Controlli e liti

L’avvio dell’attività di riscossione discrimina l’adesione alla sanatoria

di Gian Marco Committeri


Con le nuove misure in tema di pacificazione fiscale, i contribuenti avranno un ampio ventaglio di possibilità per definire i rapporti controversi con il Fisco. Sono interessate dal provvedimento, infatti, sia le cartelle affidate all’agente della riscossione, sia le liti fiscali «pendenti» nonché gli atti di accertamento ed i processi verbali di constatazione. In questo così ampio contesto, tuttavia, possono restare in fuori gioco quei contribuenti che, pur avendo un debito certo verso l’Erario, si trovano a non avere né una controversia «pendente» né un carico tributario affidato all’agente della riscossione. È il caso di coloro che si trovano:

■con un accertamento definitivo perché non opposto nei termini;

■con una pronuncia giudiziale avente validità di «cosa giudicata» nell’ambito di un contenzioso, nei confronti dei quali l’agenzia delle Entrate non abbia “avviato” l’attività di riscossione (rectius, affidato il carico impositivo all’ente deputato alla riscossione), entro il termine previsto dalla normativa (31 dicembre 2017).

Nella sostanza, quindi, due contribuenti che si trovano nella medesima situazione, ad esempio avendo un giudicato sfavorevole a seguito di un giudizio divenuto definitivo nel giugno del 2017, potrebbero avere, o meno, accesso alle misure di pacificazione fiscale a seconda che il rispettivo ufficio locale dell’agenzia delle Entrate abbia affidato, oppure no, i relativi ruoli all’agente della riscossione entro il 31 dicembre dello stesso anno. Un adempimento per il quale l’amministrazione finanziaria non risulta neanche soggetta a termini perentori (a parte il termine ordinario di prescrizione).

Inevitabilmente, quindi, potranno verificarsi effetti discriminatori per i contribuenti. Se questa situazione può risultare in qualche modo comprensibile nell’ambito di provvedimenti specifici sulla rottamazione delle cartelle - nei quali lo spartiacque dell’avvio della riscossione appare difficilmente eludibile - l’effetto non lo è più in un contesto in cui l’accesso alle misure agevolative è così ampio e generalizzato.

La soluzione più semplice passa per una previsione normativa che possa equiparare il debito divenuto definitivo (per qualsiasi ragione) a quello per il quale il ruolo risulta affidato all’agente per la riscossione. Basterebbe inserire nel decreto una previsione secondo cui i ruoli relativi a debiti divenuti definitivi alla data di riferimento (31 dicembre 2017) si presumono, in ogni caso, consegnati entro tale data all’agente della riscossione. La gestione di una tale assimilazione da parte degli uffici interessati non dovrebbe risultare complicata ben potendosi prevedere che l’onere di “attivare” il procedimento ricada sul contribuente interessato. In assenza di una previsione normativa in tal senso, ai medesimi effetti sostanziali si potrebbe giungere in via interpretativa, valorizzando la ratio delle disposizioni in materia di pacificazione fiscale e gli “interessi” che tali disposizioni intendono, effettivamente, tutelare.

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