Adempimenti

Iri, bonus e Ace complicano l’acconto

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di Gian Paolo Ranocchi e Lorenzo Pegorin

Secondo acconto su storico o previsionale? Quali variabili da considerare nel calcolo previsionale? Tutte domande alle quali da qui a breve consulenti e contribuenti dovranno trovare la giusta risposta al fine di massimizzare lo sfruttamento delle proprie risorse finanziarie, da un lato, e di non rischiare eventuali sanzioni fiscali, dall’altro. Vediamo come potrebbe essere opportuno procedere.

L’acconto «previsionale»

È sempre possibile, nel pagare gli acconti, sganciarsi dal tradizionale metodo storico e versare stimando le imposte sul reddito fiscale di periodo.

A prescindere dal metodo di calcolo adottato per il 2017, la misura degli acconti dovuta risulta pari al 100% di Irpef, Ires e Irap di periodo. Peraltro, vista l’entità, appare una forzatura parlare di acconti; più propriamente si tratta di un “saldo anticipato”.

Adottando il metodo previsionale al posto di quello storico occorre procedere con una simulazione del risultato fiscale di periodo e sulle imposte stimate su tale reddito per determinare l’acconto. In caso di errore si può comunque procedere con la regolarizzazione spontanea dell’omesso o insufficiente versamento ricorrendo al ravvedimento operoso (si veda l’articolo in basso).

L’aspetto cruciale è che, se si opta per il metodo previsionale, oltre all’analisi dell’andamento economico dell’attività di periodo, nella determinazione degli acconti è possibile tenere conto delle regole fiscali, entrate in vigore nel 2017, che influenzano la determinazione del reddito tassabile.

Ciò soprattutto in relazione alla tassazione diretta visto che in ambito Irap opera il meccanismo della “derivazione rafforzata”. In particolare, quest’anno alcuni interventi di incentivazione fiscale potrebbero impattare significativamente sul reddito d’impresa.

Dal 2017, infatti, si è affiancata all’incentivo fiscale agli investimenti denominato superammortamento, l’agevolazione per coloro che investono in tecnologia “4.0” (iperammortamento), che consente una deduzione del 250% del costo dell’investimento in quote di ammortamento o canoni di locazione finanziaria maggiorati (si veda l’esempio in pagina).

In relazione a questo bonus non si riscontrano clausole che impongano un qualche obbligo di ricalcolo degli acconti dovuti per il 2017 con il fine di sterilizzare il risparmio fiscale derivante dalla variazione diminuitiva per le imprese che adottano il metodo previsionale, contrariamente a quanto invece sarà previsto per l’acconto 2018 (base di calcolo imposta dovuta per il 2017) nell’ambito del metodo storico.

Altre situazioni che potrebbero impattare sul versamento del secondo acconto 2017 riguardano la riduzione dell’aliquota Ires dal 27,5% al 24% e l’effetto della trasformazione in costo al 1° gennaio 2017 di tutto il carico delle rimanenze finali al 31 dicembre 2016 per le piccole imprese che da quest’anno hanno adottato il nuovo regime “improntato alla cassa” (si veda Il Sole 24 Ore del 2 novembre).

Va altresì tenuto presente che con decorrenza dal 2017 l’Ace subisce un drastico ridimensionamento dato che il coefficiente nozionale applicabile all’incremento patrimoniale scende dal 4,75 all’1,6% obbligando al ricalcolo anche con il metodo storico.

Il rinvio dell’Iri

Un’ultima annotazione la merita l’ormai quasi certo rinvio dell’entrata in vigore dell’Iri al 2018, contenuto nel Ddl di Bilancio all’esame del Senato. Sono stati molti i casi, infatti, in cui nel versamento del primo acconto Irpef si è tenuto conto degli effetti dell’impatto dell’Iri, con conseguente riduzione o addirittura azzeramento delle somme versate. Il tema ora si riproporrà a breve in occasione del versamento della seconda rata di acconto 2017. Occorre quindi che i contribuenti dispongano di un quadro stabile per orientarsi; ed è necessario anche prevedere per questi soggetti, se il regime slitterà effettivamente, la possibilità di rimettersi in regola con gli acconti 2017 senza sanzioni.

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