Imposte

L’aliquota sui token valuta anche i diritti d’autore

Per l’Iva si considera il trasferimento non solo dei certificati digitali ma anche dei diritti sugli asset sottostanti

di Dario Deotto e Massimo Sirri

In base all’impostazione secondo cui la circolazione/cessione dell’Nft rappresenta un atto distinto o meno rispetto al relativo “sottostante”, è possibile provare a delineare l’inquadramento Iva delle operazioni che coinvolgono le opere d’arte digitali e le connesse problematiche di aliquota.

Diritti d’autore inclusi

Può allora verificarsi che, con la cessione del token infungibile, si realizzi anche il contestuale passaggio dei diritti d’autore sull’opera (assumendo ovviamente che l’opera digitale sia tutelabile a tali fini). In questo caso, pur restando concettualmente distinte, la transazione che comporta il trasferimento dell’Nft verrebbe a confondersi con quella che coinvolge l’opera “sottostante”, finendo per esserne assorbita (come nel caso in cui il sottostante è costituito da un bene materiale; si veda l’articolo di Nt+ Fisco). Volendo rifarsi a concetti più frequentati, si tratterebbe di adottare le medesime soluzioni interpretative utilizzate per altri fenomeni di “trans-oggettività”, come nelle operazioni complesse caratterizzate dalla compresenza di più elementi (cessioni congiunte di beni e servizi o plurime prestazioni di servizi).

Chi cede l’Nft, pertanto, sarebbe anche colui che cede i diritti sull’opera d’arte. E se si tratta dell’autore stesso dell’opera può invocarsi l’esclusione dal campo applicativo Iva ex articolo 3, comma 4, lettera a), del Dpr 633/72. Se invece chi vende non è l’autore, la cessione congiunta (Nft e diritti sull’opera digitale), ove territorialmente rilevante, sconterebbe l’Iva ad aliquota ordinaria come prestazione di servizi ex articolo 3, comma 2, n. 2, del decreto Iva.

Diritti d’autore esclusi

La cessione (per quanto rara) del solo Nft, senza che siano contestualmente venduti i diritti dell’opera, dovrebbe comunque configurare una prestazione di servizi, alla luce dell’ampia nozione degli articoli 24 e 25, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2006/112. Tale prestazione dovrebbe tuttavia seguire la disciplina dei servizi elettronici (nozione “aperta”, come dimostra l’articolo 7 del regolamento Ue 282/2011), consentendo così di risolvere buona parte delle difficoltà di tassazione, in particolare con riguardo alle questioni di territorialità (amplificate dal fatto che le transazioni avvengono spesso tramite piattaforme e con clienti privati, talora anonimi). Quanto all’aliquota, se la prestazione rileva in Italia, si applicherebbe quella ordinaria.

Per quel che concerne l’aliquota ridotta (10%) per la cessione di opere d’arte, questa risulta rigidamente ancorata alla loro materialità (così il n. 127-septiesdecies, tabella A, parte III allegata al decreto Iva e i richiami normativi in esso contenuti, peraltro riguardanti il caso della cessione di oggetti d’arte da parte dell’autore). Nello stesso senso è l’orientamento dell’agenzia delle Entrate (risposta a interpello 303/2020) che evidenzia la rilevanza dell’integrale esecuzione dell’opera da parte dell’artista. Pertanto, la cessione a sé stante dell’opera d’arte digitale sconterebbe l’aliquota Iva ordinaria.

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