Controlli e liti

È profit l’ente gestito senza democraticità

La Ctr Lombardia disconosce i benefici all’associazione: non basta lo statuto associativo

di Marco Ligrani

Ai fini del beneficio della non commercialità, non basta che lo statuto associativo rispetti i requisiti formali previsti per gli enti no profit, ma è necessario che sia dimostrata l’assenza dello scopo di lucro. È questa la motivazione con la quale la terza sezione della commissione tributaria regionale della Lombardia (presidente Rollero, relatore Chiametti), con sentenza n. 3908/2021 del 29 ottobre, ha rigettato l’appello di un’associazione, confermando il verdetto favorevole al fisco.

In esito a una verifica condotta dalla guardia di Finanza nei confronti di un’associazione culturale, l’ufficio delle Entrate notificava al legale rappresentante - nel frattempo cambiato - un avviso di accertamento, con cui veniva disconosciuta la natura non commerciale dell’ente per assenza del requisito della democraticità. La tesi delle Entrate si fondava, tra l’altro, sul contenuto di alcune mail e di verbali assembleari, dal cui tenore sarebbe emerso che il legale rappresentante avrebbe assunto ogni decisione in autonomia. Di qui, pertanto, l’assoggettamento a Ires, Irap e Iva dei proventi non commerciali e – al contempo - il disconoscimento di costi ritenuti non deducibili, oltre all’irrogazione delle relative sanzioni.

L’avviso di accertamento veniva impugnato dall’associazione, la quale, dopo alcuni rilievi di natura formale, aveva rivendicato la propria natura di ente no profit, trovando, tuttavia, il rigetto da parte della Ctp.

Proposto appello, l’associazione ribadiva l’assenza di scopo di lucro, evidenziando, in particolare, che quelle mail si riferivano ad altro soggetto giuridico.

Costituitosi in giudizio, l’ufficio ribadiva la tesi già espressa in primo grado, rappresentando come, nelle more, fosse stato rigettato anche il ricorso relativo all’annualità successiva.

I giudici lombardi, respinti i rilievi di natura formale (riguardanti la notifica dell’accertamento esecutivo e la consegna del Pvc), hanno confermato l’esito del primo grado, favorevole al fisco.

In particolare, la commissione regionale ha sottolineato come la regolarità formale dello statuto non equivalga a regolarità sostanziale circa il rispetto dei requisiti per la non commercialità, unica circostanza in grado di garantire la non imponibilità prevista dall’articolo 111 del Tuir. Significativo, al riguardo, il richiamo alla sentenza n. 11456/2010 della Cassazione, con la quale i giudici di legittimità hanno escluso che possa ipotizzarsi una sorta di status di extrafiscalità per le associazioni, che invece, se richiesto, hanno l'onere di provare la sussistenza dei presupposti di esenzione.

È stata confermata, inoltre, la responsabilità del legale rappresentante pro-tempore, non soltanto per avere sottoscritto le relative dichiarazioni fiscali, ma anche perché riconosciuto il vero dominus dell’associazione, gestita, a detta della commissione di secondo grado, in violazione del principio di democraticità.

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