Imposte

Iva sul kit per consiglio nutrizionale in farmacia anche se firmato dal medico

La risposta a interpello 466/2022 ha preso in esame il servizio erogato da una farmacia in convenzione con un laboratorio medico

Non è un servizio esente Iva la fornitura in farmacia di un kit per la raccolta di campioni biologici, poi spediti in laboratorio per l’analisi a cui fa seguito un report con consigli nutrizionali, ancorché firmato dal responsabile di laboratorio e da un medico. Lo afferma la risposta a interpello 466/2022, che ha preso in esame il servizio erogato da una farmacia in convenzione con un laboratorio medico.

Il servizio di raccolta campioni e consegna di un report nutrizionale

La farmacia fornisce al proprio cliente un kit per la raccolta del campione biologico (ematico e/o tampone) e fa da tramite tra il cliente e un laboratorio, il quale elabora i dati ricevuti utilizzando una tecnologia Api (Application programming interface). Sulla base dei risultati ottenuti viene elaborato, attraverso una piattaforma informatica messa a disposizione da chi organizza il servizio, un report con consigli nutrizionali. La farmacia, ricevuto il referto nell’area riservata della piattaforma, lo stampa e lo consegna al paziente.

La soluzione proposta dall’istante

L’istante riteneva che la prestazione della farmacia fosse esente Iva, e dovesse quindi essere emesso un documento commerciale al cliente finale, in esenzione Iva ex articolo 10 n. 18 del Decreto Iva. Il laboratorio poi avrebbe emesso fattura alla farmacia per la prestazione di laboratorio, pure in esenzione Iva.

La farmacia avrebbe la propria remunerazione nel margine differenziale tra quanto riscosso dal paziente e quanto pagato al laboratorio.

Le conclusioni dell’Agenzia

L’Agenzia ricorda anzitutto che l’esenzione Iva si fonda su due presupposti: quello oggettivo (natura medico-sanitaria della prestazione di diagnosi, cura o riabilitazione resa alla persona) e quello soggettivo (prestazione eseguita nell’esercizio di una professione sanitaria riconosciuta).

Sotto il profilo oggettivo, l’agenzia conclude che non sussista il presupposto di esenzione Iva delle prestazioni sanitarie: secondo la Corte di giustizia Ue (sentenza 4 marzo 2021, n. C-581/19) il monitoraggio nutrizionale, pur avendo una finalità genericamente sanitaria, non necessariamente ha una finalità terapeutica. Pertanto, in mancanza di qualsiasi prova che esso è fornito a fini di prevenzione, diagnosi, trattamento di una malattia e ripristino della salute, e quindi con uno scopo terapeutico, l’Agenzia esclude l’esenzione Iva prevista per le prestazioni sanitarie (art. 10 n. 18 del decreto Iva).

La risposta non dice a quali condizioni si sarebbe ritenuta dimostrata la natura «medica» della prestazione. Forse se il servizio fosse incluso in programmi di screening e prevenzione del Ssn, che attestino la finalità di profilassi, la conclusione avrebbe potuto essere diversa.

Sotto il profilo soggettivo, l’agenzia richiama la propria risoluzione n. 60/E del 2017, che aveva chiarito che sono imponibili Iva per le prestazioni eseguite nell’ambito dell’autocontrollo eseguite direttamente dal paziente, senza l’ausilio di un professionista sanitario.

Un aspetto non esaminato: la vendita del kit è un servizio o una cessione di dispositivo?

L’esclusione della valenza sanitaria esclude anche la detraibilità a fini Irpef. Resta da esaminare un profilo che non è chiarito dalla risposta: non sappiamo la natura del kit venduto in farmacia, e se il prezzo applicato al cliente fosse unico (kit+diagnosi) o se il kit fosse venduto separatamente. Si tratterà certamente di un dispositivo medico (Ivd o dispositivo medico-diagnostico in vitro), commercializzato come tale con marcatura Ce, altrimenti non potrebbe essere utilizzato. Quindi la prestazione comprende anche una cessione di beni (il dispositivo medico).

Si tratta di una prestazione complessa (bene+servizio), per qual quale si pone il problema se si debba applicare un trattamento distinto per la vendita rispetto a quella del servizio, o se si debba considerare una prestazione unitaria, applicando il trattamento Iva della prestazione prevalente.

In analogia con quanto indicato dall’Agenzia per i tamponi (circolare 24/2022), si può ritenere che la prestazione, se addebitata con corrispettivo unico, debba essere considerata una prestazione di servizi. Se, tuttavia, nello scontrino fiscale fosse scorporata la vendita del dispositivo rispetto al corrispettivo dell’analisi, il costo del dispositivo (da inviare al sistema Ts con codice Ad) risulterebbe detraibile a fini Irpef, a patto che il documento commerciale indichi tutte le relative informazioni su natura e qualità dell’acquisto.

L’agenzia delle Entrate esclude l’esenzione Iva prevista per le prestazioni sanitarie (articolo 10 n. 18 del decreto Iva).

La risposta non dice a quali condizioni si ritenga dimostrata la natura «medica» della prestazione. Forse se il servizio fosse incluso in programmi di screening e prevenzione del Ssn, che attestino la finalità di profilassi, la conclusione potrebbe essere diversa.

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