Controlli e liti

Il leverage cash out legittimo anche senza cambio di controllo

La Ctr Lombardia, nell’affermare che non c’è elusività anche senza modifica totale della compagine, si discosta dalla posizione dell’agenzia delle Entrate

di Enrico Holzmiller

Il leverage cash out (Lco) è un’operazione che, nella sua accezione classica, può essere rappresentata come segue. Soci persone fisiche di una società (target) rivalutano fiscalmente le loro partecipazioni, per poi cederle a una nuova società (newco) la cui compagine sociale è costituita, in tutto o in parte, dai medesimi soci.

La newco, ai fini dell’acquisizione, si fa finanziare dai soci. Una volta perfezionata l’operazione di compravendita, la target distribuisce dividendi alla newco la quale utilizza la provvista finanziaria per estinguere il debito che i soci, persone fisiche, avevano inizialmente acceso.

A questa configurazione classica possono essere applicate molteplici varianti (società intermedie, restituzione del finanziamento in via indiretta, fusione tra newco e target eccetera).

L’operazione di Lco può essere considerata abusiva laddove, in assenza di valide ragioni economiche non marginali, possa riconfigurarsi come recesso tipico. Difatti, in tal caso, si sfrutterebbe la rivalutazione fiscale il cui costo fiscalmente riconosciuto, mentre è valido ai fini dei redditi diversi ex articolo 67, comma 1, lettere c e c-bis del Tuir, non lo è per operazioni rientranti nella categoria dei redditi di capitale, ex articolo 47, comma 7 del Tuir (tra i quali si annovera, per l’appunto, il recesso tipico).

La ratio sottostante è la seguente: la rivalutazione fiscale vuole premiare l’effettiva circolazione delle partecipazioni, e non il passaggio fittizio mirato a “svuotare” finanziariamente il patrimonio della società.

Da questo punto di vista, quindi, operazioni che utilizzino l’effetto rivalutativo per organizzazioni societarie senza leva finanziaria (ad esempio, conferimenti incrociati ex articolo 175 del Tuir) dovrebbero essere escluse ab origine dalla fattispecie.

Al riguardo, l’agenzia delle Entrate si è pronunciata, da ultimo, con la risposta all’interpello 4/2021. L’agenzia delle Entrate , dopo aver confermato la non elusività dell’operazione in caso di modifica “totale” della compagine sociale, ha lasciato intendere sussistano profili di elusività laddove i soci esistenti ante-operazione detengano, ex post, una partecipazione minoritaria.

La posizione pare eccessivamente rigida, in quanto l’operazione dovrebbe considerarsi senz’altro priva di abuso ogni qualvolta vi sia un cambio di controllo effettivo della target, indipendentemente dalla continuità di presenza di soci di minoranza.

In questo contesto, la commissione tributaria regionale della Lombardia, con la sentenza 2599/21 (presidente Labruna, relatore Porreca) fa un passo ulteriore, considerando priva di abusività un’operazione di questo tipo senza che vi sia necessariamente il change of control.

I giudici hanno osservato come, nel caso di specie, l’operazione di Lco, oltre a tradursi in un recesso atipico, sia stata funzionale a un complessivo riassetto societario.

La compagine societaria ha visto infatti il rafforzamento della posizione del socio di maggioranza (con un incremento della propria partecipazione), l’uscita di un vecchio socio e l’ingresso di un nuovo socio di minoranza. Oltre a ciò, l’operazione mirava a conseguire economie di scala, attraverso la successiva fusione tra newco e target.

Interessante l’ultimo passaggio della sentenza: se pur l’effetto finale poteva essere raggiunto anche con diverse operazioni negoziali fiscalmente più onerose, è anche vero che il percorso prescelto, in sé non artificioso né finalizzato a meri vantaggi fiscali, costituisce frutto di una libera scelta riconosciuta dall’articolo 10 bis, comma 4 della legge 212/2000.

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