Imposte

Tari modellata su fabbisogni standard: incide anche la quota di differenziata

Il costo standard nazionale di gestione è di 130,45 euro per ogni tonnellata. L’importo definitivo dipende da diversi parametri tra cui gli impianti regionali

di Luigi Lovecchio

Pubblicate le nuove linee guida per l’applicazione dei fabbisogni standard nella determinazione del piano economico finanziario della Tari. In base all’articolo 1, comma 653, legge 147/2013, ai fini della determinazione del costo del servizio di gestione dei rifiuti urbani da finanziare con il gettito della Tari si deve tener conto delle risultanze dei fabbisogni standard. Questi sono costituiti dal costo medio di gestione di ciascuna tonnellata di rifiuti, stabilito a livello nazionale (pari a 130,45 euro), corretto con alcune variabili allo scopo di ottenere il fabbisogno riferibile ad ogni comune. Le variabili sono rappresentate da:

a) la percentuale di raccolta differenziata;

b) la distanza del comune rispetto agli impianti di trattamento dei rifiuti;

c) il numero e la tipologia degli impianti regionali;

d) la percentuale dei rifiuti urbani trattati all’interno degli impianti regionali;

e) le forme di gestione dei rifiuti;

f) i fattori di contesto del comune (demografia, morfologia e contesto economico);

g) le economie e diseconomie di scala;

h) le modalità di raccolta dei rifiuti (domiciliare o altro);

i) il gruppo omogeneo di appartenenza del comune.

Attraverso l’applicazione di questi correttivi al costo standard nazionale, ogni comune ottiene il fabbisogno standard di pertinenza che a sua volta rappresenta un imprescindibile dato di riferimento, con il quale confrontare il costo complessivo effettivo, funzionale alla determinazione delle tariffe della Tari. Da tale comparazione, prescritta anche nelle metodologie Arera per l’elaborazione dei piani economico – finanziari da porre a base delle delibere locali in materia di prelievo sui rifiuti, possono dunque emergere eventuali inefficienze del servizio, cui rimediare, ad esempio, attraverso la previsione di recuperi di produttività.

Nel documento delle Finanze si precisa che qualora i comuni abbiano già approvato i piani economici finanziari senza tener conto dei nuovi criteri per la determinazione dei fabbisogni standard, gli stessi enti potranno intervenire successivamente a rettifica dei piani suddetti, entro il termine del bilancio di previsione (31 maggio). Questo potrebbe ovviamente comportare l’esigenza di modificare le tariffe della Tari 2023.

I fabbisogni standard sono peraltro validi solo per le Regioni a statuto ordinario.

Le linee guida delle Finanze ricordano infine che la Tari può essere applicata nella versione “tradizionale”, come entrata tributaria, oppure in veste di prelievo corrispettivo, di natura patrimoniale, qualora siano stati istituiti dei sistemi di misurazione puntuale, anche indiretta, dei rifiuti conferiti al servizio pubblico.

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