Adempimenti

La Camera vota la fiducia sulla conversione della manovrina

di Marco Mobili e Marco Rogari

La Camera conferma la fiducia al Governo sulla manovra correttiva. I sì sono stati 315 (uno in meno rispetto ai 316 della cosiddetta “maggioranza politica” sui 630 deputati), i no 142, compresi quelli dell’Udc, e gli astenuti 5. Come annunciato i “bersaniani” sono usciti dall’Aula. Oggi dopo le pronunce degli ordini del giorno arriverà il via libera di Montecitorio al testo del maxi-decreto che passerà poi al Senato per l’approvazione definitiva. Che arriverà con una nuova blindatura e, quasi sicuramente, senza ulteriori correzioni al testo visto che la prossima settimana il parlamento non lavorerà per la tornata delle elezioni amministrative e anche a causa dei tempi ristretti (il dl scade il 24 giugno).

Le tensioni sul dopo voucher sono state dunque confermate dal voto dell’aula. «Non saremo dentro questo passaggio» perché «non vogliamo essere corresponsabili». Così il capogruppo di Articolo 1-Mdp, Francesco Laforgia, ha motivato il mancato voto alla manovra da parte dei “bersaniani” (preannunciato su Facebook dal coordinatore, Roberto Speranza), riferendosi proprio all’inserimento in manovra dei nuovi voucher. I “bersaniani” hanno abbandonato l’aula al momento del voto. «In questa manovra ci sono norme che prendono a schiaffi gli italiani», ha sottolineato Barbara Saltamartini nel dichiarare in Aula il no della Lega alla fiducia. Stessa posizione dell’Udc che con Paola Binetti ha negato per la prima volta il sostegno al Governo abbandonando l’Aula. Se “bersaniani” e Udc confermeranno lo stesso atteggiamento al Senato, per ottenere una nuova fiducia, il Governo avrà bisogno del soccorso di Forza Italia.

Nel passaggio a Montecitorio il testo ha subito un significativo restyling. Tra le novità di rilievo introdotte c’è l’addio agli studi di settore e l’arrivo dei nuovi Indici sintetici di affidabilità fiscale (Isa): «Inizia una nuova era nel rapporto tra fisco e contribuenti nel segno della compliance, hanno sottolineato Maurizio Bernardo (Ap) e Michele Pelillo (Pd) autori dell’emendamento. Per il presidente della Commissione Finanze e per il capogruppo del Pd «la strada tracciata va nella direzione di semplificare i rapporti tra amministrazione finanziaria e cittadini, correggendo eventuali errori senza aggravare la posizione di cittadini e imprese». Sul nuovo stop a Flixbus, la piattaforma che gestisce i trasporti locali in pullman, la partita si potrebbe ripartire, ma in un successivo provvedimento. «Come ha anche confermato questa mattina Matteo Renzi, al Partito Democratico interessano concorrenza e tutela dei consumatori, e per questo si rimedierà presto a questa nefasta norma», ha confermato Sergio Boccadutri (Pd).

Nella revisione del testo della manovra correttiva da 3,4 miliardi, varata dal Governo per mantenere fede agli impegni presi con Bruxelles, sono stati introdotte le misure alternative ai voucher (contratto di prestazione occasionale e il Libretto famiglia), la Web tax transitoria e i rimborsi Iva più rapidi nel quadro dello split payment, per altro esteso ai professionisti. Sul versante fiscale vanno registrati anche l’allargamento ai tributi della definizione agevolata delle liti, la possibilità di accedere alla rottamazione dei contenziosi anche per atti notificati entro il 24 aprile (si veda pagina 33) e l’estensione al 2017 della compensazione dei debiti tributari con i crediti Pa.

Nel maxi decreto sono stati assorbiti il dl sul primo salvataggio di Alitalia con il prestito-ponte da 600 milioni e quello sulle risorse per la sicurezza del G7 ormai concluso.

Alla Camera è stato deciso l’addio alle monetine da 1 e 2 centesimi ed è stato l’ok a un mini-pacchetto di correttivi sul settore bancario. Con l’esclusione dei fondi pensione dal bail in (ma non delle casse di previdenza) e l’apertura al mercato dei crediti deteriorati, compreso lo stock, attraverso la cartolarizzazione.

Voucher a parte, ad accendere il confronto a Montecitorio sono state altre due misure: il raddoppio del finanziamento per l’Eliseo di Roma, contestato dalle opposizioni e fuori dal Palazzo da tutti o quasi gli altri teatri, e la norma sui direttori stranieri dei musei messa a punto dal Governo dopo lo stop del Tar. Nessuna novità sulle clausole di salvaguardia fiscali che restano confermate nella versione originaria del maxi decreto con l’avvio della sterilizzazione ma fissando al 1° gennaio 2018 un aumento di aliquote Iva e accise per 15,2 miliardi.

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