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Coniugi residenti in Comuni diversi, l’esonero Imu non vale per il saldo del 16 dicembre

di Dario Aquaro

Il saldo Imu del 16 dicembre non sarà toccato dalle novità sulle residenze disgiunte dei coniugi. Novità contenute nella conversione del decreto fisco lavoro (Dl 146/2021), approvato definitivamente il 15 dicembre. Le regole riviste, infatti, entreranno in vigore il giorno successivo alla pubblicazione della legge nella Gazzetta Ufficiale (lo dice espressamente l’articolo 1 della legge stessa), e con il mancato inserimento nell’edizione del 15 dicembre è ormai assodato che non riusciranno a intercettare la scadenza del secondo acconto 2021.

Il decreto, collegato alla manovra di Bilancio, interviene nei casi in cui i coniugi (non separati) abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi. E chiarisce che, se i membri del nucleo familiare hanno stabilito la residenza in immobili diversi, l’esenzione Imu per l’abitazione principale si applica sempre per un solo immobile a scelta: sia quando gli immobili si trovano nello stesso Comune, sia quando si trovano in Comuni diversi.

La novità è proprio in quest’ultima esplicita equiparazione. Perché la scelta di applicare il beneficio su una sola abitazione (e relative pertinenze) vale – allo stato attuale – solo per le ipotesi in cui il nucleo familiare abbia stabilito dimora e residenza in unità immobiliari nello stesso territorio comunale.

La disposizione del Dl fisco-lavoro non è però retroattiva, e per avere effetto almeno per questo mese occorre che entri in vigore non oltre il 16 dicembre, considerando la regola secondo cui occorre superare la metà dei giorni di possesso in un mese. La modifica avrà quindi effetto solo dalla fine di quest’anno, per i mesi da gennaio 2022 in poi. Per i periodi pregressi, invece, si dovrà attendere il responso della Corte costituzionale, chiamata in causa da diverse Commissioni tributarie.

Il fatto che finora il legislatore non abbia disciplinato l’ipotesi dello sdoppiamento di residenze in Comuni diversi ha infatti creato un cortocircuito tra Mef e Cassazione. Da un lato, il ministero (circolare 3/12) ha affermato che l’agevolazione spetta a entrambe le unità. Ma dall’altro, la Cassazione – con un orientamento ormai consolidato (es sentenza 4166/2020) – ha invece sostenuto che per l’esenzione occorre che i coniugi abbiano residenza e dimora in una sola unità abitativa: in caso contrario, a meno di provare la separazione o il divorzio, il beneficio non si applica. Un orientamento che penalizza le situazioni in cui i coniugi hanno effettivamente l’esigenza di tenere le dimore distinte, ad esempio per motivi di lavoro: situazioni in cui il nucleo non risiede e dimora nello stesso immobile e l’agevolazione finisce per non applicarsi su nessuna abitazione (Cassazione 7408/2021).

In attesa che entri in vigore la nuova norma prevista dalla legge di conversione del Dl 146/21 (e in attesa della Consulta per il passato), vale la parola della Cassazione: bisogna quindi pagare l’Imu in tutti le ipotesi di abitazioni disgiunte in Comuni diversi. Senza possibilità di scelta.