Imposte

Cfc a cascata esposte al rischio di doppia imposizione

L’esistenza di un soggetto intermedio rispetto alla Cfc estera preclude il tax credit spettante alla controllante

di Marco Piazza e Alessandro Saini

Nella bozza di circolare sulle Cfc rimasta in consultazione fino al 6 agosto scorso, l’agenzia delle Entrate disconosce il credito d’imposta in Italia qualora la controllata estera di secondo livello sia assoggetta alla disciplina Cfc anche nello Stato di residenza della controllata di primo livello, adottando così un diverso trattamento rispetto all’analogo caso della stabile organizzazione estera in regime di esenzione della controllata non residente.

Procediamo con ordine. In base al nuovo articolo 167, comma 4, del Tuir, le disposizioni Cfc trovano applicazione se il soggetto controllato estero è soggetto a tassazione effettiva inferiore alla metà di quella cui sarebbe stato assoggettato qualora residente in Italia e ritrae proventi che, per più di un terzo del loro ammontare, sono costituiti da «passive income».

Per calcolare il livello effettivo di tassazione estera, il contribuente residente deve considerare le imposte sul reddito dovute dal soggetto estero controllato e rapportarle all’utile ante imposte di bilancio. Il tax rate effettivo estero così determinato va posto a confronto con il tax rate virtuale domestico, calcolato rapportando l’imposta che sarebbe dovuta in Italia sul reddito prodotto dalla controllata estera all’utile ante imposte di bilancio. Per le stabili organizzazioni, rileva il rendiconto redatto ai fini fiscali dalla casa madre.

Nella determinazione della tassazione effettiva estera occorre dare rilievo sia alle imposte sul reddito effettivamente dovute dalla controllata estera nello Stato di localizzazione - al netto di eventuali crediti d’imposta per i redditi prodotti in Stati diversi - sia alle imposte versate a titolo definitivo sui redditi della medesima entità estera in altre giurisdizioni.

Laddove un soggetto residente in Italia (o una stabile organizzazione italiana di un soggetto non residente) controlli una entità estera («di primo livello») la quale a sua volta controlli un’altra entità di un terzo Stato («di secondo livello»), occorre effettuare due test separati, uno per la controllata estera di primo livello e un altro per la controllata estera di secondo livello (paragrafo 4.1.1 della circolare).

Per l’Agenzia, ai fini del test effettuato sulla controllata estera di primo livello, non rilevano le eventuali imposte dovute nello Stato di residenza di quest’ultima sui redditi della controllata estera di secondo livello imputati per trasparenza in applicazione della propria disciplina Cfc, in quanto dette imposte vanno computate ai fini del test effettuato sulla controllata estera di secondo livello.

Secondo le Entrate, tuttavia, laddove la controllata estera di secondo livello dovesse risultare assoggettata anche alla disciplina Cfc in Italia, le imposte dovute nello Stato della controllata estera di primo livello sui redditi della controllata estera di secondo livello imputati per trasparenza secondo la propria disciplina Cfc non sono accreditabili in Italia. L’Agenzia giunge a tale conclusione sulla base di un’interpretazione letterale dell’articolo 167, comma 9, del Tuir che riconosce il credito d’imposta di cui all’articolo 165 in relazione alle sole «imposte sui redditi pagate all’estero a titolo definitivo dal soggetto non residente» (paragrafo 7.4).

L’Agenzia giunge a conclusioni opposte in caso di stabili organizzazioni all’estero in regime di esenzione di soggetti controllati non residenti, non trovando ostacoli nel tenore letterale dell’articolo 167, comma 9. Anche in questo caso, vengono ritenuti necessari due distinti test per determinare il livello effettivo di imposizione, uno per la controllata non residente e uno per la sua branch.

Le Entrate confermano inoltre che non rilevano, ai fini del test effettuato sulla controllata non residente, le eventuali imposte da questa dovute sui redditi della stabile organizzazione “esente” imputati per trasparenza secondo la propria disciplina Cfc, le quali vanno infatti computate ai fini del test effettuato sulla stabile organizzazione.

Contrariamente a quanto indicato con riferimento alla controllata di secondo livello considerata Cfc sia in Italia che nello Stato di residenza della controllata di primo livello, nel caso della stabile organizzazione in regime di esenzione - considerata anch’essa Cfc sia in capo alla casa madre estera che alla sua controllante residente - l’Agenzia riconosce la possibilità di recuperare in Italia le imposte assolte dalla casa madre estera sui redditi della propria stabile organizzazione, imputati per trasparenza secondo la disciplina Cfc estera, ex articolo 167, comma 9, del Tuir.

Poiché le due fattispecie sono di fatto equivalenti, ci si chiede se non sia possibile superare il tenore letterale dell’articolo 167, comma 9, in modo da evitare, nel primo caso, un trattamento discriminatorio e una doppia imposizione. Non sembra infatti logico che l’esistenza di un soggetto intermedio rispetto alla Cfc estera possa precludere il credito di imposta spettante alla controllante residente. Andrebbe inoltre meglio chiarito il contesto.

Se infatti i redditi della controllata non residente di secondo livello (considerazioni analoghe riguardano il caso della stabile organizzazione in regime di esenzione della controllata non residente) fossero tassati per trasparenza in capo alla controllata estera di primo livello, secondo la propria legislazione Cfc, i casi n cui la controllata di secondo livello sia considerata Cfc anche in Italia dovrebbero essere rari in quanto l’applicazione della Cfc estera dovrebbe portare la tassazione della controllata di secondo livello ad una misura adeguata (si veda paragrafo 4.1.1 della circolare). Laddove invece anche la controllante di primo livello non residente fosse una Cfc in Italia, non vi dovrebbero essere dubbi sul riconoscimento del credito d’imposta in Italia in quanto sarebbero tutte Cfc italiane.

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