I temi di NT+Modulo 24

Regime di realizzo controllato anche per i conferimenti minusvalenti

L’agenzia delle Entrate ha adottato un’interpretazione fortemente restrittiva in tema di conferimenti in regime di realizzo controllato

di Leo De Rosa e Alberto Russo

In tema di conferimenti in regime di realizzo controllato (articolo 177 comma 2 e 2-bis Tuir), l’agenzia delle Entrate è intervenuta a più riprese a chiarire, con un’impostazione piuttosto rigida, il trattamento dell’operazione qualora dal confronto tra il costo fiscale assunto come valore di realizzo da parte del conferente e il valore di iscrizione della partecipazione ricevuta dalla conferitaria, emerga una minusvalenza.

Attraverso l’applicazione del regime ex articolo 177 comma 2, è possibile “controllare” il valore di realizzo delle partecipazioni conferite, ancorandolo all’incremento del patrimonio netto contabile della conferitaria ed al corrispondente valore di iscrizione contabile delle suddette partecipazioni rendendo l’operazione sostanzialmente neutra ai fini fiscali.
Tuttavia l’operazione di conferimento non perde la sua natura di operazione realizzativa e dunque nel caso in cui dal confronto emergesse una plusvalenza, questa sarebbe tassabile in base alle ordinarie regole che disciplinano la circolazione delle partecipazioni societarie.

Invece, con riferimento al caso del conferimento “minusvalente” ossia effettuato con un aumento di patrimonio netto di valore inferiore rispetto al costo fiscale della partecipazione, l’Agenzia è da prima intervenuta con la risoluzione n. 38 del 20 aprile 2012.
La posizione dell’Agenzia è fondata sulla lettura testuale della relazione all’articolo 5 del Dlgs 358/97 (che si ricorda è stato trasfuso nell’attuale 177, comma 2 del Tuir con una formulazione sostanzialmente identica, salvo per l’estensione del regime ai soggetti non imprenditori). La relazione precisa che «con il comma 2 (...) si è esteso agli scambi di azioni o quote il meccanismo di determinazione della plusvalenza basato sul valore iscritto dalla conferitaria. La plusvalenza per il soggetto conferente sarà conseguentemente determinata in base alla differenza tra tale valore e l’ultimo valore fiscalmente riconosciuto delle azioni o quote».
L’Agenzia collega i richiami alla “plusvalenza” (della relazione) e al «reddito del conferente» (dell’articolo 177, comma 2) per sostenere che il valore di realizzo determinato sulla base dell’incremento di patrimonio netto della conferitaria rileva unicamente in caso di plusvalenze, ma non può generare minusvalenze deducibili. Secondo tale interpretazione, la minusvalenza può considerarsi realizzata e fiscalmente rilevante solo se determinata secondo le regole ordinarie ossia in base al valore normale ex articolo 9 del Tuir.

Anche con il successivo principio di diritto n. 10 del 28 luglio 2020, l’agenzia delle Entrate sembra manifestare un atteggiamento estremamente restrittivo. In quest’intervento non si limita soltanto a considerare indeducibili le minusvalenze, ma le stesse farebbero venir meno il regime di realizzo controllato con la conseguente applicazione del criterio del valore normale. In base alle indicazioni del principio 10/2020, qualora l’incremento di patrimonio netto della conferitaria risultasse inferiore al costo fiscale delle partecipazioni conferite, l’operazione potrebbe addirittura generare plusvalenze tassabili, come dimostrato nel seguente esempio:

costo fiscale della partecipazione conferita: 250;

valore normale: 1000;

incremento di patrimonio netto della conferitaria: 200;

minusvalenza ex articolo 177, comma 2: 50 (=200-250), (indeducibile secondo la Risoluzione 38/2012);

plusvalenza tassabile in base al valore normale: 750.

In particolare, l’Agenzia ha precisato che «il criterio di valutazione previsto dall’articolo 177, comma 2, connesso esclusivamente alla contabilizzazione dell’operazione effettuata dalla società conferitaria, trova applicazione solo se dal confronto tra il costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione conferita e la frazione di incremento di patrimonio netto della società conferitaria emerge una plusvalenza in capo al soggetto conferente. In caso di minusvalenze, invece, trova applicazione il principio generale del “valore normale” ed è lecito ritenere realizzate e fiscalmente riconosciute solo le minusvalenze determinate ai sensi dell’articolo 9 del Tuir».

In senso conforme, anche la risposta ad interpello n. 568 del 9 dicembre 2020, nella quale l’Agenzia ha affermato che il regime opera solo per le «operazioni produttive di plusvalenze, restando esclusi dall’ambito di applicazione della norma i conferimenti c.d. “minsuvalenti”, cui in assenza di un riferimento normativo esplicito, torna applicabile il criterio generale del valore normale».

Si tratta di un orientamento penalizzante, non del tutto coerente con il dettato normativo dell’articolo 177, comma 2. Al riguardo si consideri che l’articolo 177, comma 2:

non disciplina la determinazione della plusvalenza, ma fissa un valore di realizzo ovvero un criterio di determinazione del corrispettivo delle partecipazioni conferite alternativo al valore normale;

detta le condizioni e i requisiti necessari per l’applicazione di tale criterio alternativo, ai fini della determinazione del reddito del soggetto conferente;

la nozione di reddito è sia positiva che negativa e dove il legislatore ha voluto definire o limitare l’ambito applicativo di un regime ha introdotto uno specifico riferimento nella norma, come nell’articolo 175 dove è richiamato l’articolo 86 del Tuir.

L’interpretazione del Principio 10/2020, darebbe luogo ad effetti distorsivi: conferimenti “minusvalenti”, potrebbero dar luogo ad ingenti plusvalenze tassabili.
Inoltre, deve considerarsi che l’operazione di conferimento:

non consente di monetizzare le partecipazioni conferite, come invece avviene nella compravendita, operazione realizzativa per eccellenza;

non determina alcun salto d’imposta in capo d’imposta, posto che il costo fiscale delle partecipazioni conferite si “trasla” sul costo fiscale delle partecipazioni al capitale della conferitaria ricevute dal conferente.

In un tessuto imprenditoriale, come quello italiano, costituito per la maggior parte da imprese familiari con compagini societarie frammentate e “stratificate”, la ricostruzione del costo fiscale non sempre è agevole, dunque l’incremento di patrimonio netto ben potrebbe risultare inferiore in virtù di un approccio prudenziale o per una non esatta ricostruzione del costo fiscale. In questi casi sarebbe fuorviante disconoscere in toto il regime del realizzo controllato.

Di fronte al rischio di far emergere una plusvalenza, l’utilizzo dei conferimenti di partecipazioni in regime di realizzo controllato sarebbe dunque fortemente limitato, vanificando l’obiettivo di fondo della norma che è quello di agevolare le riorganizzazioni societarie e la creazione di holding.


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