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Detrazione forfettizzata Iva per il soccidante che svolge realmente una parte dell’attività agricola

Le pronunce della Cassazione consentono di applicare il regime speciale a condizione che il soccidante non si limiti alla mera commercializzazione di capi completamente gestiti dal soccidario

Il soccidante senza allevamenti in proprio può applicare il regime speciale Iva. Le sentenze 987 e 1146 della Cassazione ribaltano la storica posizione delle Entrate che escludeva l’applicabilità del regime speciale di detrazione forfettizzata dell’Iva per i soccidanti che non svolgono anche attività di allevamento in proprio (si veda il precedente articolo «Nella soccida regime speciale Iva per entrambi i contraenti»).

Il contratto di soccida, disciplinato dagli articoli 2170 e seguenti del Codice civile, è un contratto associativo agrario per mezzo del quale due soggetti si associano per lo svolgimento in comune dell’attività agricola di allevamento. In particolare, il soccidante è responsabile della direzione dell’allevamento e del conferimento del bestiame, mentre il soccidario «deve prestare, secondo le direttive del soccidante, il lavoro occorrente per la custodia e l’allevamento del bestiame affidatogli, per la lavorazione dei prodotti e per il trasporto sino ai luoghi di ordinario deposito».

Il contratto di soccida è ricompreso tra i contratti associativi agrari e, insieme alla compartecipazione stagionale, è l’unico a non essere stato abrogato dalla legge 203/1982. Tali contratti sono caratterizzati dalla ripartizione tra le parti (soccidante e soccidario o compartecipante e compartecipato) dei rischi di impresa e dei frutti dell’attività svolta in modo condiviso. Tali contratti differiscono, infatti, da una mera prestazione d’opera perché entrambe le parti sono partecipano allo svolgimento dell’attività agricola e si ripartiscono frutti e i rischi di tale attività. La circolare 32/1973 e la risoluzione 381861 del 28 maggio 1980 del ministero delle Finanze avevano ritenuto che il soccidante che non svolge anche attività agricola in proprio senza ricorrere a soccide non potesse applicare il regime speciale di detrazione Iva previsto dall’articolo 34 comma 1 del Dpr 633/1972 poiché tale regime era ad uso esclusivo dei «produttori agricoli», escludendo che lo svolgimento dell’attività agricola in soccida potesse essere qualificata come l’attività di un produttore agricolo.
Le due sentenze della Suprema corte stravolgono completamente l’assunto dell’amministrazione finanziaria attraverso una organica ricostruzione della normativa Iva e della portata del contratto di soccida.

L’articolo 34 del Dpr 633/1972, chiariscono i giudici, trova applicazione nel caso di cessioni di prodotti agricoli contenuti nella parte I della tabella A allegata al decreto (requisito oggettivo) effettuate da parte di produttori agricoli (requisito soggettivo).

Nessun dubbio sul fatto che il bestiame sia ricompreso nell’elenco dei prodotti agricoli. Infatti, i punti 1), 2), 3) e 4) della tabella sono relativi ad animali della specie equina, bovina, suina, ovina, caprina, ai volatili, ai conigli, piccioni, lepri, pernici fagiani e addirittura rane. Pertanto, nel caso di allevamento di animali il requisito oggettivo risulta rispettato.

Per quanto riguarda il requisito soggettivo, la Cassazione esamina il dettato dell’articolo 34 anche alla luce della direttiva unionale che consente ai paesi membri di prevedere dei regimi speciali di detrazione dell’imposta sul valore aggiunto per i produttori agricoli. In particolare, la qualifica di produttore agricolo secondo la direttiva non va ricercata nelle modalità di svolgimento dell’attività, quanto nella finalità della propria attività e cioè la produzione di prodotti agricoli da destinare alla vendita sul mercato. Alla luce di tale finalità, la Cassazione analizza il contratto di soccida e giunge alla conclusione che entrambi i soggetti interessati dal contratto siano per loro natura produttori agricoli poiché entrambi partecipano allo svolgimento dell’attività agricola: il soccidante conferendo gli animali e impartendo la direzione all’impresa agricola, il soccidario eseguendo la cura del bestiame secondo le direttive impartite dal soccidante. Questo anche alla luce della legge di orientamento e modernizzazione in materia agricola (Dlgs 288/2001), che ha di fatto superato il rapporto tra terreno e produzione per poter qualificare un soggetto quale imprenditore agricolo.

Conclude la Cassazione chiarendo che la norma comunitaria non preclude la qualifica di imprenditore agricolo ai casi di svolgimento associato dell’attività agricola e pertanto sia il requisito oggettivo che il requisito soggettivo disposti dall’articolo 34 risultano rispettati sia per il soccidante che per il soccidario. A condizione, dunque, che il soccidante svolga realmente una parte dell’attività agricola, consistente nella direzione dell’allevamento e nel conferimento degli animali e non si limiti alla mera commercializzazione di capi completamente gestiti dal soccidario, a questo spetta il regime di detrazione forfettizzata dell’imposta in qualità di produttore agricolo.