma 5 dell’articolo 16-bis, che stabilisce la detrazione ridotta al 50% per le spese sostenute su unità immobiliari residenziali adibite promiscuamente all’esercizio dell’arte, professione o dell’attività commerciale, si riferisce ad un esercizio abituale non occasionale.

Trattare allo stesso modo chi ha partita Iva e chi ne è (legittimamente) privo, e differenziare quest’ultimo dal contribuente “privato” non sembra coerente né sistematico. Si trattano situazioni simili in modo diverso e, contestualmente, si differenziano situazioni per molti versi analoghe. Il che costituisce un indice di irrazionalità delle conclusioni raggiunte.

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